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ETRUSCHI



LA MEDICINA


La perizia degli Etruschi nell'Arte Medica era celebre
e gli antichi scrittori Greci e Romani ne parlano soprattutto riguardo alla conoscenza
delle proprietà officinali delle piante.
Per conoscere il grado di preparazione raggiunto dai “medici” etruschi
ci viene in aiuto l'Archeologia: il rinvenimento di numerosi ex voto in terracotta o bronzo
raffiguranti anche organi interni del corpo umano denota chiaramente
l’estrema abilità anatomica di questo popolo; così come la presenza
di numerosi ferri da chirurgo e da dentista nel corredo di alcune tombe.



Nel Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia è conservato un teschio umano
che reca una protesi dentaria in oro, prova dell’abilità dei dentisti.
Chirurgia, odontoiatria, fitoterapia, nessuna di queste discipline era sconosciuta ai medici etruschi,
come dimostrano le testimonianze rinvenute nel corso dei secoli.
E' proprio presso gli Etruschi che si inizia a praticare il taglio cesareo
a fronte della necessità di intervenire in casi molto gravi.
Inoltre, particolare attenzione era riservata al fegato,
in quanto si riteneva che fosse la fonte del sangue<
e potesse quindi fornire risposte interessanti anche rispetto ad altri problemi.



Nessun altro popolo del mondo antico poi, praticava l'odontoiantria, mentre i medici etruschi
si concentrarono soprattutto sulla possibilità di creare delle protesi dentarie.
Famosi per la loro abilità nella lavorazione dei metalli,
gli etruschi utilizzarono le tecniche della lavorazione orafa
per creare protesi dentarie di ottima fattura, ancora visibili
nei teschi ritrovati presso le loro necropoli.
I denti che dovevano sostituire quelli mancanti sostenuti dai ponti in oro,
venivano ricavati in prevalenza da animali e quindi sagomati
e adattati perfettamente al sistema masticatorio del paziente.
Intorno al 700 a.C. le protesi costruite da questa civiltà erano così efficaci
da consentire a chi non possedeva denti, di godere dei sapori culinari.



Ogni protesi poteva essere asportata per la pulizia
oppure era fissa ed ancorata ai denti originari.
Del resto, gli Etruschi si contraddistinguevano anche per l’attività di prevenzione
esercitata nei confronti di disturbi e possibili malattie,
soprattutto dal punto di vista delle cura dell’ambiente.
Attraverso bonifiche ai corsi d’acqua e un primo sistema fognario,
si cercava di evitare la diffusione di problemi legati all’igiene.
La fitoterapia aveva grande importanza nell’ambito delle pratiche medicinali,
quantunque ovviamente non fosse definita in questo modo.
Semplicemente, la medicina etrusca, sapeva trarre vantaggio
da quelli che noi definiamo rimedi naturali
e che all’epoca erano frutti messi a disposizione dalla terra
e dagli Dei per curare alcune malattie.
Dagli Etruschi si apprende che la camomilla è calmante,
che il mirto è astringente, che il timo allontana i vermi,
che il cavolo giova ai reumatismi, che la cipolla è disinfettante e così anche l’aglio.
Impiegavano ad esempio la scommonea contro l'itterizia,



il ricino come purgativo, la felce maschio, l'artemisia marittima,
il coriandro e il timiano contro gli ascaridi in particolare,



Verosimilmente gli Etruschi conoscevano anche l'uso della limatura di ferro
e dell'ossido di ferro per varie malattie.
Impiegavano inoltre il cavolo e il vino contro la malaria, forse a simboleggiare
la necessità di condurre una vita gioconda e di seguire
un'alimentazione sana per preservarsi dal male.
Altre misure utilizzate contro la malaria consistevano
nell'accendere grandi fuochi in campagna per purificare l'aria,
nel bere decotti di varie piante, nell'assumere erbe odorose di essenze di ginepro
e di rosmarino tramite suffumigi, e nell'indossare indumenti di lana e speciali manicotti.
Oltre agli infusi e ai decotti, essi prescrivevano anche cataplasmi
e unguenti medicinali formulati in composizioni segrete.
Un medicinale di oltre 2000 anni, quasi sicuramente un collirio,
è stato recuperato intatto all’interno di un contenitore di stagno
rinvenuto nel “Relitto del Pozzino”, i resti di una nave naufragata
nel II sec. a.C. nelle acque del Golfo di Baratti
(sito dell’antica e florida città etrusca Pupluna, Populonia - Livorno)



Quella sostanza, che già Plinio il Vecchio e successivamente Dioscoride
descrivevano come curativa per gli occhi e per le malattie della pelle,
trova ora un preciso riscontro nella composizione delle compresse
pressappoco circolari e di colore grigio (pastiglie spesse un centimetro,
con un diametro di quattro) che facevano parte
del bagaglio di un medico che viaggiava a bordo della nave etrusca.



A completare la ‘valigetta’ dell’antico medicus sono stati anche rinvenuti
numerose altre pissidi in stagno, 136 piccoli flaconi di legno di bosso,
un mortaio, uno specillo in ferro e una campana in bronzo,
quest’ultima probabilmente da usare per le ventose.



Le analisi condotte sulle compresse dal Laboratorio di analisi
della Soprintendenza toscana, evidenziarono che il principio attivo
delle compresse era costituito da due diversi composti di zinco
(smithsonite e idrozincite, rispettivamente carbonato e idrossicarbonato di zinco),
come nelle medicine di uso dermatologico e oftalmico.
Nel medicinale la parte di natura inorganica costituisce l’80% della massa;
in questa il 75% è dato da zinco, presente appunto come carbonato e idrossicarbonato.
Insieme a questi compaiono, come coformulanti, sostanze lipidiche (grassi)
di origine animale e vegetale:cera d'api, verosimilmente olio di oliva, resina di pino
(che poteva servire come preservante, viste le sue proprietà antisettiche) e amido.
Tutte conoscenze ancora oggi utilizzate nella medesima prospettiva, con le stesse finalità.
Il ritrovamento di grandi e piccoli vasi ed anfore in cui erano ancora visibili
i resti della conservazione di piante medicinali quali:
il prezzemolo e il papavero da oppio, dimostrano l’uso metodico e continuativo che ne veniva fatto
La leggenda narra che Tarconte, fondatore di Tarquinia,
mentre era intento a dissodare un campo,vide balzar fuori dal solco
appena scavato, un giovane dall’aspetto di vecchio di nome Tagete
che gli rivelò l’ "Etrusca Disciplina”, ovvero tutto lo scibile culturale,
tecnico, sociale e religioso della civiltà etrusca
comprese le nozioni riguardanti la prevenzione, il trattamento medico e l’aruspicina.
Da allora il Lucumone, il re-sacerdote a capo della città
(il sistema politico-sociale etrusco si fondava infatti su una confederazione di città-stato)
divenne anche il custode della disciplina etrusca.
La medicina etrusca era,dunque, di tipo teurgico:
la testa e l’udito erano sotto la tutela di Tinia (lo Iuppiter latino),
gli occhi di Uni (Iuno Lucina), i fianchi di Laran (Marte),
le dita, il senso ed il tatto erano riferiti a Menerva,
gli organi genitali a Turan, i piedi a Turms (Mercurio).
II rituale religioso si componeva di suppliche, preghiere, invocazioni, processioni,
sacrifici di vittime animali operate dai sacerdoti.
Gli Etruschi possedevano una buona conoscenza di anatomia e fisiologia,
dalla pratica della trapanazione cranica



e delle protesi dentarie in oro, evidenziate dai resti umani e dalle terrecotte.



Era praticata la circoncisione, e le sezioni anatomiche mettono in risalto
molti organi interni, come il cuore e i polmoni.
Sorprendenti sono gli uteri contenenti all'interno una pallina, che potrebbero risultare
la più antica raffigurazione di vita intrauterina della storia
Gli Etruschi, come abbiamo detto, erano esperti nel campo della prevenzione:
davano importanza all'igiene personale, all'alimentazione, all'attività fisica
Erano grandi conoscitori delle proprietà delle acque termali,
di cui la Tuscia è ancora oggi ricchissima e che impiegavano nella cura di molte malattie.
Le sorgenti salutari erano santuari specializzati, in cui la possibilità
di accedere alle acque seguiva tappe obbligate,
come il preventivo acquisto delle parti anatomiche che rappresentavano
la parte affetta (ex voto anatomici)
e la loro affissione sulle pareti del tempio o la loro immersione nelle acque.



Fra le terme etrusche più famose alcune ancora oggi sono attive,
come le terme di Saturnia e di Viterbo.
Secondo la leggenda, Ercole, per dimostrare la propria forza,
infisse una lunga asta di ferro nel terreno:
quando la estrasse, dal terreno sgorgò una ricca sorgente,
la prima delle numerose altre che abbondano ancor oggi nel territorio dell'Etruria
Gli Etruschi conoscevano bene le proprietà medicamentose di ogni sorgente,
sacra e dedicata a divinità diverse, così come i Romani
i quali, con la conquista di queste terre, eressero spesso
grandi impianti termali alimentati dalle preziose acque di queste sorgenti.



A Castelnuovo di Val di Cecina (località Il Bagno), al centro di un territorio
ricco di sorgenti naturali normalmente sfruttato per la geotermia,
è stato costruito dagli Etruschi, nell'epoca tardo-ellenica,
il complesso di Sasso Pisano, che rappresenta l'unico esempio
di terme etrusche giunte fino a noi.



Alla fase più antica (III secolo a.C.) risalgono i resti di un portico
quadrangolare costituito da grandi blocchi regolari di calcare
del posto e, un secolo dopo, vennero aggiunti due impianti termali
ricoperti da un tetto in tegole.
C'erano anche alcuni vani quadrangolari, forse destinati ai visitatori.
Molto importante è anche il sistema idraulico, costruito per sfruttare l'acqua calda
delle sorgenti vicine, attraverso piccoli canali che conducevano l'acqua calda
alle vasche e per alimentare la fontana aperta che era posta di lato.
Abbandonato per quasi un secolo per i danni provocati da un terremoto
dopo il 50 a.C., il complesso, in parte ristrutturato,
rimase in uso fino alla fine del III secolo d.C., come confermano
le 64 monete di bronzo di quell'epoca, recuperate in una delle vasche.
Il bollo con l'iscrizione etrusca SPURAL (letteralmente "della città")
HUFLUNAS rinvenuto sulle tegole del tetto
dovrebbe testimoniare la destinazione pubblica delle terme:
il complesso è forse da identificare con le AQUAE VOLATERRAE o
le AQUAE POPULONIAE rappresentate nella TABULA PEUTINGERIANA,
copia del Medioevo di una carta dell'età romana conservata presso la Biblioteca Nazionale di Vienna










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