Privacy Policy MEDIOEVO MUSICA


 

LA MUSICA

Nel Medioevo la musica rivestì un ruolo di fondamentale importanza
sia in campo religioso e liturgico, sia in campo popolare e profano.
Essa era considerata una scienza in stretta connessione
con la matematica e l'astronomia, ovvero, si pensava che ci fosse
una corrispondenza tra i suoni e il moto dei pianeti nello spazio.
In questo periodo si pensava che la musica avesse il potere
di influenzare lo stato d'animo e il carattere di chi la ascoltava.
Durante le persecuzioni contro i cristiani, la musica fu anche
un modo di testimoniare la propria fede.
Cessate le persecuzioni, con l’Editto di Milano del 313,
che sanciva la pace tra la Chiesa e l’Impero, la religione cristiana
ebbe modo di manifestarsi liberamente e apertamente al culto,
e la musica, di conseguenza, fu molto valorizzata come parte integrante
della liturgia della messa e di tutte le cerimonie religiose.

Con l’introduzione, nell'anno 321, della domenica come giorno festivo
per i cristiani, le esigenze del culto aumentarono e di pari passo
anche la musica sacra acquistò maggiore importanza.

Nel primo Medioevo, travagliato da invasioni, guerre fratricide,
epidemie, carestie e distruzioni, solamente la Chiesa godeva
di una relativa tranquillità ed ad essa toccò il compito
di salvare tutto ciò che vi era di culturalmente valido.
Nelle biblioteche dei vescovati e dei monasteri
fiorirono e si tramandarono gli studi e le pratiche religiose
accanto alle conoscenze scientifiche ed artistiche.

Si potevano classificare due generi di musica: la musica classica,
che ispirava tranquillità ed elevamento spirituale,
e la musica romantica, che ispirava invece entusiasmo ed eccitazione.

La musica era una delle componenti principali dell'istruzione pubblica.
Nelle scuole infatti, gli studenti praticavano la ginnastica
per la disciplina del corpo e studiavano la musica
per la disciplina della mente.
Nei conventi invece, la musica faceva parte del quadrivium
con l'aritmetica, la geometria e l'astronomia ed era insegnata
in modo fondamentalmente pratico e a livello elementare.
Gli studenti imparavano ad intonare i diversi intervalli,
a memorizzare i canti e a leggere le note a prima vista.

Fu nel Medioevo che nacque la Schola Cantorum, formata
da cantori e insegnanti con il compito di istruire
uomini e ragazzi come musici ecclesiastici.
Essa prende il nome dal recinto, detto appunto
"schola cantorum", in cui si raccoglievano salmisti o cantori,
coloro cioè che intonavano la prima parte dei salmi
cui seguiva poi il canto dei fedeli.
Il recinto era collocato sull'estremità della navata principale
in prossimità o a contatto del santuario col quale poteva
comunicare mediante una porta detta "santa".

Il medioevo è un'epoca che copre quasi 1000 anni di storia:
va infatti all'incirca dalla fine del V secolo d.C. fino al XV secolo.
Questo lungo periodo storico è ricchissimo di musica.
Tuttavia nella maggior parte dei casi questa musica
non aveva la funzione che noi moderni le attribuiamo.
La musica medievale, come quella antica, è ancora, in buona parte,
musica di "vita", da suonare per accompagnare un lavoro,
una battaglia, un banchetto, una festa o una celebrazione.
In generale possiamo dire che la musica medievale, che va
dal VI all'XI sec. d.C., aveva le seguenti caratteristiche:
 le melodie erano improvvisate, infatti non vi era
 distinzione fra compositore ed esecutore,
ed erano quasi sempre associate a un testo
o alla danza o a tutti e due gli elementi.
Per questo motivo, spesso, le esecuzioni musicali
erano eseguite da cantanti che accompagnavano la loro melodia
con i movimenti di prescritte figurazioni di danza.

La musica poi, essendo destinata a essere eseguita una sola volta,
non aveva bisogno di essere scritta e tramandata ai posteri.
Questo è il motivo principale per cui della musica medievale
si hanno pochi documenti.
Così non era per la musica sacra, poiché le varie cerimonie religiose
dovevano resistere a lungo ed erano ripetute nel tempo.
Anche la musica sacra aveva uno scopo: quello di arricchire
la preghiera e darle più importanza.
I primi canti religiosi erano quasi parlati e si ispiravano ai testi biblici.
In seguito, nel IV secolo, si diffusero altri tipi di musica religiosa
tra i quali "l'inno" che, data la sua facilità melodica, si diffuse facilmente.
L’inno è una forma di canto religioso nato in Asia minore nel II-III secolo
che in occidente si diffuse a partire dal IV secolo,
soprattutto ad opera di Sant’Ambrogio, vescovo di Milano,
che compose alcuni inni ancora oggi in uso nella chiesa milanese.
Gli inni erano destinati ad essere eseguiti da tutti i
fedeli, quindi erano particolarmente facili da cantare.
In Occidente si  svilupparono tradizioni liturgiche locali
e anche il canto religioso si  sviluppò,
ma con diverse caratteristiche in base alla regione.
Per esempio a Roma il canto religioso si ispirò alla musica ebraica e greca.
Qui alcuni pontefici tra cui papa Gregorio Magno (590-604)
fecero una revisione dei canti liturgici.
Sotto il suo pontificato si operò una scelta di canti
strettamente aderenti alla liturgia cattolica e,
dove questi mancavano, se ne crearono di nuovi.

Dall'evoluzione del canto religioso romano nacque il Canto gregoriano
che prese il nome proprio da Gregorio Magno.
Questo tipo di canto codificato dal papa, divenne
un vero e proprio modello di austerità e di perfezione liturgica.

Il canto gregoriano, dal punto di vista musicale vero e proprio,
consisteva in melodie molto semplici e ad ogni sillaba del testo
corrispondeva una nota: l’unica eccezione era costituita
dalle finali che potevano essere arricchite da più note.
Molto diffuso, ad esempio, era il canto dei Salmi della Bibbia.
 Questo tipo di canto veniva chiamato salmodia.
Se la preghiera cantata avveniva sotto forma di dialogo
fra il celebrante ed i fedeli, si aveva il responsorio,
mentre, nel caso in cui il dialogo era affidato a due cori,
si aveva l’antifona.
Questa sublime espressione della religiosità medioevale
ci è stata tramandata in codici spesso preziosamente
illustrati ad opera di monaci amanuensi.

Dobbiamo infatti al loro silenzioso lavoro, proseguito nei secoli,
la conservazione di migliaia di canti gregoriani che costituiscono
l’unica testimonianza musicale del primo medioevo.
L’opera di Gregorio Magno ebbe due conseguenze di enorme portata:
impedì che i canti liturgici, trasmessi oralmente, si disperdessero
e diede alla chiesa cattolica una musica universale.
Per circa un millennio, il canto gregoriano costituì
l’unica espressione musicale degna di rilievo,
ma dopo il Mille venne acquistando importanza anche la musica profana.

Dopo il Mille, col nascere delle varie lingue neolatine,
sorsero, soprattutto in Francia, le figure di poeti-musicisti
che giravano di corte in corte a cantare le loro
composizioni poetiche, accompagnandosi con il liuto.
Presso le corti dei nobili francesi e nei castelli feudali, infatti,
fiorirono, tra il 1100 e il 1200, le canzoni dei trovatori e dei trovieri.
Dolci, elegiache, amorose, quelle dei trovatori che operavano
nella Francia meridionale; epiche, satiriche e moraleggianti quelle
dei trovieri che ebbero il loro campo d’azione nella Francia settentrionale.
I trovatori, per lo più membri della nobiltà, fiorirono in Provenza,
la regione meridionale della Francia e scrivevano in provenzale, la langue d'oc.
Le loro canzoni erano raccolte in manoscritti chiamati chansonniers
e i testi trattavano principalmente l'amor cortese, ma anche argomenti
di carattere politico e religioso.

I trovieri erano membri sia dell'aristocrazia, sia della borghesia,
imitarono l'arte dei trovatori traducendo i loro testi nel proprio dialetto
ma gli argomenti e lo stile musicale erano essenzialmente gli stessi.
Essi frequentavano le corti aristocratiche dedicando la loro arte
soprattutto alle nobile dame: l’amore cortese, inteso come
vassallaggio alla donna, era infatti l’argomento principale delle loro canzoni,
scritte in provenzale o lingua d’Oc (lingua romanza ancora oggi in uso
presso le popolazioni occitane).

A differenza di quella dei menestrelli, la musica dei trovatori
solitamente veniva scritta e questa è una conferma della sua origine colta.
Accomunati da un’unica alta concezione dell’arte, i trovatori furono
 musicisti delle proprie composizioni e si espressero in ritmi
 e forme diverse, tra cui la canzone, la tenzone, il discorso, il lamento,
secondo il prevalere di temi prettamente lirici o morali o politici.
Il movimento trobatorico ebbe il suo primo rappresentante
in Guglielmo d’Aquitania.

Guglielmo d'Aquitania, detto anche Guglielmo III di Poitiers o Guglielmo il Grande
(969 – Maillezais, 31 gennaio 1030) fu duca d'Aquitania e conte di Poitiers,
dal 993 alla sua morte; era il figlio primogenito del duca d'Aquitania
e conte di Poitiers, Guglielmo Braccio di Ferro e della moglie Emma.
Di lui rimangono i componimenti detti Versi tra cui alcuni d'ispirazione amorosa.

COME IL RAMO DEL BIANCOSPINO
Nella dolcezza della primavera
i boschi rinverdiscono, e gli uccelli
cantano, ciascheduno in sua favella,
giusta la melodia del nuovo canto.
E' tempo, dunque, che ognuno si tragga
presso a quel che più brama.

Dall'essere che più mi giova e piace
messaggero non vedo, né sigillo:
perciò non ho riposo né allegrezza,
né ardisco farmi innanzi
finché non sappia di certo se l'esito
sarà quale domando.

Del nostro amore accade
come del ramo del biancospino,
che sta sulla pianta tremando
la notte alla pioggia e al gelo,
fino a domani, che il sole s'effonde
infra le foglie verdi sulle fronde.

Ancora mi rimembra d'un mattino
che facemmo la pace tra noi due ,
e che mi diede un dono così grande:
il suo amore e il suo anello.
Dio mi conceda ancor tanto di vita
che il suo mantello copra le mie mani!

Della sua attività politica ricordiamo l'insuccesso
della spedizione in Terra Santa nel 1101 e il tentativo fallito
di annettersi per due volte Tolosa.

I principali trovatori furono
Bernard de Ventadorn, Jaufré Rudel, eire d’Alvernha,
P Guiraut de Borneth, Arnaut Daniel, Bertan de Born,
Raimbaut de Vaqueiras, Peire Vidal, Folquet de Marseille.
In Germania essi furono chiamati minnesinger,che significa
“cantanti d’amore” e in Italia giullari, simili agli aedi
dell’antica Grecia e ai cantastorie che ancora oggi
percorrono le nostre contrade, soprattutto nell’Italia del sud.
Giullari e i menestrelli costituivano una classe di musicisti di professione:
erano uomini e donne che vagavano, da soli o in piccoli gruppi
di villaggio in villaggio, di corte in corte e che si guadagnavano
il necessario per vivere, cantando, suonando, facendo
i saltimbanchi ed esibendo animali ammaestrati.
Così li descrive il Petrarca: "Gente di non grande intelligenza,
ma con una memoria prodigiosa, molto ingegnosi e impudenti oltre misura".
Nell'XI sec. essi si organizzarono in confraternite, che più tardi
si trasformarono in corporazioni di musicisti che mettevano
a disposizione servizi, tra cui un avviamento professionale,
come potrebbe fare oggi un conservatorio.
Ma la Francia vanta in questo periodo anche un’altra gloria musicale:
la nascita della prima importante scuola di canto polifonico,
la Scuola di Notre-Dame, cosiddetta perché sorta presso
la “Schola cantorum” della Cattedrale di Notre-Dame, allora in costruzione.

Una forma particolare di musica religiosa è la Lauda (dal latino laus=lode),
specie di cantata popolare d’argomento sacro, sviluppatasi
nell’Italia centrale a seguito del movimento francescano.
Il termine trae la propria origine dai testi salmodici in cui
appaiono frequentemente le parole “laus”, “laudate,” o altre simili.
Ancora oggi col termine latino “laudes” ci si riferisce
a una precisa parte dell'Ufficio canonico del Mattutino.
La lauda aveva carattere monodico e si sviluppava su una melodia
semplice ma assai diversa dal gregoriano: è il primo passo
della musica religiosa verso un linguaggio più moderno.
Gli argomenti trattati erano di ispirazione popolare,
era articolata in strofe (cantate a volte da un solista), alle quali
si alternava un ritornello (cantato da tutti i fedeli in coro).
Il testo era in volgare, la lingua parlata dal popolo e ad ogni sillaba
corrispondeva una nota della melodia.
A volte il canto presentava un ritmo più scandito, quasi a voler
accompagnare i passi dei fedeli durante la processione.
Le laudi sono giunte a noi conservate in raccolte
chiamate “laudari”.
La più famosa di queste raccolte è il “Laudario di Cortona”
risalente al XIII secolo.

San Francesco stesso ci da un esempio di lauda con il famoso
“Cantico delle creature”, una delle espressioni più pure
del sentimento religioso e uno dei primi componimenti poetici in lingua volgare.
Più tardi le laude assunsero l’aspetto di narrazioni dialogate
a due o più voci, sempre di argomento religioso.
Le laudi si diffusero anche in Spagna col nome di “càntigas”.
Il Re Alfonso di Castiglia, detto “il saggio”,
compose le 400 “Càntigas de Sancta Maria”, canzoni monofoniche
in onore della Vergine Maria contenute in un codice musicale
formato da quattro manoscritti, che contengono anche raffigurazioni
pittoriche di strumenti e suonatori e sono ora conservate a Madrid e Firenze.
La maggioranza delle cantigas raccontano miracoli avvenuti
tramite l'intercessione di Maria; sono infatti canti di lode che i confratelli
cantavano durante le processioni in onore di Cristo, della Vergine o dei santi.

Non dobbiamo poi dimenticare le sacre rappresentazioni,
forme teatrali a carattere popolare, fiorite in Toscana
tra il XV e il XVI sec., rappresentate per lo più sui sagrati delle chiese.
In lingua italiana, le sacre rappresentazioni attingevano gli argomenti
dalla Storia Sacra, dalle vite dei Santi e dalle leggende religiose medievali.
Da queste primitive forme di teatro musicale,
presenti anche in Francia ed in Inghilterra con forme analoghe,
 trarranno origine l’oratorio e il melodramma.
In occasione delle principali ricorrenze, come il Natale o la Pasqua,
si allestivano nelle chiese delle rappresentazioni teatrali
ispirate ai testi sacri in cui i fedeli partecipano come attori
interpretando i vari personaggi delle sacre scritture.
Il popolo poi, partecipava anche con le sue musiche,
che andavano ad aggiungersi e a fondersi con quelle liturgiche.
Nacquero così una quantità di “drammi liturgici”
Tra i più famosi e belli: Il pianto di Maria e Il dramma di Daniele.
Questi drammi erano ancora cantati in latino,
la lingua ufficiale della Chiesa che, però, il popolo,ormai non capiva più.

Nel Duecento e nel Trecento le arti si evolsero;
col “Dolce stil novo” nacque la poesia in  lingua volgare,
la pittura divenne con Giotto, più realistica e più umana,
l’architettura cercò nuove forme prima col romanico e poi con il gotico.
La musica si evolse nell’Ars Nova che trovò le sue prime espressioni:
nel madrigale che trattava di argomenti amorosi, nella ballata a due voci
che seguiva ritmi di danza e trattava argomenti vari,
nella caccia che descriveva, come dice il nome, scene di caccia
o di mercato, con grida, richiami e con andamento concitato.
Nel Medioevo gli strumenti usati nella musica profana erano diversi
da quelli che si usavano nella musica sacra; tuttavia, alcuni di essi
furono accettati anche in chiesa, soprattutto l’organo che,
nel 1200, incominciò a far parte dell’arredamento normale delle chiese.


Per quanto riguarda gli strumenti musicali utilizzati nel Medioevo,
possiamo dire che la maggior parte di essi giunse in Europa dall'Asia
o tramite Bisanzio o gli Arabi del nord Africa e Spagna.

I più importanti furono: la lira romana, che sopravvisse nel Medioevo;
l'arpa, importata sul Continente dall'Irlanda e dalla Britannia;
la viella o Fiedel, il prototipo della viola rinascimentale e del moderno violino
che è lo strumento con cui più spesso sono dipinti i giullari;
la ghironda o organistrum, un altro strumento a corda;
la ribeca, uno strumento cordofono ad arco a più corde,
tipico dei trovatori e dei menestrelli, probabilmente introdotto in Europa
nel sec. VII dagli arabi attraverso la Spagna,
dotato di un corto manico che si raccorda con il profilo della cassa stessa.

il salterio, di origine orientale a forma triangolare o trapezoidale,
con corde tese, una sorta di cetra che si poteva suonare
sia pizzicando sia percotendo le corde;

vari strumenti a fiato come il liuto, il flauto, la cennamella,
la tromba, il corno, la cornamusa, il tamburo, utilizzato
per battere il tempo durante i canti e le danze,
l'organo, suonato nelle chiese durante la Messa.

L'organo ad acqua fu sostituito intorno al mille dai primi organi
a tasto, azionati da un mantice ad aria.
Questo tipo di organo stentò a trovare impiego, non produceva
 effetti piacevoli perché i tasti erano di enormi proporzioni
e potevano essere mossi solo con il pugno e non col tocco delle dita.
Il primo musicista della cui opera si abbiano notizie, fu Guido d'Arezzo.

Guido d'Arezzo nacque in un villaggio vicino a Pomposa (Ferrara) nel 995.
Si fece monaco nel monastero di Pomposa ma poi, in seguito a contrasti
con alcuni confratelli, si trasferì ad Arezzo dove fondò una scuola di canto.
Il suo metodo di insegnamento e le sue innovazioni in campo musicale
si diffusero ampiamente.
Egli godette anche della stima di papa Giovanni XIX.
Morì in un convento dei Camaldolesi nel 1050
. Tra le sue opere ricordiamo: Micrologus de Musica, Prologus in Antiphonarium,
Regulae rhytmicae, Epistola ad Michaelem.





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