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EGIZI



LA SOCIETA'

La società egizia era divisa in classi sociali chiuse,
infatti non era possibile migliorare la propria condizione
e passare da una classe all'altra.;
aveva una struttura gerarchica. a forma piramidale
che per semplificare divideremo in gradoni



Al gradone più basso c'erano gli schiavi .
Al secondo gradone c'erano gli operai e i contadini, che lavoravano per i privati,
o per i domini regi o i templi, con un contratto di lavoro,
registrato in un ufficio statale,che definiva esattamente
le prestazioni cui i lavoratori si impegnavano
e alle quali i datori di lavoro dovevano attenersi.
Al terzo gradone c'erano gli artigiani che erano liberi:
falegnami, lavandai, fornai, vasai, muratori, commercianti
e, soprattutto nelle città del Delta,  marinai,
che esercitavano il commercio marittimo
verso Creta, Cipro, il Libano esportando e importando.
Al quarto gradone stavano i guerrieri che solo in caso di guerra
erano aiutati dai contadini.
Al quinto stavano gli scribi e coloro che sapevano leggere e scrivere.
Dopo c'erano i nobili e i funzionari a cui il faraone
dava da custodire le sue terre, raccomandando loro
di farle lavorare duramente dai contadini.
Poi i sacerdoti e a capo di tutti c’era il Faraone.

Gli schiavi



Dapprincipio erano prigionieri di guerra, poi,
egiziani che non potevano pagare i tributi al faraone,
e che per questo erano impiegati nelle grandi opere.
Il faraone era proprietario dello schiavo
e poteva donarlo ai semplici cittadini.
Gli schiavi vivevano miseramente e potevano
essere trattati con estrema durezza
A volte venivano privati della lingua perché non si lamentassero
o accecati per obbedire senza poter reagire agli ordini.
Erano sottoposti a lavori massacranti
come il trasporto di grossi blocchi di granito
per la costruzione dei templi e delle piramidi
Comunque tutto dipendeva dal lavoro che dovevano svolgere e dal padrone
e, in linea di massima quelli che vivevano in famiglia venivano trattati bene,
anche perché i padroni potevano essere denunciati
se li maltrattavano o se abusavano di loro.
Il termine "schiavo" si può adoperare
a partire dalla fine del Medio Regno (2040-1786 a.C.)
e per tutto il Nuovo Regno (1552-1069 a.C.).
Per lo più si trattava di stranieri che potevano
ottenere la libertà se entravano a far parte dell'esercito.
Ci furono anche casi in cui furono gli Egizi stessi,
a causa della estrema povertà, a vendersi,
e casi in cui la schiavitù era la condanna comminata per un crimine.
Gli schiavi potevano essere venduti o dati in prestito.
Se il loro padrone era buono venivano trattati bene e addirittura
potevano sposarsi con un membro della famiglia nella quale avevano prestato servizio.
Un esempio è contenuto nel Papiro dell'Adozione:
"Comprammo la schiava Dienihatiri che mise al mondo tre figli,
un maschio e due femmine. E io li ho adottati,
nutriti ed educati, e fino al giorno di oggi
essi non mi hanno mai arrecato danno; al contrario,
mi hanno trattato bene, e io non ho altri figli né figlie che loro.(...)
Ecco, io li ho liberati, e se ella mette al mondo un figlio
o una figlia, essi saranno liberi".
Le persone impegnate in lavori domestici venivano chiamati
nell'Antico Regno merkhet, ossia, "dipendenti".
Essi non erano schiavi dal momento che, finito il tempo della corvée,
tornavano alle loro abituali occupazioni.
Ma, con la fine dell'Antico Regno, fece la sua comparsa
una forma di lavoro che può essere considerata come una forma di schiavitù.
Lo sfaldamento dell'unità dello Stato faraonico
e l'incontrollato potere raggiunto da alcuni alti funzionari,
come i nomarchi, fece sì che alcuni di essi travalicassero
i limiti delle loro funzioni e commettessero abusi.
Uno dei soprusi più tipici consisteva nel prendere
giovani fanciulle del popolo e nel farle lavorare,
in alcuni casi, in condizione di schiavitù forzata.
Queste ragazze venivano chiamate khem o khemet,
termine impiegato normalmente, a partire dal Nuovo Regno,
per designare appunto gli schiavi.
Esse venivano destinate alle faccende domestiche
e alla cura delle mogli degli alti dignitari.

Gli operai e contadini



La maggior parte della popolazione egizia viveva in campagna,
poiché l'agricoltura el'allevamento del bestiame
costituivano la base dell'economia.
Erano la vera forza motrice dell’impero.
I contadini potevano essere lavoratori autonomi
oppure soggetti a un proprietario;
in questo caso venivano anche ceduti o affittati,
ma non perdevano i loro diritti di uomini liberi.
Chi era padrone del proprio campicello,
sul quale sorgeva anche una modesta dimora,
pagava un tributo in natura, debitamente calcolato
dagli scribi in base all’estensione, alla produttività,
alla presenza di animali da cortile o da lavoro,
di piante da frutto e di canneti.
Chi lavorava la proprietà altrui (degli alti funzionari,
del faraone e dei templi, che erano
i maggiori detentori di proprietà fondiarie),
aveva assicurati i bisogni essenziali e l’assistenza quotidiana.
I contadini dovevano procurare al paese il frumento
per il pane e l’orzo per la birra, le carni per la mensa,
il lino per i tessuti, il papiro per le barche o come materiale scrittorio.



Avevano a loro disposizione utensili semplici ma efficaci,
come la marra, una sorta di zappa corta di legno
per rimuovere il terreno, e l’aratro leggero.
La fatica del loro lavoro era notevolmente alleviata
dalle benefiche inondazioni del Nilo,che lasciava sui campi
il limo fertilizzante che non occorreva incidere in profondità.
Ma nei mesi in cui il lavoro agricolo poteva essere interrotto
i contadini erano obbligati a prestazioni personali
nei cantieri delle grandi opere volute dal faraone
(canalizzazione, costruzione di templi e piramidi),
dove lavoravano come impastatori di mattoni,
trasportatori, scavatori, tagliatori di blocchi di pietra.
Autonomi o sottoposti che fossero, i contadini avevano al loro attivo
la sicurezza dai pericoli esterni e un’alimentazione
un po’ al di sopra dei livelli di sussistenza,
la partecipazione ai riti sacri e la speranza
di poter migliorare la condizione sociale dei propri figli.



Il lavoro degli operai era regolamentato
da un vero e proprio contratto garantito dal faraone.
I lavoratori erano organizzati in gruppi diretti ciascuno
da un capomastro che teneva un minuzioso rendiconto
dell' andamento dei lavori e della gestione del personale.
Orario, quantità di lavoro e compensi erano stabiliti con precisione.
Il salario veniva versato giornalmente sotto forma di viveri
e, ogni dieci giorni, con razioni di unguenti
(indispensabili per chi doveva lavorare sotto il sole).
Vesti e sandali erano invece forniti periodicamente, secondo le esigenze.
La retribuzione totale prevedeva comunque un saldo periodico
sotto forma di lingotti di rame, equivalente della moneta.
Una squadra di venti operai era affiancata
da un guardiano, due manovali, due serve e un pompiere;
inoltre, come ha scritto lo storico Jaques Pirenne,
« un medico era addetto alla squadra a cui andava
regolarmente a fare visita, in virtù di leggi sull'igiene del lavoro
il cui testo non ci è giunto ma di cui sappiamo che riguardavano
permessi di lavoro, precauzioni contro il caldo,
mantenimento degli opifici, igiene del vestiario,
alloggi, rifornimenti, ripartizione equa del lavoro ».
Era formalmente vietato il prolungamento dell' orario di lavoro.
La proprietà dell' abitazione da parte degli operai
era favorita da specifiche leggi e, da una certa epoca in poi,
gli operai vennero esentati dal pagamento delle tasse sulla casa.
Motivi di assenza dal lavoro (che non pare prevedessero detrazioni sul salario)
potevano essere la malattia, il compleanno della madre,
la lite con la moglie e persino la malattia dell'asino
con il quale l' operaio raggiungeva il luogo di lavoro.
Il capomastro registrava tutto, ma spettava poi alla commissione
composta dai rappresentanti dei lavoratori esaminare
i diversi casi e prendere eventuali provvedimenti.
L'attività di questi tribunali operai era comunque controllata
dagli scribi statali che potevano denunciare
al capo della polizia di zona eventuali irregolarità riscontrate.
L'operaio che riteneva di aver subito una condanna ingiusta
da parte dei suoi stessi colleghi giudici poteva appellarsi
agli scribi, al capo della polizia o direttamente al faraone.
È noto il caso di un' operaia tessile, licenziata
per aver sbagliato un lavoro, che si appellò al capo della polizia
e venne reintegrata nel posto di lavoro.
Nonostante un' organizzazione così articolata e capillare,
nel villaggio di Deir el Medineh si verificarono a più riprese
proteste e scioperi causati soprattutto dall' inadeguatezza degli alloggi
e dai ritardi nel versamento degli alimenti stabiliti.
In occasione di uno di questi scioperi fu lo stesso faraone
Ramses II (XIII secolo a. C.) a doversi rivolgere agli operai
e per convincerli a sospendere l'agitazione
dovette accettare tutte le loro richieste:
« Riempio per voi i magazzini di ogni cosa, di pani, di carni,
di dolciumi, per il vostro sostentamento; di sandali,
di vesti e unguenti abbondanti, in modo che vi ungiate
il capo ogni dieci giorni, che ogni anno possiate rivestirvi [...].
Non vi sarà nessuno tra voi che si coricherà afflitto dal bisogno » .
Davvero una civiltà superiore,
Bisogna quindi cancellare lo stereotipo di alcuni libri, film ed altro
che ci hanno fatto credere che l' antico Egitto fosse popolato
da turbe di schiavi costretti a costruire piramidi a suon di frustate.
Uno stereotipo che difficilmente potrà essere cancellato,
anche se gli egittologi lo hanno ampiamente messo in discussione.
Diversi testi raccontano la vita del contadino nei campi
allestiti ai piedi dei grandi monumenti:
era tutto meticolosamente organizzato, con periodi di pausa
predeterminati e la fornitura da parte dello stato del vitto,
ma a parte questo era un lavoro durissimo e sfibrante.

I mercanti e gli artigiani



I mercanti avevano la possibilità di viaggiare
lungo tutto il paese navigando sul Nilo e, in questo modo,
diffondevano le mode e le tendenze della capitale,
contribuendo a creare la civiltà egizia.
Gli artigiani non erano ricchi, ma godevano di un certo benessere.
La loro ricchezza consisteva nell'abilità
con cui eseguivano il loro lavoro,
quindi più erano capaci e meglio venivano pagati.
Costruivano oggetti preziosi, lavoravano l’argilla,
oggetti per coltivare, per misurare, ma anche per l'uso quotidiano delle famiglie.
Nel generico gruppo degli artigiani rientravano
pittori scultori, lapidari e carpentieri, ebanisti e orefici,
gioiellieri e tessitori, metallurgici, conciatori, muratori, vetrai



Gli artigiani avevano un tenore di vita superiore
a quello degli operai comuni e godevano
di una certa considerazione da parte dei nobili.
Lavoravano soprattutto nei palazzi reali e nei templi
che erano sontuosi e adorni di statue ed affreschi.
La scultura fu per eccellenza l'arte degli Egizi
che curarono, soprattutto i volti perché pensavano
che la perfezione del volto, nella statua,
garantisse l'immortalità all'anima della persona ritratta.
Gli scultori usavano seghe per tagliare i blocchi di pietra
che riducevano poi nella forma e dimensione desiderata con lo scalpello.
La tessitura era un lavoro già noto prima dei faraoni e
l'Egitto era famoso per i suoi tessuti di lino.
Con piante e fili d'erba intrecciati si preparavano stuoie e cestini
mentre con le canne si costruivano i mobili per la casa.



Nelle botteghe degli artigiani si producevano
anche articoli di lusso come collane,bracciali, anelli con sigillo
e i larghi collari in oro e perle usati sia dagli uomini che dalle donne.
Per fare le collane si usavano pietre semipreziose
come turchese, ametista e i lapislazzuli.
Siccome non tutti potevano permettersi preziosi gioielli
si sviluppò la doratura e la fabbricazione di perle
di ceramica e vetro molto meno costose e quindi adatte anche al basso ceto

I guerrieri



In tempo di pace i soldati sorvegliavano il paese
e venivano impiegati nei grandi lavori idraulici
(bonifiche, costruzione di dighe) ed edili (costruzione di templi e piramidi).
Per la loro importanza all'interno dello stato
potevano godere di molti privilegi,
riuscendo così a possedere molte terre e ad arricchirsi.
Il faraone infatti li ricompensava per i loro servizi
con la donazione di terre
Disponevano anche di schiavi.
Durante il Nuovo Regno i padri trasmettevano la propria carica ai figli
e, con essa, le terre in loro possesso.
Perciò si può dire che nell'antico Egitto la "casta" militare
arrivò a costituire una vera e propria classe media durante il Nuovo Regno.

Gli scribi



Il grosso dell’amministrazione dello stato era svolto dagli scribi:
cioè uomini capaci di leggere e di scrivere.
Tra di loro i meno fortunati trascorrevano la vita
come scrivani o segretari di un funzionario di grado elevato.
I più capaci invece, controllavano le persone e le merci alle frontiere.
Altri erano agrimensori, cioè misuravano i campi
dopo la piena del Nilo, che cancellava i confini tra i poderi.
Altri avevano il compito di censire (cioè contare) il bestiame
e misurare la quantità dei raccolti.
Quasi tutti gli scribi, infine, avevano l'incarico di riscuotere le tasse
La professione di scriba era molto considerata ed è proprio
grazie a loro se abbiamo potuto leggere quei testi
che per generazioni gli allievi hanno ricopiato.

I nobili



Vivevano a corte accanto al Faraone e godevano
delle cariche e dei titoli più importanti nel campo amministrativo.
Quanti più titoli appaiono sulle stele funerarie e sulle tombe,
tanto maggiore era la loro importanza nella società.
Anche le mogli degli alti funzionari egizi avevano numerosi titoli,
soprattutto di carattere religioso,
poiché il loro rango dipendeva di solito da quello dei mariti.
Quella di visir era la più alta carica amministrativa.
Il visir rispondeva soltanto al faraone e nell'Antico Regno
era di solito uno dei suoi figli.



I sacerdoti



Si occupavano dei templi ma erano anche funzionari
e svolgevano ruoli di responsabilità in favore del Faraone:
si occupavano di riscuotere le tasse e lavoravano a corte.
Avevano compiti differenziati a seconda della loro anzianità di servizio.
Durante la storia egiziana ebbero anche un’importanza politica
perché alcuni Sacerdoti del dio Amon
si proclamarono addirittura sovrani del regno di Tebe.
I sacerdoti erano conoscitori e interpreti del volere degli dei;
venivano da famiglie nobili, conoscevano anche la scrittura
e i numeri ed erano astronomi, ingegneri, matematici, geometri, medici.
Godevano di un immenso prestigio ed erano anche ricchi e temuti.
Si occupavano di tenere e amministrare il tesoro del tempio
e per farlo utilizzavano propri funzionari.
I sacerdoti erano chiamati "servi degli Dei".
Il loro compito non era predicare al popolo;
piuttosto loro dovevano rendere felici gli dei.
Ogni divinità aveva il suo tempio nelle cui camere interne
potevano accedere solo i vecchi sacerdoti e i faraoni.

Il faraone



Faraone significa grande casa, cioè reggia.
Per gli Egizi era l'incarnazione di un Dio, rappresentava gli Dei sulla terra
ed era il figlio vivente del capo degli Dei, Ra.
Si credeva avesse anche poteri divini, uno dei quali era quello di comandare il Nilo.
Ogni anno avveniva lo straripamento del Nilo che inondava i campi
e il Faraone presenziava a questo momento.
Doveva eseguire anche un altro rito importante:
quello cioè di correre  su una pista
per fare vedere al popolo che era ancora
pieno di forze e quindi poteva ancora governare.
Tra le sue funzioni, le più importanti erano quelle religiose
anche se il Faraone era il capo dell'esercito, della giustizia e del governo.
Fu il primo esempio storico di divinità impersonata da un sovrano
e fin dalle prime dinastie si sviluppò il concetto del faraone
come unico intermediario tra gli uomini e le divinità
e quindi unico sommo sacerdote.
Come tale era l'unica persona che poteva accedere alle cerimonie sacre
officiate nei templi ed officiava egli stesso vestito con una pelle di pantera.
La classe sacerdotale che eseguiva i sacri riti nei templi divini
lo faceva su delega del faraone,che non poteva essere sempre presente.
Alla sua morte si trasformava in Akh, saliva sulla barca di Ra
e si trasformava in Osiride.
L'Akh indica la potenza del Dio che si esprime attraverso l'aspetto luminoso.
Akh viene rappresentato con il geroglifico dell'Ibis eremita



Garante dell'ordine cosmico ed incarnazione della Maat, dea della giustizia,
il sovrano doveva provvedere a mantenere gli equilibri
della natura e delle vicende umane secondo la volontà degli dei,
che gli avevano affidato il mondo creato, con il fine
di non farlo precipitare nel Caos.
Senza il faraone, popolo e dei sarebbero stati travolti dal Nun.
Egli era il Signore delle acque e del Nilo, quindi ne controllava le inondazioni,
proteggeva il mondo dalle malattie e dalle carestie
e da lui dipendeva la prosperità dell'Egitto.
Il concetto di divinità decadde nel Periodo tardo dove il faraone
non ebbe più il ruolo di mediatore con le divinità, ruolo che fu invece assunto
direttamente dalle divinità locali.
La coronazione avveniva davanti alle immagini degli dei
e con la proclamazione dei loro cinque nomi:

  • il nome Horo;

  • il nome Nebty (o "le Due Signore");

  • il nome (Bik nebu) Horo d'oro;

  • il prenomem (Nesut bity) (o nome di trono);

  • il nomen (Sa Ra) (o nome personale).

  • gli ultimi due dei quali venivano iscritti nel cartiglio,
    originariamente un cerchio magico chiamato Shen
    Con questa cerimonia il computo degli anni ripartiva da zero.
    L'incoronazione generalmente avveniva alla levata eliaca di Sirio
    con la quale iniziavano le piene del Nilo.
    La levata eliaca di Sirio si verificava con una ciclicità di 365,25 giorni,
    per cui essa ritardava nel calendario egizio di 365 giorni, di un giorno ogni 4 anni.
    Si aveva così che la levata eliaca della stella si verificava in uno stesso giorno
    (per esempio nel primo giorno del primo mese del calendario civile)
    ogni 1460 anni civili (365/0,25=1460).
    Il fatto che i sacerdoti egizi tenessero conto dello spostamento
    della levata eliaca di Sirio nel calendario civile,
    ha consentito di ritrovare alcuni reperti archeologici
    nei quali fu segnalato l'evento astronomico in un particolare giorno
    del calendario civile e l'anno di regno del sovrano
    Tra le numerose cerimonie officiate dal sovrano vi erano anche le riconferme
    ad ogni nuovo anno, le Heb-Sed e numerosi altri riti.
    La Heb- Sed era la festa che celebrava
    il compimento del trentesimo anno di regno
    Il faraone era designato, oltre che con il titolo di "Sua Maestà",
    anche con i titoli di "Sovrano delle Due Terre"
    >e "Supremo dominatore dell'Egitto"
    mentre i simboli del potere regale erano la corona,
    lo scettro, il trono, la barba posticcia, l'Ureo,
    il gonnellino reale chiamato shendjut, e la coda di animale, generalmente di toro.
    L'ureo era la rappresentazione del serpente cobra,
    sacro alla dea Uadjet venerata nel 19º distretto del Basso Egitto,
    una delle due divinità protettrici del sovrano;.
    insieme alla barba posticcia l'ureo era uno dei simboli esteriori della regalità.
    Il simbolo dell'ureo, rappresentava la forza e la potenza del faraone,
    Posto sulla fronte del sovrano, svolgeva il suo compito di protettore
    sputando fiamme contro i nemici.



    La legittimità a governare era data dalla primogenitura
    o dall'essere stato generato dal dio Amon-Ra,
    unitosi ad una donna, come per Amenofi III, sotto le sembianze del suo sposo.
    Ma poteva avvenire anche per fatti prodigiosi avvenuti alla sua nascita,
    a sogni oppure oracoli divini come nel caso di Hatshepsut.
    Durante l'Antico Regno i sovrani generalmente si univano con le principesse di Menfi
    per ragioni politiche e territoriali e, sempre per le medesime ragioni,
    successivamente sposarono anche le proprie figlie o sorelle.
    A partire dal Nuovo Regno, invece, usarono unirsi anche
    con donne non nobili e principesse straniere.




     



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