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ETRUSCHI

ARCHITETTURA




Gli Etruschi furono considerati da tutti i popoli antichi abili urbanisti
in quanto furono i primi a stendere i piani regolatori delle città che costruivano.
Quando arrivavano in un luogo, infatti, non costruivano le loro abitazioni a casaccio
ma secondo delle regole ben prestabilite.
Questa civiltà si caratterizzò nell'architettura per l'uso dell'arco



fino ad allora mai utilizzato e per la nascita di luoghi dove venivano deposti i morti, "le tombe".
Gli etruschi credevano nella sopravvivenza del defunto nell'aldilà
ed è per questo motivo che le tombe venivano considerate come case,



dove venivano deposti oggetti utili o i canopi (vasi funerari)
che riproducevano le fattezze del morto.



Le tipologie tombali si differenziano a secondo dei luoghi e della natura del terreno:
a tholos con copertura a falsa cupola, o a ipogeo, camera murata o scavata
nella roccia tufacea segnalata all'esterno, soprattutto nei secoli VII e VI a.C.,
da tumuli di terra leggermente conici, talora di grandi dimensioni,
retti alla base da un anello in muratura.



Di solito le città etrusche non venivano mai costruite in pianure o in vallate,
ma in luoghi favoriti da una certa difesa naturale,
quali altipiani rocciosi e colline scoscese,
perché potessero dominare la zona circostante.
Ciò avveniva perché le città, essendo indipendenti l’una dall’altra,
dovevano provvedere ciascuna alla propria difesa in caso di guerra.
Non è da escludere, tuttavia, che, oltre a questa valida ragione,
ce ne sia un’altra, di origine, diciamo così, salutistica:
solo se costruita in zona elevata, infatti, la città poteva sfuggire
alle pericolose esalazioni che emanavano le paludi delle campagne vicine,
in gran parte infestate dalla malaria.



Attorno alla città, per maggior sicurezza, veniva costruito un perimetro,
per lo più a forma di quadrato, di poderose mura, la cui lunghezza
spesso raggiungeva gli 8-9 chilometri.
Le mura erano costruite con grossi blocchi di tufo vulcanico
che venivano collocati l’uno sopra l’altro in modo regolare,
senza che fossero tenuti insieme col cemento.



La costruzione di una nuova città richiedeva un rito speciale:
nel luogo prescelto veniva scavata una fossa, abbastanza profonda
da far affiorare la nuda roccia e in questa si buttavano, vari prodotti agricoli
quale augurio per una futura fertilità
e una manciata di terra proveniente dalla patria del fondatore.
Dopo aver riempito la fossa, veniva innalzato su di essa un altare,
sul quale veniva acceso un fuoco, simbolo delle nuove case che sarebbero sorte.
Compiuto questo rito, il fondatore si metteva alla guida di un aratro trainato
da una giovenca bianca e da una nera e tracciava un solco quadrato, ritenuto sacro,
nel quale successivamente venivano gettate le fondamenta delle mura.
Questo cerimoniale sopravvisse per secoli e infatti lo ritroveremo nella leggenda
della fondazione di Roma da parte di Romolo e Remo.
L’aratro veniva sollevato per un breve tratto nei punti corrispondenti alle porte,
che avrebbero dato l’accesso all’interno della città.
Secondo alcune testimonianze le porte avrebbero dovuto essere tre,
ma i resti delle città etrusche, giunti fino a noi, ci hanno permesso di constatare
che in realtà erano molte di più.
Le più antiche erano sormontate da un architrave rettilineo,
quelle costruite dopo il III secolo da un arco decorato con sculture in rilievo;
ciò ha fatto pensare che gli Etruschi siano stati gli inventori dell’arco.



Secondo la dottrina dei sacerdoti aruspici, una città per essere veramente tale
doveva avere almeno tre porte e tre tempi dedicati rispettivamente a Giove, a Giunone e a Minerva.
C'è una certa somiglianza con il tempio greco, ma quello etrusco sorgeva su un alto podio
cui si accedeva da una scalinata frontale.



La pianta di questi templi di solito era quadrata: la metà anteriore era costituita
da un portico colonnato, con più file parallele di quattro colonne stile tuscanico,
(rielaborazione del dorico, con base, fusto liscio, capitello a echino e abaco
spesso circolare), molto distanziate fra loro;
la metà posteriore era occupata da tre celle, ospitanti le statue di tre divinità,
oppure da una cella singola fiancheggiata da due ali aperte.
I materiali costruttivi erano diversi da quelli delle case:
i tetti erano di legno a doppio spiovente, coperti da coppi e tegole,
sostenuti da travi decorate. da lastre di terracotta
impreziosite da bassorilievi e il basamento in pietra.
Alla struttura lignea del tetto era legato un sistema di rivestimento in terracotta
con funzione sia protettiva che estetica.
I diversi elementi in terracotta, ottenuti per lo più in serie mediante l'uso di stampi,
erano figurati, a rilievo o a tuttotondo, e rappresentavano motivi vegetali,
teste di satiri o gruppi di persone, dipinti poi con colori vivaci.
Erano chiamati acroteri, se collocati ai vertici del triangolo frontale o sugli spioventi,
antefisse, se collocati invece sull'orlo del tetto e applicati alla tegola terminale di ogni filare.





In realtà il genio costruttivo degli etruschi si rivela nelle mura e nelle porte di città.
Due ampie strade attraversavano ogni città: una in direzione nord-sud (decumano)
e l’altra in direzione est-ovest (cardo) e la dividevano in quattro quartieri pressoché uguali.
Altre strade minori correvano parallele alle due maggiori,
formando agli incroci angoli retti.
Ogni strada era fiancheggiata da larghi marciapiedi
accanto ai quali scorrevano dei canali di scolo per le acque piovane e di rifiuto.



Al centro di ogni strada erano segnati due solchi nei quali passavano le ruote dei carri.
Ogni città era dotata di acquedotti e di fognature poiché gli Etruschi si dedicavano
con particolare bravura alla regolazione delle acque.



In ogni strada, al piano terra delle case si aprivano le botteghe ed i laboratori degli artigiani.
Al centro della città, all’incrocio delle due strade principali,
venivano innalzati gli edifici pubblici e i templi.
Nel punto più alto, invece, si ergeva il santuario dedicato alle divinità protettrici.
Si trattava però di una architettura di facciata, dove nullo o scarso era l'interesse
per la parte posteriore e che diversamente da quella greca o romana faticava
sia ad inserirsi in uno spazio naturale, sia a creare attorno uno spazio sociale.
Secondo alcune ricostruzioni, le abitazioni poggiavano su uno zoccolo
di blocchi di pietra o di tufo squadrati, che delimitava la pavimentazione di argilla battuta.
Su questo basamento venivano alzati muri in mattoni di argilla cruda fatta seccare al sole
oppure pareti a graticcio fatte cioè di un intreccio di pali, di travi in legno e canne.
Il rivestimento interno e l'intonaco erano sempre in argilla.
Tra il VII e il VI sec. a.C., il progresso tecnico permise di costruire case con pareti solide,
tetti ricoperti di coppi, tegole e statue decorative in terracotta e con una struttura
in legno robusta e ben costruita.
Il lavoro dei costruttori si specializzò e si creò una più chiara distribuzione dei compiti lavorativi:
i carpentieri erano addetti alla lavorazione ed alla messa in opera delle travi e dei coppi;
i decoratori plasmavano l'argilla per fabbricare i coppi,
le tegole, le lastre e le grondaie con i gocciolatoi per l'acqua piovana;
altri artigiani dipingevano le decorazioni in terracotta.
La forma più tipica delle abitazioni del ceto dominante
era caratterizzata da un ampio cortile centrale da cui si accedeva ai vari ambienti,
un'altra tipologia di abitazione era composta da stanze adiacenti
che davano su un vestibolo di ingresso.
La forma tipica del tetto era a spiovente ricoperto da tegole,
ma erano presenti anche tetti a terrazza.
L'esterno delle case era decorato da terrecotte policrome,
all'interno le pareti delle stanze erano affrescate a motivi geometrici o con scene figurate.
I quartieri popolari erano abitati dalla classe dei servi: uomini e donne liberi,
che godevano dei diritti civili come la proprietà, ma che non avevano parte
nella guida politica della città.
I materiali con cui erano costruite le case del ceto popolare non differivano molto
da quelli che erano utilizzati per le dimore delle classi gentilizie:
quindi uno zoccolo in pietra su cui venivano alzati muri in argilla o mattoni crudi,
sorretti da intelaiature in legno.
Le case erano affiancate e raggruppate in isolati, gli ambienti erano piccoli
e con uno scarso sviluppo in altezza. Secondo i precetti religiosi,
le strade dovevano incrociarsi ad angolo retto.
Nella realtà, siccome spesso le città venivano edificate su alture, ciò era impossibile,
e gli abitati erano costretti ad adeguandosi alle caratteristiche del luogo,
dando vita ad un tortuoso dipanarsi di stretti vicoli.
Le abitazioni più ricche erano abbellite con tegole, lastre di rivestimento dipinte e acroteri,
cioè decorazioni sulla cima del tetto.
Dai reperti si desume che le case erano disposte lungo un asse longitudinale.
Un atrio che serviva da ingresso si prolungava in un vano sovente fornito di impluvium,
cioè di un bacino per la raccolta delle acque piovane attraverso un compluvium,
ch'era un'apertura del tetto.
Seguiva un vasto ambiente che fungeva da stanza di rappresentanza e di ricevimento (tablinum);
ai lati di questa sorta di corridoio articolato si disponevano le vere e proprie stanze di abitazione.
Dal tablinum nelle case dei ricchi si poteva accedere a un giardino.
Gli Etruschi estraevano una pietra calcarea (il "macco"), per costruire le loro città,
da una cava originale, Etruscopolis, all'interno della quale i tagli delle pietre sono ancora visibili.



Distrutte le città etrusche dai romani, o profondamente trasformate,
restano, a testimonianza di questa antica civiltà italica, le tombe, perché sotterranee.
In realtà, dapprima furono in parte scavate e in parte sopraelevate dal suolo
con cortine murarie a blocchi squadrati, poi interamente scavate nel terreno roccioso

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Esse sono la testimonianza più diretta di come erano fatte ed arredate le case degli Etruschi











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