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FEUDALESIMO E CLASSI SOCIALI


L'Alto Medioevo, cioè i secoli che vanno
dalla caduta dell’impero romano all’anno mille,
fu un periodo di cambiamenti, scontri, conquiste,
contraddistinto da squilibri politici, sociali ed economici.
La terra apparteneva tutta all'Imperatore,
che, però, non era in grado di controllare tutto il territorio.
Fu per questo che Carlo Magno diede inizio all'istituto del feudalesimo,
cioè ad una forma di legame fra il sovrano e un suo fedele,
attraverso la donazione di molti territori (marche e contee)
a marchesi e conti, per favorire, con questo decentramento,
l'amministrazione stessa dell'immenso Impero.
La società feudale assunse l'aspetto di una grande piramide
con al vertice il re, al centro i feudatari e alla base i servi della gleba.

Il sistema feudale nacque quindi dall' esigenza di colmare
i vuoti di potere che si creavano in zone lontane
da quelle in cui risiedeva il potere centrale
. Con il rito della immixtio manuum (commistione delle mani)
il vassallo si legava al monarca, affidandogli la propria persona.
Il vassallo diventava così il responsabile di un feudo, acquisendo
il diritto di goderne i frutti ed i benefici, in altre parole
il comando delle terre, dei braccianti e dei castelli.
In cambio il vassallo garantiva piena obbedienza al Re.

Elementi costitutivi del feudalesimo furono:
il vassallaggio, il beneficio e l'immunità.

Vassallaggio
Il vassallaggio era il particolare rapporto di subordinazione
tra protettore e protetto.
Il vassallo prometteva aiuto e consiglio
mentre il signore prometteva di difenderlo dai nemici
e di assisterlo in eventuali cause giudiziarie.
Il rapporto era vitalizio ma poteva rompersi
nel caso che uno dei due contraenti fosse venuto meno
ai propri obblighi (tale mancanza era definita fellonia).
L'aiuto promesso dal vassallo consisteva nel servizio militare a cavallo,
che raramente poteva essere sostituito
dal pagamento di una somma di denaro.
Il vassallo era tenuto anche, a un aiuto in denaro,
 nel caso in cui si dovesse riscattare
il padrone prigioniero o se ne dovesse finanziare
un viaggio in Terra Santa.

Il consiglio consisteva nell'obbligo di presentarsi al signore
in caso di chiamata, che solitamente avveniva per giudicare
delle cause o per sentire un parere su un qualsiasi argomento.

Beneficio
Il beneficio consisteva nella concessione di un bene (res),
solitamente una terra o un incarico.

Immunità
L'immunità era l'esenzione dal pagamento di alcune tasse
personali o patrimoniali, ma nel Medioevo,
divenne anche la concessione
elargita dal re a privati o enti ecclesiastici
di esigere tasse o esercitare la giustizia.

Il rapporto fra signore e vassallo avveniva
mediante una cerimonia chiamata investitura,
che era una vera e propria cerimonia che si divideva in tre fasi:
la prova, l'omaggio, il bacio

Prova
Il re appoggiava la spada sulla spalla del vassallo,
e gli assestava un colpo forte sulla spalla per assicurarsi
delle  capacità acquisite durante l'addestramento militare.

Omaggio
Il re prendeva le mani del vassallo (se aveva superato la prova precedente).
Con questo gesto il vassallo affidava la propria vita nelle  mani del re.

Bacio
Il re, con il bacio, prometteva al vassallo
di proteggerlo nel corso di tutta la sua vita.
Dapprincipio il rapporto fu solo fra re e vassallo,
ma poi con il tempo, i vassalli a loro volta nominarono i valvassori,
altri nobili di rango inferiore, che diventavano loro fedeli
e gestivano parte dei possedimenti
e i valvassori, se avevano terreno a sufficienza,
nominarono i valvassini.

Questa ragnatela di potere permise di controllare
il territorio e di padroneggiare la servitù della gleba.

Nel Medioevo la società, in gran parte, era statica
e di solito divisa in modo funzionale.
Era composta da tre classi sociali o ceti:
clero, nobiltà, terzo stato (popolo).
Clero e nobiltà erano poco numerosi; circa il 4% della popolazione totale,
ma la loro funzione sociale faceva sì che avessero
un peso politico notevole all’interno dello Stato.
Secondo l'idea medievale, l'ordine sociale
era stato dato da Dio e ciò significava
che ognuno nasceva e doveva restare nel suo ceto.
Un'ascesa era molto difficile
e generalmente non era possibile,
perché avrebbe violato l'ordine voluto da Dio.
Merito o ricchezza avevano poca influenza,
in quanto il posto nella società era assegnato alla nascita.
La nobiltà e il clero dominavano sui contadini
e vivevano con i loro tributi in quanto questa era la "volontà di Dio".
In quasi tutti i paesi europei poi,
esisteva un'ulteriore suddivisione all'interno delle classi.
La posizione del singolo dipendeva infatti
da diversi fattori: la professione e l'appartenenza ad una corporazione,
la posizione all'interno della famiglia (es. capofamiglia),
il ruolo all'interno della comunità (giudice, membro del consiglio,
cittadino, semplice abitante).
Al vertice della piramide si trovavano
i principi e il sovrano (re o imperatore) e,
per il clero, i vescovi e il papa.
Il terzo stato comprendeva la gran parte della popolazione,
che disponeva di pochissimi o nessun diritto.

CLERO

Il clero costituiva la prima classe della società medioevale.
Fondamentalmente  si divideva in clero secolare e in clero regolare.
Il clero secolare dipendeva direttamente dal vescovo e viveva in parrocchie,
il clero regolare era costituito dai religiosi che abitavano in conventi
e appartenevano ai diversi ordini e congregazioni religiose.
La gerarchia ecclesiastica si componeva, in senso stretto, solo di tre gradi:
il Papa, i vescovi e i parroci.
Tuttavia la Chiesa presto elaborò diversi altri gradi,
come i patriarchi e cardinali, arcivescovi, monsignori e canonici.

I patriarchi erano generalmente arcivescovi di sedi molto antiche,
che per qualche tempo erano stati alla guida
di determinate regioni o paesi, specialmente nelle Chiese Orientali.



I canonici costituivano una specie di senato del vescovo
per il governo della diocesi.

Quanto al clero regolare, le organizzazioni dei diversi ordini religiosi
variavano, ma, in  generale, ubbidivano a principi comuni.
Vi era il generale dell’Ordine, che era l’autorità massima,
dal momento che abbracciava tutti i paesi nei quali l’Ordine si era diffuso.
Sotto di lui stavano i provinciali, con giurisdizione sulle case dell’Ordine,
in un paese, oppure in alcune regioni di un paese.
Infine, i superiori delle diverse case dell’Ordine,
individualmente considerate.
Ogni casa religiosa, poi, era composta da sacerdoti
e semplici fratelli laici.

Nel clero si entrava con gli ordini sacri
(voti di povertà, castità e obbedienza ai superiori)
e anche una persona di umili origini poteva aspirare ai massimi gradi
della scala gerarchica ecclesiastica.
Il clero godeva di particolari privilegi: non pagava le tasse
o le pagava in minima parte, aveva diritto a una giurisdizione particolare
che lo rendeva immune dalla giustizia e dai tribunali dello Stato,
i luoghi sacri del clero godevano di immunità (diritto d’asilo).

Le rendite economiche del clero derivavano in particolare
dalla “manomorta ecclesiastica” che consisteva nel complesso
dei possedimenti che la Chiesa aveva accumulato nel corso dei secoli,
in seguito a donazioni testamentarie, soprattutto beni immobili e terre.
Siccome questi beni non venivano quasi mai venduti,
era come se rimanessero nella mano di un morto
da cui il termine “manomorta”.
Altra forma di sostentamento per il clero era la “decima”
ossia una quota-parte corrispondente ad un decimo del raccolto
che i contadini della zona dovevano versare per il mantenimento del parroco locale.

NOBILTA'

La nobiltà costituiva la seconda classe della società medioevale.
La sua organizzazione era simile a quella del clero,
non per essere stata copiata, ma perché corrispondeva
al modello ideale di una società gerarchizzata,
com’era quella dell’epoca.

Al vertice stava il re, come capo dello Stato.
Sotto di lui, in ordine decrescente,
i diversi gradi gerarchici della nobiltà:
duchi, marchesi, conti, visconti, baroni.
Vi erano poi titoli che indicavano la posizione
all’interno di una famiglia reale,
come principi, granduchi, arciduchi, infanti e così via.
Al di sopra del re, come titolare
della carica più elevata della Cristianità,
stava l’imperatore del Sacro Romano Impero .

L’appartenenza alla nobiltà era data dal titolo e dalla ricchezza
fondata quasi esclusivamente sul possesso della terra (feudo),
considerata al tempo la vera ricchezza.

Il fondamento economico e il prestigio sociale del nobile
non erano determinati, però, solo dal possesso della terra,
ma dal fatto che il nobile vantava all’interno del suo feudo
dei “diritti di signoria”; poteva cioè:
esigere tributi in denaro dagli abitanti del suo feudo,
ma era tenuto a doveri di assistenza e di tutela nei loro confronti;
aveva il diritto di caccia, di pesca e di erigere mulini o frantoi.

Siccome il nobile non poteva lavorare, doveva vivere di rendita
grazie al feudo e la sua rendita doveva essere tale da consentirgli
un tenore di vita improntato alla magnificenza e al lusso.
Per questo il feudo doveva essere trasmesso integralmente
al figlio maschio maggiore escludendo dall’eredità
gli altri figli “cadetti” che venivano immessi nelle forze armate,
nella diplomazia, nella carriera amministrativa o nel clero se maschi,
mentre le femmine venivano date in matrimonio
o messe in convento (monacazione forzata).
In base alla legge del “fedecommesso”
chi era nominato erede di un patrimonio feudale
non poteva venderlo nemmeno in parte, non poteva dividerlo
e doveva trasmetterlo integralmente al figlio maggiore dopo la sua morte.
I privilegi dei nobili erano numerosi: il nobile non poteva essere privato
del suo titolo eccetto che per gravi motivi,
non poteva essere posto a tassazione se non in modo parziale,
in caso di reato era giudicato da tribunali composti di soli nobili,
era esente dalla tortura come pratica investigativa
e dalle pene infamanti, aveva la facoltà di portare armi in pubblico,
poteva svolgere all’interno del suo feudo funzioni di polizia
e amministrare la bassa giustizia.
La famiglia del nobile poteva fregiarsi di stemmi,
insegne o appellativi onorifici.
All’interno della nobiltà esisteva una distinzione
tra grande e piccola nobiltà:
i grandi nobili erano molto pochi ma possedevano proprietà immense,
erano particolarmente ricchi e avevano accesso alla corte del sovrano;
i piccoli nobili possedeva proprietà di limitata estensione
e il loro prestigio sociale non superava i confini del proprio feudo.

POPOLO

Al terzo stato apparteneva la popolazione laica non nobile.
Era il ceto più numeroso e sosteneva per intero l’onere delle tasse.
Il popolo era formato da diverse categorie di persone.
Al suo interno era molto stratificato: si andava dall’alta borghesia
(ricchi banchieri, grandi mercanti, proprietari di terre, di miniere e di manifatture)
alla media borghesia (professionisti come medici, giudici, notai, avvocati,
ingegneri o mercanti locali) fino ad arrivare agli artigiani
come fabbri e falegnami, agli operai, ai minatori, ai contadini,
ai lavoratori senza mestiere specifico.

La borghesia, termine che deriva da “burgensis” ossia abitante del borgo,
era un gruppo sociale che doveva le sue fortune
alle attività economiche e allo svolgimento di professioni
come l’avvocatura e la medicina.
Una caratteristica della borghesia era la tendenza a nobilitarsi;
ricchi e potenti banchieri e imprenditori aspiravano ad ottenere titoli nobiliari.

I contadini costituivano un gruppo sociale molto numeroso,
visto che l’economia del tempo era esclusivamente agricola.
Vi erano contadini-servi e contadini personalmente liberi.
I contadini-servi coltivavano la proprietà terriera del nobile
ed erano fissati alla loro condizione ereditariamente,
non potevano abbandonare le terre nobiliari che lavoravano
e non potevano possedere beni materiali,
non potevano esercitare alcun’altra attività lavorativa.

I contadini personalmente liberi erano proprietari
di una parte variabile del territorio agricolo circostante il villaggio.
Non avevano la piena proprietà della terra coltivata,
in quanto dovevano corrispondere al nobile locale
tributi ordinari o straordinari in caso di vendita
o successione oppure dovevano lavorare gratuitamente,
per un certo numero di giorni, le terre del feudatario,
in occasione dell’aratura, della semina e del raccolto.
Questi obblighi prendevano il nome di “corvées”
parola francese che significa “opera richiesta”;
altre “corvées” erano dovute per la costruzione
e la manutenzione delle strade e delle opere in muratura del feudo.

Altri contadini-liberi coltivavano le terre ecclesiastiche prese in affitto
o sotto contratto di mezzadria.
Diversamente dai contadini-servi,
i contadini liberi avevano la possibilità di svolgere altri mestieri
quali tessitura e filatura della materia prima, fornita loro da mercanti
che compravano poi i prodotti finiti per rivenderli.

I contadini erano una massa di persone che vivevano costantemente
ai limiti della povertà; bastava un raccolto andato male
o una serie di annate sfavorevoli perché morissero di fame.
Ciò provocava rivolte o altre forme di protesta violenta.
Una menzione a parte meritano i servi della gleba
che erano servi che non avevano
il diritto di lasciare il luogo dove lavoravano.
Erano legati alla terra e non erano quindi, uomini liberi.
Nonostante questo, però, godevano di molti diritti.
Paradossalmente avevano il diritto
di rimanere nella terra ove lavoravano,
non potendo esserne espulsi dal signore.

Esercitavano anche una specie di diritto di proprietà sulla casa
in cui abitavano e su una parte delle terre che coltivavano.
Il loro tempo era diviso fra il lavoro nelle terre del signore
e nelle proprie terre, dei cui frutti vivevano.
Qualche volta beneficiavano anche di una percentuale
di quanto producevano nelle terre del signore.
Il  contratto di lavoro era ereditario e intoccabile.
Avevano diritto a costituire una famiglia
e potevano venire puniti fisicamente solo
in caso di comprovato cattivo comportamento.
Se il signore vendeva le terre che possedeva,
queste erano alienate insieme ai servi,
che non potevano esserne mandati via.
La servitù della gleba era uno stato intermedio
fra la schiavitù e la libertà.
Quando il Medioevo finì, non vi erano quasi più
servi della gleba in Europa, in quanto,
sotto l’influenza della Chiesa,
si era costituita una classe di uomini liberi.

Malgrado ciò, l’espressione, servo della gleba,
rimase in uso fino alla Rivoluzione Francese.
In quell'epoca,  quelli che si denominavano servi
erano i discendenti degli antichi servi della gleba,
ma erano proprietari delle terre che coltivavano
e pagavano ai nobili una piccola imposta per il fatto che,
in altri tempi, tali terre erano appartenute alla nobiltà.
L’origine storica dei servi della gleba risale all’epoca
delle invasioni barbariche,nei secoli IV e V,
quando l’Impero Romano d’Occidente si disgregò.
I proprietari di terre cominciarono a costruire fortificazioni
per proteggersi contro gl’invasori.
Allora coloro che non erano in condizioni di difendersi
dagli attacchi dei barbari, chiesero rifugio
in tali fortificazioni  che costituirono
la forma primitiva di quello che fu più tardi il castello medioevale.

I proprietari generalmente imponevano come condizione ai rifugiati
che questi coltivassero le terre in tempo di pace
e li aiutassero nella lotta contro gl’invasori in tempo di guerra.
S’istituì così un contratto del servo con il proprietario.
Nell’epoca in cui fu istituita, la servitù della gleba fu accettata
come qualcosa di naturale, frutto delle circostanze.
Infatti un signore, di fronte alle grandi orde che si spostavano,
necessitava di essere certo che la sua proprietà
avrebbe avuto un numero sufficiente di uomini per difenderla.
Per lui quindi era vantaggioso stipulare un contratto vitalizio e anche ereditario.
Allo stesso modo, era vantaggioso per i servi, i quali, spesso,
non erano uomini liberi, ma vecchi schiavi romani.

 

Ogni ordine sociale era arricchito da simboli espressivi,
I nobili usavano una corona, simbolo della giurisdizione territoriale.
Il semplice diadema, usato dai baroni, era già simbolo di autorità,
ma con l’aggiunta di altri simboli si elevava il grado.
I simboli erano ornamenti incastonati nel diadema
e indicavano il titolo del suo possessore.
La corona del re era chiusa in alto per indicare il potere sovrano,
ma con interstizi che mancavano in quella dell’imperatore.

I nobili inferiori al barone non avevano diritto alla corona.
Anche la gerarchia clericale era piena di simboli.
La corona papale, la tiara, è una sovrapposizione di tre corone
su di una copertura completamente chiusa.
Allo stesso modo variavano, in colori e in ornamenti,
i copricapo dei cardinali, degli arcivescovi, dei vescovi e dei sacerdoti.

Vi erano ancora altri simboli, come il pastorale dell’abate,
curvato verso l’interno a rappresentare la sua autorità nell’abbazia.
Diversamente dal vescovo, il cui pastorale era curvato verso l’esterno
per indicare la sua autorità all'esterno.

La curvatura sulla punta del pastorale era segno di sottomissione al Papa,
che usava un pastorale senza nessuna curvatura, simbolo della sua autorità suprema.

 





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