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ETRUSCHI



LA SOCIETA'


Agli albori della storia di questo popolo, nell’età del Bronzo e nell’età del Ferro,
non si notano segni di una distinzione in classi all’interno della società;
essa invece appare evidente nella seconda metà dell’ VIII secolo a.C.,
quando i corredi funerari cominciano a mostrare netti segni di differenziazione:
aumentano gli oggetti di corredo in quantità e qualità, appaiono vasi ed ornamenti d’importazione.
Qualcosa è cambiato nella società etrusca e lo si vedrà amplificato
alla fine dell’ VIII secolo a.C. e nel successivo,
quando appare lo splendore delle grandi tombe a tumulo
con i  sontuosi corredi dell’aristocrazia,
che basava il proprio potere e prestigio sul controllo dei commerci
con l’Oriente e sulle attività agricole e pastorali.
Poco sappiamo sulle suddivisioni sociali del mondo etrusco:
possiamo distinguere tra una classe di proprietari, divisa tra aristocrazia e ceto mercantile,
ed una vera e propria classe inferiore rappresentata dai servi,
dagli attori e dai giocolieri,dagli stranieri, ecc.,
che nei monumenti appaiono contraddistinti soltanto da un nome personale
e sono quindi estranei all’organizzazione gentilizia.
Questa classe non ebbe mai la possibilità di intervenire direttamente
nella guida dello stato e beneficiò in modo marginale
della ricchezza dei ceti abbienti.
Questa netta separazione costituì nei momenti di crisi
un fattore di debolezza, minando le basi di quella coesione sociale
necessaria per resistere ai pericoli esterni.
La nascita di un ceto “medio” avvenne nel’età Arcaica, nel VI secolo a.C.,
quando artigiani e mercanti iniziarono a prendere coscienza
delle proprie capacità, operando per proprio conto e non più per i ricchi principi.
In un primo periodo le città erano rette a monarchia:
il re veniva scelto tra i primogeniti delle famiglie nobili
e si chiamava lucumone, nome che nella lingua etrusca significa «principe».
Questi riuniva nella sua persona sia il potere civile e militare
che quello religioso e giuridico.
Era infatti il capo dell’esercito, della religione, dello stato
e amministrava la giustizia tenendo delle udienze pubbliche ogni otto giorni.
Quale sovrano assoluto, il lucumone si circondava di un fasto veramente regale.



Durante le funzioni religiose indossava una toga palmata,
cioè ricamata e un manto di stoffa preziosa orlato di fregi e ricami.
In testa portava una corona d’oro, nella mano destra
ornata di un grosso anello stringeva lo scettro, pure d’oro
e ai piedi aveva splendide calzature.
Quando partecipava ad un’assemblea o si recava in tribunale
per amministrare la giustizia, sedeva su una sedia curule,
una specie di trono in legno ornato di decorazioni in avorio e in oro.



Quando si spostava da un luogo all’altro era accompagnato da una scorta di littori,
solitamente dodici che recavano sulle spalle il «fascio littorio»
composto di dodici verghe sormontate da una doppia ascia.
Il fascio simboleggiava l’illimitato potere e l’autorità del principe;
infatti, mentre le verghe, generalmente usate per la fustigazione,
erano il simbolo del potere giudiziario del lucumone,
la bipenne o ascia a due tagli era considerata un’arma
sia da guerra sia da parata e, come tale, destinata esclusivamente ai capi.
Verso la fine del VI secolo a.C. alla monarchia si sostituì la repubblica
e i poteri civili, accentrati prima nelle mani del lucumone,
passarono a magistrati regolarmente eletti ogni anno e a un Senato stabile e potente.
I magistrati ( zilhte maru) avevano funzioni religiose e politiche.



Gli Etruschi non formarono mai uno stato unitario
in quanto ogni città aveva un governo proprio,
ma erano riunite in una istituzione di tipo confederale
che comunemente chiamavano "lega".
Secondo la tradizione, la Nazione etrusca era formata da dodici città principali:
Caere, Tarquinia, Vulci, Vetulonia, Roselle,
Populonia,Volsinii, Chiusi, Perugia, Arezzo,
 Volterra e Veio, intorno alle quali gravitavano i centri minori.
Più tardi alcune di queste città-stato decadranno
e se ne svilupperanno altre quali Pisa, Firenze e Luni.
Queste città comunque si riunivano in una Lega di carattere religioso, politico e militare,
che aveva il suo centro nel Fanum Vultumnae, santuario del dio nazionale etrusco.



Accertata l’esistenza di feste e di giochi annuali panetruschi
nel santuario di Voltumna, si potrebbe  supporre che soltanto circostanze politiche
di carattere eccezionale, come la minaccia di Roma, possano avere indotto
i rappresentanti dei diversi stati etruschi a concertarsi nel santuario nazionale
e  a coalizzarsi in una lega politica e militare.
Ma esistono d’altra parte riferimenti che paiono indicare una certa continuità
dell’istituto ed una relativa subordinazione ad esso dei singoli stati:
ad esempio il passo di Servio (ad Aen., VIII, 475), nel quale è detto che
l’Etruria aveva dodici lucumoni, o re, dei quali uno era a capo degli altri,
o gli accenni di Livio (l, 8, 2; V, 1) alla elezione di un re da parte dei dodici popoli,
ciascuno dei quali forniva un littore per i fasci,
e più tardi alla elezione di un sacerdote al Fanum Voltumnae in occasione
delle adunanze degli stati etruschi.



La civiltà etrusca, nata come una civiltà agricola, in seguito sviluppò
una fiorente attività commerciale marittima e terrestre.
La casta sacerdotale godeva di molti privilegi e il suo potere
e il suo prestigio si basavano sulla pratiche di una religione
che attribuiva primaria importanza alle facoltà divinatorie,
riconosciute appunto ai sacerdoti.
Nei centri urbani viveva una popolazione numerosa composta da artigiani, mercanti, schiavi liberati.
E' lecito supporre che i ceti sociali dominanti dovessero avere un alto tenore di vita.
Le pitture tombali documentano con vivezza di particolari
le attività dei nobili, offrendoci il quadro di una vita spensierata,
vissuta tra gare sportive, cura del corpo, abbigliamenti sontuosi,
banchetti interminabili che spesso si concludevano con orge, cacce, feste.
L'idea della morte, pur presente, non sembra affliggere particolarmente la società aristocratica:
dalle tombe spira infatti un'atmosfera di serenità e di pace.
La donna etrusca ricopriva un ruolo di notevole importanza all'interno della società.
Poteva partecipare ai banchetti e alle feste insieme agli uomini
e, in generale, godeva di una grande libertà,
cosa impensabile in Grecia o nella Roma arcaica,
dove le donne erano relegate in casa con le figlie femmine e le ancelle,
a sovrintendere ai lavori domestici.
Come tutte le civiltà antiche anche gli Etruschi utilizzavano come forza lavoro
gli schiavi, che fornivano una mano d'opera a basso costo
che poteva anche essere molto specializzata.
Nell'Etruria gli schiavi rappresentavano una presenza imponente,
venivano chiamati lautni ed erano prigionieri di guerra
oppure persone rapite dai pirati etruschi,
o uomini rovinati da debiti.
Essi erano uomini e donne che non godevano di diritti civili e politici,
ed erano considerati oggetto di proprietà.
Le occupazioni più comuni nelle città erano i lavori domestici
nelle abitazioni del ceto aristocratico, oppure erano impiegati
come lavoranti nelle botteghe artigiane, nelle campagne
o nell'estrazione dei metalli nelle miniere.
A volte si rinvengono i luoghi di sepoltura di questi esponenti
della classe servile, cremati e posti in recipienti di terracotta,
tumulati in piccole nicchie scavate nelle strutture sepolcrali dei padroni.



In genere gli schiavi non erano maltrattati in quanto
erano considerati beni preziosi e la morte di uno di essi
era vista come una grave perdita economica.









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