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EGIZI



 
BELLEZZA
Gli egizi erano amanti della pulizia e curavano molto il proprio aspetto.
L'’igiene personale era una esigenza che tra i nobili si traduceva in quattro bagni di pulizia quotidiana.
Lo stesso Erodoto scrive su questa abitudine degli alti ranghi, le cui case erano dotate di apposito bagno.
A corte esisteva la carica di capo della camera da bagno,
conferita ad un funzionario fidato, con lo scopo di controllare che il servizio igienico
destinato al Faraone fosse organizzato in modo scrupoloso.
Gli Egizi avevano anche la buona abitudine di lavarsi le mani prima e dopo i pasti.
Prima ancora del sapone usavano come detergente terre o sali con funzione abrasiva.
Le loro conoscenze delle sostanze naturali erano precise e dettagliate.
La cura e l'abbellimento del proprio corpo intesa come esaltazione della bellezza
era una delle maggiori preoccupazioni degli Egizi, soprattutto per gli individui di classe più elevata.
La cosmesi egizia, così come ci è pervenuta, risulta una pratica da esperti conoscitori
delle materie prime, che venivano scelte in modo appropriato alla funzione.



L’argilla era già riconosciuta come un elemento prezioso
e veniva usata come maschera per purificare viso, corpo e i capelli,
per il suo effetto chelante, favorendo l’eliminazione delle impurità.
Nello stesso tempo le sue capacità di scambio ionico, permettevano la rimineralizzazione
delle parti trattate e il drenaggio dei liquidi in eccesso.
L’utilizzo di acqua di palude (acqua argillosa) per impastare i vari ingredienti
ribadisce il fatto dell'importanza che gli Egizi attribuivano alle proprietà purificanti dell’argilla.
Inoltre, lo strofinamento della pelle con unguento garantiva un leggero effetto abrasivo
contro le macchie, le imperfezioni e irritazioni di ogni tipo.
Per gli Egizi il corpo era considerato un luogo sacro, la ‘casa dell’anima immortale’;
essi credevano che la vita e la bellezza potessero continuare nell’aldilà.
Tutto ciò che concorreva a rendere più bello e forte il corpo
non era mai fine a se stesso ma aveva anche un significato spirituale:
“…Rendi il tuo corpo forte e felice e cura te stesso per rispetto al Signore dell’Universo”.
Gli Egizi credevano che in punto di morte il Dio Osiris avrebbe posto loro due domande
e la qualità delle risposte poteva influenzare il loro viaggio nell’aldilà.
La prima era “Hai dato felicità?”, la seconda “Hai trovato la felicità?”.
Le due azioni erano considerate doveri sacri ed equivalevano
al ‘celebrare la vita nel diffondere la gioia’.
La seduzione era importante e doveva essere correlata dalla cura del corpo;
un corpo ben curato doveva essere depilato (sia per uomini che donne).
La depilazione era fondamentale per la preparazione all’atto sessuale.



Generalmente l'uomo comune non si lasciava crescere la barba, se non in segno di lutto,
ma i sovrani portavano una finta barba cerimoniale allacciata dietro le orecchie.
La barba non rasata era segno di basso rango o di disagio emotivo, incuria.
I baffi erano rari. Durante l'Antico Regno, gli aristocratici cominciarono a radersi completamente il volto,
usanza che si estese ben presto anche alle classi più umili.
Molto popolare era la figura del barbiere, che esercitava il suo mestiere
all'aria aperta per la gente del popolo
e, nelle case e nei palazzi quando radeva nobili e alti dignitari.
La pelle liscia era elemento di seduzione molto importante, per le donne,
che si depilavano con impasti di ossicini di uccelli bolliti e tritati,
misti a sterco di mosca, succo di sicomoro e cetriolo.
La pelle liscia era mantenuta tale con l’uso di impasti di miele, sale, polvere di carbonato di soda.
Nell’antico Egitto gli unguenti erano considerati così importanti
che esisteva una figura professionale molto particolare: il guardiano di unguenti.
Erano molto usati i grassi di animale (toro, oca, coccodrillo, leone, ippopotamo, serpente).
Sinonimo di salute, forza ed energia vitale, i grassi venivano usati sia per tonificare la pelle
che per renderla più elastica (visto il clima caldo della regione).
Impregnati di essenze fungevano da barriera antisettica e repellente contro i microrganismi e gli insetti.
La cura del corpo era un processo culturale comune non solo ai faraoni sacerdoti ma anche ai popolani.
La lubrificazione della pelle avveniva con sostanze emollienti e aromatiche
(olio di balano, dattero, mandorle, sesamo, ricino, e, dopo la metà del II millennio a.C anche l’olio di oliva).
All’olio aggiungevano essenze per prevenire le rughe, oppure resine balsamiche
come quelle di cipresso, mirra, galbano.
La tonificazione avveniva con l’uso di acque aromatiche ottenute per macerazione
di fiori di rosa, giglio,loto, ninfee, gelsomino.
In alternativa si cospargevano di latte o di miele per mantenere la pelle morbida e fresca.
Le donne di rango superiore si facevano massaggiare dalle schiave
con unguento di rosa o a base di olio di mandorle, miele, vino aromatico, resine e cannella.
Anche le ancelle non rinunciavano alla cura del corpo seppur usando
olii meno pregiati come quelli di ricino, arricchito con profumi più volgari come la menta, timo, origano.



Gli specchi erano essenzialmente oggetti per ricchi.
Tuttavia, essi avevano anche una funzione religiosa e funeraria.
La qualità dei materiali impiegati e l'eleganza della loro fattura li rendevano vere e proprie opere d'arte.
Gli antichi specchi egizi giunti fino ai nostri giorni consistono in dischi metallici, generalmente in bronzo.
Ce n'erano anche in rame, in argento e persino in lega metallica.
Di forma piatta, venivano lucidati e puliti con cura.
Ad essi era unito un manico che poteva avere forma di colonnina, di pianta di papiro, di figura femminile o di una divinità.
Gli specchi metallici erano molto costosi ed è probabile che fossero esclusivamente destinati alle classi sociali alte.
Le persone meno abbienti dovevano accontentarsi di vedere il proprio volto riflesso nell'acqua.
È noto che gli egizi non conobbero lo specchio di stagno almeno fino all'epoca cristiana.
Gli specchi avevano anche una funzione religiosa e funeraria: erano elementi di culto, usati come offerte alle dee Mut e Hathor.
Grazie alla loro forma e lucentezza, erano in rapporto con il dio solare, tanto da essere considerati simboli della rigenerazione e della vita.
Alla loro realizzazione gli artisti dedicavano cure particolari già durante il Nuovo Regno,
tanto che i manici di questo periodo mostrano grande raffinatezza.
Un testo risalente alla fine dell'Antico Regno, che descrive
la presa di potere da parte della nobiltà, parla così del lusso dei nuovi ricchi:
"La donna che guardava il suo volto nell'acqua ora ha uno specchio di bronzo".



I PROFUMI

“Il profumo, bruciando, sale in alto verso il sole”.
Le resine profumate, bruciate durante una cerimonia funebre, simboleggiavano il soffio della vita immortale;
essi infatti, avevano una grande importanza nella vita quotidiana, ma ancora di più nel mondo dell'Aldilà,
dove il defunto doveva conservarsi, per il maggior tempo possibile, con la fragranza degli aromi.
Il corpo veniva quindi svuotato dalle viscere e, al loro posto, si introduceva resina profumata.
Facendo riferimento all'imbalsamazione, Erodoto dice: «Riempiono il ventre con mirra pura triturata, cannella e altri aromi».
Un'altra delle spezie aromatiche largamente utilizzata nei riti religiosi era l'incenso;
particolarmente apprezzato era l'incenso rosso, o mirra.
Tra l'altro, anche la statua del faraone defunto riceveva questo genere di cure:
oltre alla purificazione, gli venivano applicati oli e unguenti profumati e, in più, fumigazioni di incenso.
Il profumo, per gli egizi era impalpabile come lo spirito,
era anche simbolo di gioia e di soddisfazione erotica.
Venivano estratti da fiori fatti macerare e pigiati, prodotti in laboratori
associati ai templi e conservati in vasetti di pasta vetrosa.



L'uso dei profumi non è adeguatamente trattato nei libri miniati nei sacri laboratori dei templi.
I testi degli autori classici, quali Teofrasto o Plinio, parlano di oli e di grassi impiegati dagli antichi profumieri egizi.
L'olio dei semi della Balanites aegyptiaca era molto diffuso, anche se il più usato tra il popolo era l'olio di ricino.
Per la fabbricazione dei profumi gli antichi egizi, che conoscevano diversi metodi,
usavano mescolare questi oli con grassi animali.
Una delle tecniche più usate in profumeria era la macerazione, che appare rappresentata frequentemente nelle scene funebri.
Questa tecnica prevedeva l'immersione di fiori, erbe, e persino frutti, in grassi o oli, ad una temperatura di circa 65 °C.
Fiori e frutti erano poi pestati in un mortaio, nel quale si aggiungeva dell'olio,
quindi il tutto era mescolato e mantenuto al caldo sul fuoco.
Dopo, la miscela veniva colata e la si lasciava raffreddare.
Se, una volta raffreddata, appariva solida, le veniva data una forma sferica o conica;
se, invece, si manteneva liquida, era conservata in vasetti.
Un altro sistema consisteva nel macerare i fiori in acqua, coprendo il recipiente con una tela impregnata di grasso.
Il tutto si faceva bollire, così che l'essenza evaporasse,
mentre il composto rimaneva incorporato al grasso, che poi era recuperato con la tela.
Qualche tecnica era molto simile a quella utilizzata per ottenere l'olio e il vino.
Per pigiare i fiori o i semi, venivano utilizzati sacchi alle cui estremità erano posti dei bastoni di legno,
che venivano fatti girare in direzione opposta al fine di esercitare una pressione
che permetteva di spremere il contenuto dei sacchi,
poi, si procedeva a far trasudare in un gran recipiente, situato proprio sotto di esso, il contenuto del sacco.
Un'altra tecnica prevedeva la sospensione di un'estremità del sacco ad un telaio,
mentre il bastone, posto all'estremità opposta, era fatto girare dagli operai.
Prodotti cosmetici erano realizzati attrqaverso la macerazione di essenze profomate
e alcuni frutti, come i datteri,
Dai semi della Balanites aegyptiaca gli Egizi estraevano un pregiato olio aromatico,
utilizzato in profumeria, insieme ad una polvere marrone, per tingere i capelli.
Un frammento di rilievo, trovato in una tomba della XXX dinastia, mostra
una fase del processo di preparazione di un'essenza profumata, in questo caso utilizzando dei gigli.
Una delle essenze aromatiche più preziose e ricercate dell’Antico Egitto,
utilizzato anche come induttore del sonno, era il Kuphy.
Veniva bruciato affinché il suo profumo arrivasse in cielo come offerta sacra agli dei.
Si diceva che il suo aroma “soave e salubre purificasse l’aria, il corpo
e sciogliesse le tristezze e la tensione delle preoccupazioni quotidiane”.
Il kuphy si otteneva macerando erbe, fiori e bacche nell’olio
finché queste non avevano ceduto il loro profumo.
Uno dei primi a svelare e tramandare i segreti del Kuphy
fu il filosofo greco Plutarco (I sec. D.C.) durante uno dei suoi soggiorni di studio in Egitto.
I profumi, usati inizialmente solo in occasioni di tipo religioso,
si diffusero poi sia alle classi sociali elevate che a tutto il resto della popolazione.
A testimoniare la passione degli Egizi per i profumi, oltre ai geroglifici
sono rimaste tracce di fragranze in alcune tombe illustri come quella del celebre faraone Tutankhamon.



La cura del corpo era espressa anche attraverso il massaggio, fatto con unguenti e olii profumati,
ottenuti con grasso di coccodrillo, ippopotamo, gatto, o da oli vegetali.
che erano impiegate anche per proteggere la pelle dai raggi del sole,
È possibile che si ricorresse a determinati oli o unguenti per la rasatura.
Non a caso, nei rilievi della XVIII dinastia si possono vedere barbieri
con accanto oggetti che, presumibilmente, contengono oli.
Per produrre creme e pomate, gli egizi impregnavano i grassi con profumi ottenuti dalla macerazione dei fiori.
Durante i banchetti, i nobili si ponevano sulle acconciature dei coni
contenenti una sostanza grassa e aromatica, che si scioglieva con il calore,
sprigionando, in tal modo, un gradevole aroma.
Generalmente, tali coni erano di colore bianco con striature color marrone e sfumature in arancione.
Utilizzavano specchi, pinzette per la depilazione e attrezzi per la manicure.
I metodi di depilazione includevano preparati come una pasta a base di calce, amido e arsenico.
Hanno anche utilizzato un mix di zucchero e cera d'api per eliminare i capelli superflui.
Avevano rasoi di rame o bronzo con spigoli vivi, e pinzette depilatorie.





All'inizio, la lametta per la barba era di selce con manico in legno,
nel Medio Regno divenne di bronzo e a forma di trapezio



Per eliminare i peli superflui utilizzavano una ricetta ancora oggi adoperata in tutto l'Oriente:
una cera a base di zucchero dalle proprietà emollienti ed addolcenti con un profumo paradisiaco.
La preparazione è quasi un rituale di bellezza, che riempie la casa di una fragranza melliflua che ben predispone ad esaltare la propria femminilità; inoltre, sembrerebbe che la cera di zucchero, sia molto meno dolorosa di quella tradizionale.
La ricetta?
6 bicchieri di zucchero 2 bicchieri di acqua 1 bicchiere di succo di limone (circa 3 limoni medi)
Preparazione
In una padella antiaderente mettere lo zucchero, l'acqua e il limone a fuoco basso
e girare con cucchiaio d'acciaio finché il tutto non diventa color del miele..
dovrebbe bastare mezzoretta di cottura. Appena pronto, versare in un contenitore e lasciate raffreddare.
Prelevare CON MANI INUMIDITE una pallina, stendere sulla parte
e tirate con gesto rapido e deciso nel verso opposto.
A fine depilazione idratate le gambe con gel di aloe.
Per un risultato ottimale è meglio se la usare la cera direttamente il giorno dopo averla preparata

IL TRUCCO

Il trucco del volto era molto diffuso tra le donne egizie.
I cosmetici erano a base di ocra rossa, olii e resine gommose per facilitarne l’applicazione.
Lo specchio, mimando il sole, era per gli egizi il simbolo della vita stessa.
Nelle cerimonie la danza degli specchi assumeva una funzione religiosa.



Le sacerdotesse nelle processioni funerarie portavano specchi dietro la schiena
per diffondere la luce materna e protettrice della Dea (Luna).<
Non solo le donne, ma anche gli uomini, facevano largo impiego di cosmetici per truccare il viso
Il loro make-up prevedeva l'uso di colori accesi, il contorno definito degli occhi, la pelle perfetta.



Nella storia più remota, per il trucco si usava soprattutto la malachite,
ovvero un carbonato di rame dal colore verde intenso, e la galena, cioè un solfuro di piombo
che produceva un colore scuro e intenso; questi elementi di base venivano
mescolati ad acqua, resine e grassi e poi applicati sugli occhi con l’aiuto di bastoncini di legno
se ne possono vedere di bellissimi nel Museo Egizio di Torino oltre che, è ovvio, in quello de Il Cairo)
Il trucco consisteva nel tratteggiare in modo piuttosto marcato il contorno della palpebra, prolungandola agli angoli esterni.
In epoca più recente, intorno all’inizio del Medio Regno, diventò di moda il trucco con bistro nero,
eseguito anch’esso con l’uso di galena (tossica, esattamente come la malachite).
L’ocra rossa completava il raffinato make-up: spalmata in polvere sulle guance
conferiva loro una bella e salutare coloritura rossastra,
mescolata a oli, grassi e resine, diveniva un rossetto per le labbra.
Ma era soprattutto il trucco del viso e le acconciature a rendere le donne egiziane così affascinanti.
Ecco come procedevano: si schiarivano la pelle con un composto cremoso
ricavato dalla biacca, disponibile in colori diversi, dalla più pallida alla più ambrata, generalmente destinata alle labbra.
Evidenziavano il contorno degli occhi con il kohl nero o verde, rispettivamente estratti dalla galena e dalla malachite
e trattavano i capelli con una pasta a base di henné, per un colore sempre uniforme.
Le unghie, così come le palme delle mani e dei piedi, venivano tinte con una pasta a base di hennè
e la stessa era utilizzata per la tintura dei capelli.
Creme, unguenti e profumi venivano utilizzati per ammorbidire e profumare la pelle.



I CAPELLI

I capelli, come la pelle, erano oggetto di cura per entrambi, donne e uomini.
Gli uomini portavano capelli corti e le donne lunghi.
I sacerdoti si radevano in segno di purezza.
Indipendentemente dalla bellezza dei capelli e dalla età, sia uomini che donne usavano la parrucca, capelli posticci e trecce.
Gli uomini posavano la parrucca sul cranio completamente rasato.
Le classi superiori possedevano parrucche fatte di capelli veri
piene di resine e cera d'api applicati su una calotta vegetale.
che avevano funzione sia estetica che igienica in quanto costituivano un efficace protezione contro i pidocchi.
Principalmente si usavano due tipi di parrucca: a mantella (sulla schiena) e tripartita (due sul petto ed una sulla schiena).
Di solito erano composte di sottili treccine di capelli veri, ma eccezionalmente
potevano essere usate fibre vegetalie aggiunti anche degli ornamenti.
Venivano fabbricate da artigiani specializzati o da barbieri che lavoravano in botteghe destinate a questo scopo specifico.
Col passar del tempo le parrucche divennero più voluminose e nella loro preparazione fu utilizzata una maggiore quantità di capelli,
che dava loro un aspetto più pesante e compatto, come mostrano alcune sculture del periodo amarniano.
Per raccogliere le treccine venivano utilizzati spilloni di legno, osso o avorio.
A volte si usavano anche parrucche fatte di capelli biondi (tinti?).
Un esempio è quello di Hetepheres II sposa del faraone Dedefra che viene raffigurata in un dipinto con una parrucca bionda.
Sono stati rinvenuti disegni in cui gli uomini vicini all'acqua vengono rappresentati con il cranio rasata sul davanti.
Questa caratteristica comune a tutti i lavoratori è da attribuirsi ad una comodità o ad una maggiore igiene per questo tipo di attività.
I poveri portavano parrucche di lana colorata.
I capelli corti degli uomini appaiono acconciati in varie fogge; quelli lunghi discendono sulle spalle o sul petto, con o senza riccioli, in diverse varianti.



I capelli venivano colorati con l’henné (foglie e radici di Lawsonia Inermis) che cresceva sul delta del Nilo.
L’henné, conferendo ai capelli e alla pelle un colore rosso,
simbolicamente possedeva un richiamo al fuoco, all’energia, al calore, quindi, seduttivo.
La mescolavano con sangue di bue e girini schiacciati, per ottenere diverse tonalità.
Per le tinture nere, usavano l'indaco, estratto dalla pianta Indigofera tinctoria.
I colori sgargianti erano preferiti dagli egizi quale segno di personalità anelante alla voglia di vivere e alla immortalità.
Avevano sviluppato una vera e propria arte dell'acconciatura, sia per gli uomini che per le donne.
I capelli ricevevano molte cure: esistevano unguenti e cure contro la calvizie,
rimedi per i capelli grigi, fissativi e lozioni profumate.
Lavavono i capelli e le loro parrucche regolarmente.
Usavano un mix di acqua e succhi di acido citrico che scioglieva gli olii grassi dai capelli
I risultati erano capelli lisci e brillanti.
Usavano l'olio di mandorle come un condizionatore dopo il lavaggio della testa.
In tutti i secoli, i loro colori preferiti furono nero o arancio-rossi.
Per nascondere i capelli grigi, coloravano i capelli con una ricetta di sangue di bue bollito in olio:
si trattava di una soluzione magica, perché si credeva che la nerezza dell'animale era trasferita ai capelli.
Dopo il 1500 aC, cominciarono ad utilizzare parrucche di colori vivaci, come il blu, rosso o verde.
C'erano anche ricette per favorire la ricrescita dei capelli.
Il papiro medico o Papiro Ebers indica varie prescrizioni per favorire la ricrescita.


Quando cominciavano a cadere i capelli, si poteva rimediare ungendo la zona colpita con una pomata
a base di grasso di leone, ippopotamo, coccodrillo, gatto, serpente e stambecco.
Veniva considerato un fortificante anche la mistura a base di miele e dente d'asino.
Un altro rimedio era una bendatura fatta con le foglie di lattuga, o l'applicazione di semi di fieno greco.
e per rinforzare i capelli: olio di mandorle, olio di rosmarino, e olio di ricino.
Per fissare le loro acconciature, applicavano un unguento di cera d'api, e lasciavano asciugare la testa al sole.
Per ringiovanire la pelle si usava stendere sul corpo una miscela di creme a base di natron, miele e sale marino;
mentre chi aveva la pelle troppo scura utilizzava polvere di alabastro e carbonato di soda impastati con miele.
Le rughe venivano combattute con una crema a base di cera d'api, incenso e olio d'oliva miscelati con latte fresco.
In un paese così caldo erano incredibilmente importanti anche i deodoranti, ottenuti con scorza di carrube macinata
o in forma di palline di farina d'avena profumata d'incenso, da mettere nel cavo del braccio.

CURIOSITA'

Cleopatra si sottoponeva quotidianamente a tutta una serie di rituali di bellezza.
Fra essi, per esempio, anche il famosissimo bagno nel latte d’asina.
Oggi sappiamo che nel latte d’asina sono contenuti importanti antiossidanti
e che il bagno nel latte d’asina assorbe il grasso della pelle.
Inoltre, il latte favorisce il rinnovamento cellulare.
Rimane il dubbio se anche Cleopatra fosse a conoscenza di tutto ciò.
In ogni caso, è riuscita a scrivere accuratamente le sue ricette e i suoi consigli.
La pelle del viso, ma anche quella delle braccia e del decollete, dovevano essere entrambe morbide e setose.
Gli ingredienti che Cleopatra utilizzava erano rigorosamente naturali,
si trattava del timo, del rosmarino, della lavanda, dell’origano,
dei chiodi di garofano e della noce moscata.
Tutte queste piante venivano miscelate secondo dosaggi ben precisi
che variavano tra i 200 e i 250 gr per rosmarino, lavanda, origano e timo,
mentre per i chiodi di garofano si ragionava in pezzi, senza superare gli 8-10 e le noci moscate non erano più di 5.
Prima di miscelare, tanto i chiodi di garofano quanto, soprattutto, le noci moscate,
dovevano essere sminuzzati, ridotti in pezzetti sottilissimi.
Poi si preparava in un contenitore un bel po' di acqua, circa due litri,
in cui mettere a bollire tutte le erbe per almeno 30 minuti.
Dopo averle filtrate accuratamente, si procedeva a preparare l’acqua per il bagno,
rigorosamente calda, e appena prima dell’immersione della regina si versava l’infuso.
Tra i segreti di bellezza di Cleopatra, c’era un trattamento a base di olio di Cipero,
che lasciava i suoi capelli morbidi, lucenti e vellutati al tatto.
L’olio di semi di lino era usato da Egiziani, Ebrei e Fenici come fonte di incredibile lucentezza per i capelli.

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