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ABBIGLIAMENTO

Nel passaggio dal periodo bizantino  a quello romanico (dal 300 al 1000),
nel costume si opera una fondamentale rivoluzione:
la differenziazione netta fra l’abito maschile e quello femminile,
quasi inesistente nell’antichità.
E' in questo periodo, infatti, che entra a far parte
dell'abbigliamento maschile, un elemento nuovo:costituito dai calzoni o brache.
Presso i Romani i primi calzoni arrivavano appena al ginocchio;
essi ne impararono l’uso dai Galli dell’Europa Centrale
e il fatto che questo popolo indossasse tale indumento,
li impressionò talmente che chiamarono il paese “Gallia bracata”.



La moda era molto importante nel Medioevo in quanto era dai vestiti
che si riconoscevano gli appartenenti alle diverse classi sociali.

UOMINI
L’abbigliamento maschile di base era quasi uguale per tutti:
camicia abbondante che poteva servire di giorno e di notte,
infilata in un paio di pantaloni aderenti
lunghi fino ai ginocchi e sui quali si indossava
una tunica comoda che permetteva la più ampia libertà di movimenti,
fermata alla vita da una cintura dalla quale pendevano:
un mazzo di chiavi, un pugnale, gli attrezzi da lavoro,
una borsa per il denaro (le tasche non erano ancora state inventate).
Per uscire si metteva sopra un mantello.



La camicia, che si indossava sotto la veste, era una specie
di tunica chiusa sui lati e aperta in basso davanti e dietro,
lunga fino a metà polpaccio e con le maniche strette ai polsi:
ricadeva sopra le brache e le calze.
Bianche, di lino o di seta, le camicie più belle
avevano i polsi e il colletto ricamati e la pettorina lavorata.
D'inverno, fra la camicia e la veste si infilava
una specie di lungo panciotto senza maniche,
un capo di lusso, caldo e comodo, costituito
da una pelliccia cucita fra due stoffe.

Le brache erano il solo capo d'abbigliamento
riservato esclusivamente all'uomo.
Si trattava di calzoni di tela sottile lunghi fino alle caviglie
e che potevano essere stretti, a sbuffo o pieghettati.
Erano strette in vita da una cintura di tessuto o di cuoio
alla quale si appendevano la borsa, le chiavi
e talvolta delle specie di giarrettiere che reggevano le calze.
Queste ultime arrivavano fino a metà coscia, erano morbide,
aderenti alla gamba, e potevano essere di tela,
di maglia di lana, e anche di seta.
Erano di colore scuro, tranne quelle da cerimonia,
che avevano righe orizzontali di colore contrastante.

La tunica era l'abito aristocratico per eccellenza:
simile a un abito, poteva essere di lana o di seta,
aveva un'ampia scollatura, che permetteva di infilarla dalla testa.
Le maniche arrivavano a metà braccio o poco sotto
ed erano molto larghe e la gonna, ampia, pieghettata e aperta davanti
e dietro, arrivava fino ai piedi.
Era chiusa in vita da una cintura.
Anche il mantello era un indumento riservato ai nobili,
che poteva essere di vari tipi.
La forma più comune era quasi a ruota,
di mezza lunghezza e senza maniche.
In genere era di tessuto pesante foderato di pelliccia,
ricamato e ornato di frange; aveva un apertura laterale
e si chiudeva sulla spalla destra per mezzo di un fermaglio o di un legaccio.



L'ultimo capo d'abbigliamento era costituito dai guanti,
di cui tutti facevano grande uso.
Erano di maglia di lana, di pelle o di pelliccia.
Molto aderenti alla mano, si allargavano verso i polsi
e coprivano di solito buona parte dell'avambraccio.
Era un capo di vestiario che si offriva spesso in dono
e che possedeva un grande valore simbolico:
consegnare il proprio guanto al signore
era un segno di omaggio, gettarlo un segno di sfida.
Si toglievano per entrare in chiesa
o per stringere la mano a qualcuno.

Chi però credesse che dall’abito non si potesse distinguere
il ricco dal povero, sbaglierebbe
Questi, infatti, erano gli indumenti base usati da tutti,
ma chi poteva si sbizzarriva nella qualità dei tessuti,
nelle rifiniture, negli ornamenti, in quelli che oggi si chiamano “accessori”.
I nobili inoltre portavano gioielli, catene d’ oro e abiti colorati e sontuosi.
Portavano cappelli con foggia (lunga coda),
i loro capelli erano accuratamente tagliati
ed il loro viso era rasato; portavano inoltre un farsetto molto corto,
sulle gambe indossavano una calzamaglia
aderente di un tessuto tagliato di traverso;
come calzari portavano scarpe a punta che
raggiungevano a volte i 46 cm,e le cui punte
venivano imbottite di muschi per mantenere la forma.



Nemmeno i ricchi, però, avevano molti vestiti; anche in casa dei nobili,
chi avesse cercato ampi armadi cui appendere molti e vari vestiti,
sarebbe rimasto deluso: scarsi, poco più dell’indispensabile,
gli abiti “di tutti i giorni" e senza troppi ornamenti;
rarissimi quelli sfarzosi, tanto che a volte capitava
che anche i più potenti feudatari lasciassero
in preziosa eredità ai figli il loro abito di cuoio.
La verità era che la vanità dei nobili doveva spesso fare i conti,
oltre che con la scarsità di denaro con l’assenza quasi totale dei commerci,
per cui bisognava accontentarsi di quello che forniva il feudo,
cioè della lana e del lino consueti.
I panni non li tenevano appesi negli armadi, ma li riponevano
piegati entro grandi cassoni di quercia
che avevano fregi e graffiti su fondo nero, rosso e dorato.



Per uscire gli uomini indossavano una mantellina
che li riparava dalla pioggia e dalla neve in mancanza dell’ombrello.
In testa portavano un cappello a punta o un berretto di feltro o pelle.
Poiché non esistevano i bottoni, si faceva largo uso di fibbie, cordoni e lacci.

DONNE
L’abbigliamento femminile consisteva in una camicia semplice
e lunga fino ai piedi hiamata interula o sotano
sopra la quale veniva indossata
una specie di tunica ampia e variamente sagomata.

La maggior parte dei capi che componevano l'abbigliamento femminile
non era molto diversa da quella portata dagli uomini,
ma variavano per  stoffe e  colori
 ricchezza di ornamenti e di accessori.
Le donne non indossavano le brache ma a volte
stringevano il petto con un velo di mussolina a mo' di reggiseno.

Questo, ad esempio è stato trovato nel maniero austriaco di Lengberg.
 Nessuno, ricco o povero che fosse, uomo o donna, indossava le mutande,
conosciute dai Romani, ma di cui si era perso l’uso.
Si pensava infatti, che ostacolassero
"il prendere aria" delle loro parti intime.
Esse ricomparvero durante il Rinascimento ma solo sulle natiche
delle prostitute e solo nell’800 divennero un indumento essenziale
e obbligatorio, almeno in pubblico.
La tunica poteva essere di due tipi:
quella normale era una veste semplice lunga fino a metà polpaccio,
mentre quella composta, comparsa verso la fine del XIII secolo,
aveva il corpetto  modellato con rinforzi  aderente sul petto.
Aveva poi, una larga fascia che sottolineava la vita
e una gonna lunga aperta sui fianchi.
La vita doveva essere stretta, e le gonne
assai ampie e molto ricamate.

Il corpetto aveva il compito di slanciare la figura
e disegnare la forma dei fianchi, del ventre e della schiena.
Aveva una scollatura rotonda, ampia, dalla quale
potevano uscire la camicia e le maniche lunghe
svasate a partire dal gomito.
Gli abiti avevano lunghi strascichi di stoffa
preziosa e colorata. che venivano avvolti sul braccio.
L'eleganza imponeva che la donna completasse la tunica
o la veste con una cintura, di cuoio intrecciato,
di seta o di lino, sapientemente allacciata.
Si effettuava un primo giro all'altezza della vita, un nodo sulle reni,
poi un secondo giro all'altezza dei fianchi,
un nuovo nodo all'altezza del bacino ed infine si lasciavano cadere
le estremità in due strisce uguali fino a terra.



Le calze erano simili a quelle degli uomini ma sempre sorrette da giarrettiere,
perché non potevano essere agganciate alla cintura delle brache.
Le scarpe erano di vario tipo: alte o basse, chiuse o aperte,
con o senza linguetta, di cuoio, di feltro, di tessuto, foderate di pelliccia.
La moda preferiva i piedini piccoli, i tacchi abbastanza alti,
il passo ondeggiante e accuratamente studiato.

Il mantello femminile era una pellegrina semicircolare
che non veniva chiusa sulla spalla come quella degli uomini ma sul petto.
A partire dal XII secolo i mantelli vennero chiusi con doppi bottoni
che si infilavano in due occhielli e potevano essere sferici,
piatti, di cuoio o di tessuto, d'osso, di corno, d'avorio o di metallo.
Il mantello si prestava ad una grande varietà di invenzioni
quanto alla forma, alla lunghezza, alla decorazione, alla materia usata.

La pettinatura variava secondo l'età: le fanciulle e le donne più giovani
portavano i capelli divisi da una riga al centro
e due trecce che scendevano sul petto, talvolta lunghe fino alle ginocchia,
o ulteriormente allungate da pendenti appesi a ciascuna estremità.
Dopo il 1200 la moda delle lunghissime trecce tende a scomparire
per lasciare il posto a capelli più corti tenuti fermi
da un cerchietto e lasciati liberi sulle spalle.
Prima di uscire di casa o di entrare in chiesa
ci si copriva la testa con un velo di lino o di seta,
importato in Italia dai crociati.
Di solito esso era molto lungo e copriva
non solo il volto ma anche le spalle
e un diadema lo incollava alla fronte.
Portavano anche immensi cappelli a cono con velo:

e per questo portavano i capelli raccolti in una rete dorata,

Le vedove e le suore portavano il soggolo, un ampio copricapo
di tessuto leggero che nascondeva completamente i capelli,
le tempie, il collo e la parte superiore del petto.



Le donne medievali, come in tutti i tempi,
si prendevano molta cura dell'abbigliamento e se ritenevano
di non avere bei seni tondi e solidi.....
rinforzavano la parte alta della camicia di seta
introducendovi apposite, e ben confezionate, palle di lana.
Le famiglie nobili adottavano spesso colori fissi nel loro abbigliamento
e vestivano i servitori con divise dei colori della propria casata.
Non c’erano negozi per confezionare vestiti,
quindi i ricchi si servivano dei sarti, che cucivano gli abiti interamente a mano.
I colori avevano dei significati particolari: il blu,
il colore dei cavalieri, indicava che si era innamorati,
il giallo che erano arrabbiati, il grigio tristi.
Nessuno indossava vestiti a strisce perché evocavano il diavolo.



BAMBINI
A parte i neonati (completamente fasciati e con il solo viso scoperto),
non c’era alcuna distinzione tra le diverse età: sia i bambini che gli adulti
erano vestiti allo stesso modo



Praticamente i bambini erano degli adulti..in miniatura

CAVALIERI
Inizialmente l'armatura dei cavalieri era costituita
da una cotta di maglia: una specie di tunica
fatta di tanti, piccoli anelli di ferro fittamente collegati fra loro.



Dapprima copriva solo il corpo, ma durante il XII secolo
si cominciarono a proteggere anche braccia e gambe
aggiungendo alla cotta maniche e cosciali di maglia metallica
La cotta era molto pesante - da 9 a 14 Kg - e aveva un inconveniente:
dato che era flessibile nel caso si ricevessero colpi forti,
gli anelli, anche se non si rompevano,
penetravano attraverso il tessuto della camicia sottostante
e provocavano dolorose contusioni
e qualche volta anche gravi fratture.
Per risolvere il problema si cominciò a portare
una sottocotta imbottita e trapuntata
avente il compito di smorzare i colpi.

Sotto l'elmo si portava un'infula,
cioè una cuffia imbottita anche essa metallica,
mentre il collo poteva essere protetto da una gorgiera in cuoio,
oppure si potevano proteggere sia la testa, sia il collo
con un cappuccio di maglia metallica.
A volte si indossava anche una stola imbottita sopra la cotta
e si proteggevano le mani con manopole imbottite,
che potevano attutire i colpi.

L’uso delle piastre di ferro era molto diffuso nel Trecento,
ed è solo nel secolo successivo che si cominciarono a portare
armature metalliche complete, sagomate in maniera
da proteggere ogni parte del corpo e tali da permettere
che le punte e le lame scivolassero sulle loro superfici levigate
Le armature a piastra potevano raggiungere un peso complessivo
intorno ai 25 kg, ma ben distribuito che consentiva ai cavalieri
di combattere e montare a cavallo senza particolari problemi.
Alcune piastre erano incernierate e potevano ruotare una sull’altra,
altre erano unite da perni che scorrevano in un’asola.
Per facilitare lo scorrimento, molte erano connesse
tramite stringhe interne di cuoio.
L’impiego delle armature a piastra, grazie alla loro efficacia difensiva,
permise di ridurre gli scudi, che, a partire dal Quattrocento,
divennero più piccoli e leggeri.
Le armature spesso avevano delle fogge e decorazioni al bulino e,
frequentemente, erano parzialmente verniciate.
Bordi e fregi erano spesso in oro, o dorati.
A partire dalla fine del XV secolo si diffuse anche l’abitudine
di incidere disegni decorativi con l’acido.
Tra gli elementi ornamentali c’era anche il cimiero del cavaliere,
a volte davvero ingombrante ed elaborato, che rendeva agevole
la sua identificazione sui campi di battaglia.
Tuttavia, a partire dal XIV secolo, si iniziarono a impiegare elmi meno ornati,
in particolare il bacinetto con visiera, nato in Italia,
con una celata ribaltabile sulla fronte,
per poi essere sostituito dalla incernieratura laterale, molto più pratica.

CONTADINI
L’abbigliamento tipico dei contadini era costituito da una camicia,
una tunica di lana, di lino o di canapa filata in casa,
che copriva anche i fianchi, un mantello,
talvolta foderato di pelle di montone. spesso con un cappuccio,
calzoni di tela grezza trattenuti in vita da una robusta cinghia di pelle.

Indossavano calze fabbricate con fasce di tela grossolana
zoccoli di legno o scarpe legate sopra la caviglia.



I vestiti erano di colore anonimo, grigio o scuro.
Le donne vestivano in maniera simile: portavano una lunga tunica,
grembiule, fazzoletto da testa, oppure un guarnello;
(una veste scollata e senza maniche), mantello, velo (o altro copricapo),
calze e scarpe (spesso zoccoli in legno).

Quando non erano occupate nei campi, erano impegnate
nei vari lavori domestici: accudire i figli, filare e tessere,
oppure curavano gli animali da cortile.
Di solito i contadini possedevano un abito da lavoro e uno da festa.
Di sovente la stessa veste veniva disfatta, ritagliata
e ricucita molte volte, per ricavarne maniche
o abiti per i bambini o regalati ai mendicanti.
Tutti portavano calze o calzamaglia di lana.



Invece della sopravveste intera, le donne spesso usavano
corsetti e gonne per poterli sostituire con minore spesa
quando si fossero logorati.
La biancheria intima era costituita da un ampio camiciotto di lino.
Gli abiti erano molto comodi per lavorare e dovevano durare anni.

ECCLESIASTICI
Nel Medioevo - come oggi - non tutti gli ecclesiastici svolgevano le stesse funzioni,
avevano lo stesso rango o la medesima importanza.
Il parroco che si occupava delle anime di una parrocchia,
il monaco che lavorava i campi, il frate che girava predicando di città in città,
il cardinale che a Roma partecipava al governo dello Stato pontificio
ed alle decisioni che riguardavano tutta la Cristianità
operavano in campi e a livelli diversi,
la loro azione si svolgeva sul piano spirituale, intellettuale, ma anche materiale.
E siccome nel Medioevo l'abito aveva un alto valore simbolico,
i diversi gruppi si differenziavano anche per la veste che indossavano.
Così, ad esempio, i Frati Minori o francescani indossavano
una tunica color grigio cinta in vita da una corda e sandali senza calze.

Questo perché Francesco - figlio di un ricco mercante -
 avendo deciso di vivere in povertà
aveva scelto di indossare un abito la cui forma ricordasse la croce
e che fosse realizzato con la stoffa più povera che esistesse,
cioè la lana grezza non tinta.
Anche per i monaci ed i frati di altri ordini
l'abito da indossare era stabilito dalla regola che seguivano
che ne fissava forma, tipo di stoffa e colori.
In ogni caso si trattava di abiti semplici ma funzionali,
adatti al lavoro anche manuale che essi dovevano affrontare.
Normalmente avevano calzature, calze
e due tuniche leggere per l'estate; lo stesso,
in tessuti pesanti, per la stagione fredda.
Se rivolgiamo lo sguardo alle più alte cariche della Chiesa
la situazione ci appare molto diversa.
Vescovi e cardinali provenivano spesso da famiglie ricche e potenti,
vivevano come signori e avevano numerosi poteri
sia spirituali che materiali.

Il vescovo, personaggio fondamentale della gerarchia ecclesiastica,
era a capo della cattedrale della città,
gestiva tutte le parrocchie, amministrava spesso
un ricco patrimonio fondiario, disponeva spesso di numerosi poteri
di autorità, giurisdizione e amministrazione
su tutti i cristiani della sua diocesi.
In alcuni casi non era solo capo spirituale della diocesi,
ma anche principe e governava il territorio.

Il cardinale, poi, era il vero principe della Chiesa
- e spesso proveniva da famiglie di re, principi, o nobili di alto rango
e aveva ricevuto il titolo in giovane o giovanissima età -
viveva in lussuosi palazzi e aveva una piccola corte.
Tutti questi signori ecclesiastici esibivano sia nel modo di vivere,
sia nel vestire, un lusso poco "adatto" al loro ruolo di capi spirituali.
Si circondavano di un seguito di cavalieri riccamente vestiti
con stoffe preziose che spesso riproducevano i colori
dello stemma familiare del loro signore.
Nella vita pubblica indossavano l'abito ecclesiastico,
che nel caso dei cardinali era rosso,
ma spesso anche abiti preziosi e gioielli di gran valore.
Nelle loro abitazioni si comportavano come principi.
Ma non dobbiamo dimenticare che si deve a loro, la realizzazione
di alcuni dei più grandi capolavori artistici del basso Medioevo e del Rinascimento:
come quelli ad esempio commissionati da papa Leone X,
figlio del signore di Firenze Lorenzo il Magnifico,
cardinale a soli 15 anni e papa a 38.



Sconosciuto era l’uso del fazzoletto
che anche presso gli antichi non aveva mai avuto grande fortuna
poiché fin dai tempi di Cesare il naso si soffiava con le dita.
Per i Greci, poi, nettarsi il naso con una pezzuola
era considerato addirittura sconcio, incompatibile con l’igiene ed il galateo.
Il fazzoletto fu una conquista del Rinascimento
sebbene anche allora il popolo preferisse
ricorrere alle dita o ai lembi della blusa.





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