Privacy Policy MEDIOEVO MEDICINA: SCUOLA SALERNITANA


 
 
 

 

MEDICINA

SCUOLA SALERNITANA e MULIERES SALERNITANAE

La Scuola Medica Salernitana è stata la prima e più importante
istituzione medica d'Europa nel Medioevo (XI secolo);
come tale è considerata da molti come l'antesignana delle moderne università.
La Scuola si fondava sulla sintesi della tradizione greco-latina con
 nozioni provenienti dalle culture araba ed ebraica.
Essa rappresenta un momento fondamentale nella storia della medicina
per le innovazioni che introduce nel metodo e nell'impostazione della profilassi.
L'approccio era basato fondamentalmente sulla pratica e sull'esperienza,
aprendo così la strada al metodo empirico e alla cultura della prevenzione.
Di particolare importanza, dal punto di vista culturale, è anche il ruolo
svolto dalle donne nella pratica e nell'insegnamento della medicina.
Le donne che insegnarono e operarono nella scuola
erano chiamate Mulieres Salernitanae.
Tra le personalità di spicco sono tramandati i nomi di Trotula de Ruggiero,
Rebecca Guarna, Abella Salernitana, Mercuriade, Costanza Calenda.
Dall'Historia Ecclesiastica di Orderico Vitale, sappiamo che tra le donne
educate nell'ambiente medico salernitano, è da annoverare anche
Sichelgaita di Salerno, seconda moglie di Roberto il Guiscardo.
Si tramanda inoltre. come illustrato in una miniatura
de "Il canone della medicina di Avicenna",
che il duca di Normandia Roberto II (figlio di Guglielmo il Conquistatore),
colpito da una freccia avvelenata in Terrasanta, durante la prima crociata,
fu salvato dalla moglie Sibilla di Conversano, che estrasse il sangue dalla ferita,
succhiandolo con la bocca, secondo gli insegnamenti
appresi dai medici salernitani, sacrificando la propria vita.
La miniatura raffigura la sepoltura di Sibilla
e il corteo gratulatorio di Roberto.

La fondazione della scuola risale all'Alto Medioevo e non vi è nessun documento
che possa certificare con precisione una data di riferimento.
La tradizione, tuttavia, lega la nascita della scuola all'evento narrato da una leggenda.
Si racconta che un pellegrino greco di nome Pontus si fermò nella città di Salerno
e trovò rifugio per la notte sotto gli archi dell'antico acquedotto dell'Arce.
Scoppiò un temporale e un altro viandante malandato, il latino Salernus,
si riparò nello stesso luogo; costui era ferito e il greco, dapprima sospettoso,
si avvicinò per osservare da vicino le medicazioni che il latino praticava alla sua ferita.
Nel frattempo giunsero altri due viandanti: l'ebreo Helinus e l'arabo Abdela.
Anche essi si dimostrarono interessati alla ferita e alla fine si scoprì
che tutti e quattro si occupavano di medicina.
Decisero allora di creare un sodalizio e di dare vita a una scuola
dove le loro conoscenze potessero essere raccolte e divulgate.
Solo nel 1200 la scuola salernitana si confrontò con altri centri culturali
e in particolare con l'Università di Bologna dove, inoltre, si riprese
l'attività di anatomia tramite il medico Mondino de Liuzzi, che fu il primo
a portare, in un'aula scolastica, un cadavere per la dissezione a scopo didattico.

TROTULA DE RUGGIERO

Trotula de Ruggiero, conosciuta anche con il nome di Trottula,
chiamata anche Sanatrix Salernitana (guaritrice di Salerno)
è stata un medico italiano che, nell'XI secolo, operò
nell'ambito della scuola medica salernitana.
Le viene attribuito, pur con qualche controversia, il trattato
"De passionibus mulierum ante in et post partum.

Nacque a Salerno attorno al 1050, dalla nobile famiglia De Ruggiero,
famosa al suo tempo, per aver donato a Roberto il Guiscardo
parte dei propri averi per la costruzione del Duomo di Salerno.
Grazie alle sue origini, Trotula ebbe l'opportunità
di intraprendere studi superiori e di medicina.
Sposò il medico Giovanni Plateario, da cui ebbe due figli: Giovanni junior e Matteo,
che proseguirono l'attività dei genitori e sono ricordati come Magistri Platearii.
Trotula è la più nota tra le mulieres Salernitanae e la sua figura
fu celebre nel Medioevo in tutta Europa, in particolar modo
per gli studi legati alla sfera femminile.
Le opere di Trotula sulle malattie femminili sono state
le prime alla base della moderna medicina.
La sua competenza si allargava anche alla chirurgia e alla cosmesi.
Trotula ebbe idee innovative sotto molti aspetti.
Fra gli aspetti principale della medicina
considerava fondamentale la prevenzione
e propagava nuovi e per l'epoca insoliti metodi,
sottolineando l'importanza che l'igiene, l'alimentazione equilibrata
e l'attività fisica rivestono per la salute.
Fondamentale era anche un'accurata anamnesi del malato
al fine d’individuare la giusta terapia ed evitare l’intervento chirurgico,
spesso erroneamente prospettato o attuato dai suoi colleghi maschi.
Non ricorse quasi mai a pratiche medievali rivolte
all'astrologia, alla preghiera e alla magia.
In caso di malattia consigliava trattamenti dolci
che includevano bagni e massaggi, in luogo
dei metodi radicali spesso utilizzati a quel tempo,
come si evidenzia dalla lettura del passo seguente:

"…Poiché, infatti, si doveva praticare un’ incisione a una ragazza che,
appunto per un gonfiore del genere, minacciava una lacerazione,
Trotula, dopo averla visitata, rimase assai stupita…
La fece venire dunque a casa sua per scoprire
in un luogo appartato la causa del disturbo…
Avendo individuato che il dolore non era causato
da una lacerazione o da un ingrossamento dell’utero,
ma dal gonfiore, le fece preparare un bagno con un infuso
di malva e paritaria, ve la fece entrare e le massaggiò
la parte più volte e assai dolcemente per ammorbidire.
La fece restare a lungo nel bagno e, quando ne uscì,
le preparò un impiastro di succo di tasso barbasso,
di rapa selvatica e di farina d’orzo e lo applicò
ben caldo per far sparire il gonfiore.
Quindi le prescrisse un secondo bagno  e la ragazza guarì".
I suoi consigli erano di facile applicazione
e accessibili anche alle persone meno abbienti.
Le sue conoscenze in campo ginecologico furono eccezionali
e molte donne ricorrevano alle sue cure.
Fece nuove scoperte anche nel campo dell'ostetricia
e delle malattie sessuali. e cercò nuovi metodi per rendere
il parto meno doloroso e per il controllo delle nascite.

Si occupò del problema dell'infertilità, cercandone le cause
 non soltanto nelle donne ma anche negli uomini,
in contrasto con le teorie mediche dell'epoca.
Annotò queste scoperte nella sua opera più conosciuta
il De passionibus Mulierum Curandarum (Sulle malattie delle donne),
divenuto successivamente famoso col nome di Trotula Major,
che venne  pubblicato insieme al De Ornatu Mulierum (Sui cosmetici),
un trattato sulle malattie della pelle e sulla loro cura, detto Trotula Minor.

I due testi erano scritti in latino medievale, una lingua diffusa in tutta l'Europa.
Il primo le fu richiesto da una nobildonna e si rivolgeva alle donne,
“ché non parlano volentieri delle loro malattie agli uomini, per un sentimento di pudore”.
La trattazione risulta straordinaria anche perché, per la prima volta, un medico
parla esplicitamente di argomenti sessuali, senza  nessun accento moralistico.
Un vero e proprio manuale di ostetricia, ginecologia e puericultura,
il primo trattato sistematico di ginecologia attribuibile
a una donna, in cui i rimedi e le prescrizioni, talvolta molto semplici,
 riguardavano le malattie delle donne ed aspetti squisitamente
 femminili come il ciclo mensile, la gravidanza, il parto,
 i rischi del parto, l’allattamento, le difficoltà del concepimento,
i disturbi fisiologici, le malattie dell’utero, l’isteria, ma che offriva
consigli e suggerimenti su malesseri anche degli uomini,
come il vomito, le malattie della pelle e persino i morsi del serpente.

Scrive Trotula:
"Siccome tali organi sono collocati in parti intime, le donne, per pudore
e per innata riservatezza, non osano rivelare a un medico maschio
le sofferenze procurate da queste indisposizioni.
Perciò la compassione per questa loro disgrazia e, soprattutto
la sollecitazione di una nobildonna, mi hanno indotto
a esaminare in modo più approfondito, le indisposizioni
che colpiscono più frequentemente il sesso femminile.
Dunque, poiché le donne non hanno calore sufficiente
a prosciugare l'eccedenza di umori cattivi che si formano
quotidianamente in loro e poiché l'innata fragilità non consente loro
di sopportare lo sforzo di espellerli naturalmente attraverso il sudore,
come fanno gli uomini, allora la natura stessa, in mancanza del calore,
ha assegnato loro una forma speciale di purificazione,
cioè le mestruazioni,che la gente comune chiama "i fiori".
Infatti come gli alberi senza fiori non producono frutti,
così le donne senza i propri fiori sono private della facoltà di concepire".
 Questo passo è tratto dal prologo del De passionibus
mulierum ante, in et post partum, l’opera più importante di Trotula.
Trotula, in osservanza dell’insegnamento del padre
della medicina antica, Ippocrate,scrive inoltre:
"Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze
e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno ed offesa".
Attenta alle afflizioni delle donne, si adoprava sempre
per il giovamento del corpo, penetrando nei loro più intimi segreti,
procurando, con garbo e discrezione, di offrire un rimedio
per ogni tipo di disturbo che le affliggesse,senza pregiudizi
e preconcetti, senza scandalizzarsi su quelli che avrebbero disturbato
la morale del tempo, come descritto, ad esempio, nel capitolo De virginitate
 restituendo sophistice (Come ripristinare ingannevolmente la verginità),
in cui offre consigli per sembrare vergini, a chi in tale stato più non si trovava
o quello in cui spiega come apportare sollievo ai problemi delle vergini
o delle vedove private della regolare attività sessuale:
"Ci sono donne cui non sono consentiti rapporti sessuali, vuoi perché
 hanno fatto voto di castità,vuoi perché sono legate
dalla condizione religiosa, vuoi perché sono rimaste vedove.
A certune, infatti, non è consentito di cambiare condizione e poiché,
pur desiderando il rapporto sessuale, non lo praticano,
sono soggette a gravi infermità.
Per esse dunque si provveda in questo modo: prendi del cotone
imbevuto di olio di muschio o di menta e applicalo sulla vulva.
Nel caso che tu non disponga di quest’olio, prendi della trifora magna e scioglila
in un po’ di vino caldo e applicalo sulla vulva con un batuffolo di cotone o di lana.
Questo infatti è un buon calmante e smorza
il desiderio sessuale placando dolore e prurito".

Sempre nel “De Mulierum passionibus” sono condensati una serie
di ammaestramenti, di regole e di rimedi rivolti alla gestante, alla partoriente
e alla puerpera ai fini di una buona riuscita della gravidanza.
L’ultima parte del testo, riguarda una serie di suggerimenti atti
a ricostruire il benessere fisico e psichico della donna e del suo bambino,
attraverso la descrizione di alcuni metodi e alcuni accorgimenti atti
a preservare la salute del neonato e del bambino, uno spaccato di procedure
comunemente eseguite all’epoca evidentemente validate dall’esperienza.
Eccone alcune:
"Il cordone ombelicale sia reciso a tre dita dall’addome
Appena nato si tenga il bambino con gli occhi coperti
e non lo si esponga in luoghi luminosi.
Il bambino venga spesso strofinato e tutte le sue membra
vengano racchiuse in fasce affinché crescano dritte
Vicino a lui si pronuncino cantilene e parole facili,
mai cantare con voce aspra o rauca
La nutrice deve essere giovane, di colorito chiaro, bianco e rosso,
non troppo vicina né troppo lontana al parto, non deve avere mammelle
troppo piccole né troppo grandi, ma il petto ampio e sia moderatamente grassa.
Quando è giunto il momento di mettere i denti, gli si strofinino ogni giorno
le gengive con burro e grasso di gallina e le si ammorbidiscano con acqua d’orzo.
Quando comincerà a mangiare si diano al bambino dei bastoncini
a forma di ghianda fatti di zucchero e simili e latte,
da poterli tenere in mano e giocarci, succhiarli e inghiottire qualcosa.
Lo si nutra con petto di pollo, di fagiano e di pernice
e quando ha cominciato a mangiare bene, si cominci a sostituire
il latte delle mammelle, non permettendo che la notte succhi
e osservando bene che non venga svezzato nella stagione calda.
.Per la malattia dei bambini quale può essere
una tosse violenta così interveniamo:
prendi issopo e timo, fai un decotto col vino e dà da bere.
Oppure stemperiamo bacche di ginepro con vino e diamo da bere.
Quando nei bambini compaiono piccole pustole, bisogna romperle
con sale tritato e fasciare affinché guariscano.
A questi bambini non bisogna dare cibi grassi o dolci".
Nel XIII secolo le idee e i trattamenti di Trotula erano conosciuti in tutta l'Europa
Nel Trotula Minor, il cui vero titolo è De ornatu mulierum (Come rendere belle le donne)
l'autrice si occupa della bellezza: scrive di rimedi per il corpo,
di pomate e di erbe medicamentose per il viso ed i capelli e dispensa consigli
su come migliorare lo stato fisico con bagni e massaggi.
Questo argomento non rappresenta un aspetto frivolo dei suoi testi,
ma si ispira alla sua arte medica: la bellezza
è il segno di un corpo sano e dell'armonia con l'universo.
Scrive Trotula:
"Le donne di Salerno pongono una radice di vitalba nel miele
e poi con questo miele si ungono il viso, che assume uno splendido colore rosato.
Altre volte per truccarsi il viso e le labbra ricorrono a miele raffinato,
a cui aggiungono vitalba, cetriolo e un po' di acqua di rose.
Fa' bollire tutti questi ingredienti fino a consumarne la metà
e con l'unguento ottenuto ungi le labbra durante la notte,
lavandole poi al mattino con acqua calda.
Questo rassoda la pelle delle labbra e la rende sottile e morbidissima,
preservandola da qualsiasi screpolatura, se essa è già screpolata, la guarisce.
Se poi una donna vorrà truccarsi le labbra, le strofini
con corteccia di radici di noce, coprendosi i denti e le gengive
con del cotone;poi lo intinga in un colore artificiale  e con esso
si unga le labbra e l'interno delle gengive.
Il colore artificiale va preparato così: prendi quell'alga con cui i Saraceni
tingono le pelli di verde, falla bollire in un vaso d'argilla nuovo
con del bianco d'uovo finché sarà ridotta a un terzo,
poi colala e aggiungi prezzemolo tagliato a pezzetti,
fa' bollire di nuovo e lascia di nuovo raffreddare.
Quando sarà il momento, aggiungi polvere di allume,
mettilo in un'anfora d'oro o di vetro e conservalo per l'uso".
Questo era il modo in cui si truccavano il viso le donne saracene:
quando l'unguento si era asciugato, per schiarire il viso
vi applicavano qualcuna delle sostanze suddette, come l'unguento di cera e olio
o qualcos'altro, e ne risultava un bellissimo colore, misto di bianco e rosato.
Citando spesso come fonte autorevole le mulieres Salernitanae,
oltre ad impartire insegnamenti sul trucco, suggeriva come eliminare le rughe,
il gonfiore dal volto, le borse dagli occhi, i peli superflui e
come rendere la pelle bianca e rosea privandola di lentiggini e impurità,
 far tornare i denti candidi e guarire le screpolature di labbra e gengive.
I suoi scritti vennero utilizzati fino al XVI secolo come testi classici
presso le Scuole di medicina più rinomate.
Il Trotula Maior, in particolare, venne trascritto più volte
nel corso del tempo subendo numerose modificazioni, inoltre,
come altri testi scritti da una donna, venne impropriamente attribuito
ad autori di sesso maschile: ad un anonimo, al marito
e a un fantomatico medico “Trottus”.
Sapiens matrona (secondo la leggenda anche una delle donne
più belle del tempo), il suo funerale, avvenuto nel 1097,
sarebbe stato seguito da una coda di 3 chilometri.
Della sua competenza si legge nella Storia ecclesiastica del monaco
anglo-normanno Orderico Vitale (III, pp. 28 e 76 Chibnall, vol. II)
a proposito di Rodolfo Malacorona, un nobile normanno che aveva compiuto
studi di medicina in Francia, che, giunto in visita a Salerno nel 1059,
“non trovò alcuno che fosse in grado di tenergli testa nella scienza medica
tranne una nobildonna assai colta”.
Nel XIX secolo alcuni storici, tra cui il tedesco Karl Sudhoff, negarono
la possibilità che una donna avesse potuto scrivere un'opera così importante
e cancellarono la presenza di Trotula dalla storia della medicina.
La sua esistenza fu però recuperata, con gli studi di fine Ottocento,
dagli storici italiani per i quali l'autorità di Trotula e l'autenticità
delle Mulieres Salernitanae sono sempre state incontestabili.

REBECCA GUARNA

Di questo medico  si sa poco.
Operò nell'ambito della Scuola Medica Salernitana
e fu autrice di opere sulle febbri, sulle orine e sull'embrione.

ABELLA di CASTELLAMATA
detta Abella Salernitana

Pubblicò due trattati:
De atrabile (Sulla bile nera),
e De natura seminis humani (Sulla natura del seme umano).
Di queste opere si è persa traccia e il contenuto non è sopravvissuto fino ai nostri giorni.

SICHELGAITA DI SALERNO

Sichelgaita di Salerno (1036 – 16 aprile 1090) è stata una principessa
longobarda,  seconda moglie di Roberto il Guiscardo.
Figlia di Guaimario IV, principe di Salerno, sposò Roberto il Guiscardo
nel 1058, dopo il divorzio di quest'ultimo dalla prima moglie
Alberada, attribuito a sospetti di consanguineità.
Il fratello di Sichelgaita, il principe Gisulfo II, manifestò un ostinato
rifiuto alle nozze, che furono comunque  celebrate.
Donna di grande cultura e fermo carattere, seppe affermare la propria
personalità a corte ed esercitare una notevole influenza
sull'energico marito, che accompagnò spesso nei suoi viaggi di conquista.
Si dedicò allo studio della medicina e dell'erboristeria
presso la Scuola medica salernitana che all'epoca rappresentava
un polo di eccellenza nel campo medico-officinale.
Tuttavia le sue conoscenze le costarono un'infamante accusa:
quella di aver tentato di avvelenare il figlio che Roberto
aveva avuto dal primo matrimonio, Boemondo di Taranto.

 



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