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TECNICA

L'anno mille segna la fine dell'Alto Medioevo e l'inizio del Basso Medioevo.
Tale passaggio si caratterizza con evidenti segni di rinascita,
a livello agricolo, demografico, tecnologico, culturale e politico.
Fu un vero "risorgimento", un nuovo refluire di vita.

Si dissodarono le terre vergini, si bonificarono paludi e foreste, trasformandole
in terreni da coltivare o da pascolo, si costruirono dighe e canali di drenaggio.
La forte crescita della popolazione e il progresso dell'agricoltura, furono insieme
causa ed effetto dello sviluppo demografico.
In campo agricolo si rivoluzionarono i cicli di coltivazione:
la rotazione diventò triennale per sfruttare più intensamente il terreno.

Il terreno veniva diviso in tre parti:
Il primo anno, nel primo terreno, si piantava il grano,
nel secondo si piantavano i legumi e il terzo veniva lasciato a maggese (ossia a riposo);
il secondo anno, il primo terreno veniva lasciato a maggese,
nel secondo veniva piantato il grano e nel terzo venivano piantati i legumi;
il terzo anno, il primo terreno veniva seminato con legumi,
il secondo lasciato a maggese e il terzo seminato con il grano.
Questo sistema permetteva al terreno di rigenerarsi
e dava raccolti più abbondanti.
Le produzioni aumentarono grazie anche ad innovazioni tecnologiche,
come l'aratro a ruote che  smuoveva a fondo il terreno,
in modo che i semi fossero meglio nutriti e meglio protetti
e che sostituì il cosiddetto "aratro semplice" a vomere simmetrico
 che si limitava solo a scalfire superficialmente le zolle.

Il nuovo aratro, a vomere asimmetrico, era dotato di avantreno mobile su ruote
ed era  trasportato da buoi o talvolta cavalli.

La trazione animale fu potenziata dal collare a spalla per i cavalli
e dal giogo frontale per il bue; si diffuse l'uso del carro a quattro ruote
che si utilizzò per trasportare blocchi di pietra e grossi tronchi d'alloro
impiegati per la costruzione d'edifici e di grandi chiese.
Il collare è un attrezzo usato per distribuire il carico attorno
al collo del cavallo, per la trazione di un carro pesante o un aratro.
Esso fu trainante per lo sviluppo dell'Europa, poiché la sostituzione degli asini,
con i più efficienti cavalli per i trasporti, fece decollare l'economia,
ridusse l'agricoltura di pura sussistenza e permise l'inizio
di uno sviluppo industriale, dell'educazione e delle arti.
In Europa, prima del VI secolo, i carri venivano trainati usando una bardatura
fatta di cinghie piatte attorno al collo e al torace dell'animale,
con il carico applicato nel punto più alto della bardatura, alla base del collo.
Queste cinghie premevano sulla trachea del cavallo limitandone
le capacità respiratorie e riducendo la potenza di trazione.

Gli asini venivano preferiti ai cavalli,  proprio perché negli asini questo problema
era evitato dalle differenze anatomiche fra le due specie.
A seguito dell'introduzione del collare rigido nell'VIII e IX secolo,
l'uso dei cavalli per il trasporto si diffuse rapidamente in Europa.
Poichè i cavalli lavorano ad una velocità del 50% più alta rispetto agli asini,
con i cavalli,  i contadini potevano produrre un surplus.
Questo gli consentiva di disporre di merci da vendere, nel fine settimana,
in mercati collocati agli incroci delle strade, che poi si trasformarono in città.

Con la nascita delle città alcuni abbandonarono l'agricoltura
di sopravvivenza e si dedicarono alla produzione di merci destinate alla vendita.
L'aumento della disponibilità di merci determinò che una quota della popolazione,
cominciò a vivere semplicemente comprando e rivendendo merci.
Quindi il collare ha avuto un ruolo centrale nel superamento
del sistema feudale e nell'avviamento dell'ascesa dell'Europa.
Anche nella produzione tessile si registrò un gran progresso
a seguito dell'introduzione del telaio a pedale.
Purtroppo non sappiamo nulla di chi ebbe la geniale idea di applicare  un pedale
al telaio a mano, riducendo così la fatica dei tessitori e velocizzando la tessitura.
Ma sicuramente questa invenzione ebbe grande rilevanza.

I telai a pedale si diffusero dalle Fiandre all'Impero bizantino.
L'accelerazione della tessitura si rifletté sulla velocizzazione della filatura,
con l'applicazione della ruota a pedale.
La filatura era, in genere, assegnata alle donne che lavoravano in casa
e molto spesso venivano reclutate nelle campagne.
Il processo di filatura consisteva in due operazioni contemporanee:
la torsione e la stiratura del filo, che veniva avvolto a spirale
e messo in tensione usando i fusi e le rocche.
Il fuso era un piccolo bastone in ferro o in legno con una parte ingrossata al centro,
ad esempio una rotella, sul quale si disponevano le fibre, imprimendo un movimento
rotatorio continuo che lo faceva girare su stesso, torcendo e distendendo i fili;
la rocca serviva a reggere le fibre da filare, si trattava di un bastone più lungo
tenuto in genere tra il braccio ed il fianco della filatrice.

Le tecniche di filatura si evolsero rapidamente, per cui già
alla fine del ‘200 si diffuse il filatoio a puleggia, munito di una ruota
  azionata manualmente e posta su una piattaforma alla cui estremità
era attaccato il fuso, su cui prima si torceva e poi si avvolgeva il filato.

E' in questo periodo che si diffuse un'altra nuova macchina: il mulino ad acqua.
Questo era già conosciuto nel periodo ellenistico ma non era stato sfruttato a fondo.
Nel Medioevo si verificarono le condizioni per un suo uso intensivo e conveniente.

In genere, l'acqua veniva deviata da un fiume o da un bacino e condotta
alla turbina o alla ruota idraulica attraverso un canale o una tubazione.
La forza del movimento dell'acqua, unita all'effetto delle pale di una ruota o turbina,
determinava la rotazione dell'asse che azionava gli altri macchinari del mulino.
L'acqua, lasciando la ruota o la turbina, veniva drenata
attraverso un canale di coda che poteva fungere anche
da canale di testa per la turbina di un altro mulino.
Il passaggio dell'acqua era controllato da paratoie che consentivano
la manutenzione ed una minima misura di controllo delle inondazioni.
In alcuni impianti l'acqua, destinata al funzionamento degli stessi,
era trasportata da un canale e conservata in un serbatoio adiacente al mulino.
I mulini ad acqua possono essere suddivisi in: a ruota idraulica orizzontale
su un asse verticale; a ruota verticale su un asse orizzontale.
I più antichi erano mulini ad asse verticale rispetto alla direzione della corrente
e l'intera ruota era immersa nell'acqua.
Direttamente fissato all'albero in rotazione, il disco superiore della macina
ruotava alla stessa velocità delle pale e, strofinando
su un disco fisso, macinava il grano.
Questo mulino era di piccole dimensioni e piuttosto lento.
Per questo lo si usava sopratutto nelle zone di collina dove le correnti d'acqua
erano più forti e imprimevano una rotazione più rapida alle pale.

Il problema con questo tipo di mulino nasceva dall'impossibilità di regolare
la velocità di rotazione, che dipendeva direttamente dalla velocità del flusso d'acqua.
Il mulino ad asse orizzontale con ruota verticale fu inventato dall'architetto Vitruvio.
Esso aveva pale più larghe, capaci di produrre una maggiore quantità d'energia.
Il mulino di questo tipo poteva macinare circa 200 Kg di grano l'ora, invece dei 7 Kg
macinati manualmente, senza interruzione, con lo stesso tempo, ma con la forza di due uomini.

Come mai si arrivò all'uso del mulino ad acqua?
Dobbiamo ricordarci che in questo periodo la schiavitù non era più conveniente.
Il costo dei servi e degli animali per far girare le macine
era diventato troppo alto e il mugnaio doveva poter contare
su un approvvigionamento di grano abbondante e continuo.
Ciò avvenne nel momento in cui in Occidente gli schiavi diventarono servi
e gli uomini liberi o non liberi di un villaggio furono costretti
a far macinare il loro grano nel mulino del signore.
Questo risveglio di attività agricola, sostenuta da innovazioni tecnologiche,
avviò la dissoluzione del sistema feudale ormai minato. sul piano politico,
dalla "Constitutio de Feudis", un atto emanato nel 1037 dall'imperatore
Corrado II il salico della casa di Franconia, con cui fu esteso, ai feudatari minori,
il principio dell'ereditarietà dei feudi, che era stato sancito per la feudi maggiori
nel Capitolare di Kiersy dell'877 da Carlo il Calvo.

Ponendo sulla stesso piano i vassalli maggiori ed i vassalli minori,
Corrado II colpì alla base l'intero organismo feudale basato
sulla rigida divisione sociale e sulla prepotenza dei Signori.
Coloro che restavano senza terra o chi nel feudo aveva la condizione
di servo della gleba, abbandonava il feudo e si trasferiva nei borghi 
o nelle città prima solo sedi di vescovi o di monasteri.
Il borgo cominciò a vivere così una vita diversa: il contadino,
abbandonato il suo antico mestiere,si dedicò all'artigianato,
magari aprendo una bottega da fabbro, da falegname, da tessitore
 o tintore di panno oppure si organizzò per rivendere nella campagna attorno alla città
i prodotti di questo artigianato che sempre più si andava affinando
o acquistando nelle campagne derrate da rivendere in città.

Questo nuovo fervore trasformò il vecchio tessuto sociale nel quale cominciò ad affermarsi
la vita cittadina, la cui economia si definisce "libera" e non più "chiusa" come quella Curtense.
I servi della gleba trasferitisi in città diventarono ben presto borghesi a tutti gli effetti
poiché, dopo essere vissuti per un anno ed un giorno entro le mura della città,
venivano sciolti da qualsiasi impegno verso l'antico padrone.

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Un ulteriore sfruttamento della forza di traino degli animali
si raggiunse con la diffusione del sistema dell'attacco in fila
che, abbinato a partire dalla prima metà del XII secolo,
con il carro a quattro ruote, permetteva il trasporto
di grandi carichi più stabili e più pesanti
rispetto a quando si usava il carretto a due ruote.

Si potevano ora trasportare grandi blocchi di pietra e legnami con cui costruire
le grandi chiese che, come diceva un cronista dell'epoca,
«stanno ricoprendo di un bianco manto la superficie del mondo».

Il carro e i buoi li troviamo spesso celebrati sulle pareti delle cattedrali
perché si deve alla loro fatica l'erezione della grande costruzione.
A tutto questo si deve aggiungere il perfezionamento delle macchine edilizie.
Per le cattedrali, il posto per risanare le anime ma anche
il luogo d'incontro degli abitanti per le loro assemblee, dove discutevano
dei problemi di utilità pubblica, venivano spese somme enormi
che impegnavano più generazioni di signori feudali.
Esse diventarono un luogo di attrazione e di meraviglia
e contemporaneamente un luogo di commerci  redditizi per il signore
e i borghesi che avevano investito i loro denari nella costruzione della grande chiesa.
È all'ombra delle cattedrali, di solito contornate da un grande spiazzo,
che si tenevano le fiere, dove gli uomini si scambiavano merci, notizie ed idee.
Il nuovo spiritualismo emanato dalla riforma cluniacense
si espresse anche nel nuovo stile romanico delle cattedrali:
enormi, forti e massicce come i castelli.
Esse erano, infatti, l'espressione del potere e della ricchezza della Chiesa;
più che ad accogliere i fedeli erano fatte per far capire a tutti la gloria di Dio.
La grandezza dell'edificio era utilizzata come strumento di propaganda.
I fedeli nella loro ingenuità non potevano comprendere l'ermetico simbolismo rappresentato
sulle pareti della cattedrale e la raffinatezza delle scene sacre rappresentate.
Le cose cambiarono nella metà dell'XI secolo quando con la rinascita dell'economia
e con la riforma spirituale di Cluny comparve una maggiore libertà nello stile romanico,
indizio di un mutamento che nel permanere di una rappresentazione sacra
tende a divenire più popolare anticipando l'architettura gotica.
La verticalità si accentua ed ora il fedele capisce il simbolo della tensione
verso Dio e il senso di distacco dalle cose terrene.

 I cantieri delle cattedrali furono il teatro  della tecnica edilizia e delle macchine.
La complessità spaziale e strutturale, l’altezza delle cattedrali comportarono
un’organizzazione importante del lavoro a piè d’opera e delle macchine in quota
sull’edificio stesso in costruzione: le immagini di quei cantieri restano
in illustrazioni coeve, di vetrate, mosaici, codici e in quelle immagini cogliamo
immediatamente alcune differenze rispetto al cantiere antico.

Le fasi di lavorazione della pietra fino alla scultura erano compiute a terra:
i pezzi già finiti venivano collocati in opera; invece nei cantieri dell’antichità
i blocchi erano scolpiti in opera, sia i bassorilievi che le scanalature delle colonne.
I pezzi di pietra da montare erano più piccoli rispetto al cantiere antico,
grandi meno di un singolo scalpellino.
Nei cantieri delle cattedrali le macchine erano montate in alto sulla fabbrica stessa,
in posizioni particolari, sopra torri, al centro di facciate;
nei cantieri antichi di costruzioni a blocchi, le macchine erano certamente a terra.
I cantieri delle cattedrali erano mediamente più alti di quelli antichi
e nella fabbrica di Santa Maria del Fiore a Firenze, i blocchi di pietra
del cerchio di chiusura della cupola pesano circa 750 Kg ognuno.
La disposizione in alto di una gru comportava  un risparmio nella lunghezza
delle funi rispetto alla disposizione in basso e riduceva il lavoro perduto
rispetto al lavoro utile prodotto dalla macchina.
Nei cantieri delle cattedrali vennero inoltre impiegate gru girevoli.

Le impalcature in legno, elevate parallelamente all'edificio in costruzione,
permettevano agli operai di muoversi, lavorare e depositare
materiali e attrezzi sulle piattaforme sopraelevate.
Dalla loro solidità dipendeva la sicurezza del lavoro dei muratori:
 gli infortuni sul lavoro spesso erano dovuti a crolli o cedimenti delle impalcature.
Dall'iconografia del cantiere e dalla disposizione dei fori dei travicelli,
ancora visibili sulle murature di molti monumenti medievali,
è possibile individuare due tipi di impalcature:
impalcature indipendenti ed impalcature dipendenti.
Le impalcature indipendenti erano costituite da elementi verticali,
detti pertiche o candele o antenne, disposti parallelamente a coppie,
uno vicino alla costruzione e l'altro ad una certa distanza,
in modo da collocare nello spazio intermedio
 il piano di lavoro, generalmente un tavolato.
La stabilità dell'insieme era assicurata da elementi orizzontali
ed obliqui, che collegavano le pertiche, piantate in terra.
I vari elementi erano strutturalmente legati insieme da corde di fibra vegetale
oppure da rami flessibili di salice o di quercia; l'inserimento di cunei di legno garantiva
la stabilità della struttura, che era usata soprattutto
per i lavori più delicati, come la posa d'intonaco.
La più usata nel Medioevo fu però l'impalcatura dipendente, con due
tipologie prevalenti:ad una fila di pertiche e a sbalzo.
Tale impalcatura era più solida ed economica, poiché per il suo assemblaggio
veniva impiegata una minore quantità di legno.
Questo tipo di impalcatura necessitava dell'appoggio al muro in costruzione.

Nell'impalcatura ad una fila di pertiche, i travicelli usati come appoggio durante la costruzione,
a lavori ultimati potevano venire segati a filo del muro, rinforzando così la muratura
oppure venivano sfilati per essere impiegati in altri cantieri:
in questo caso le cavità venivano murate o lasciate in vista
per essere utilizzate poi sia per il consolidamento delle strutture murarie
che per le continue manutenzioni dei tetti e del manto di copertura
che necessitavano di frequenti controlli.

Molto diffuso era anche l'impalcato incastrato a sbalzo.
Questo tipo di impalcatura non utilizzava le pertiche, ma i travicelli,
con un'estremità parzialmente inserita nella muratura e l'altra fissata
a un elemento obliquo, la saetta, un estremo del quale poggiava contro il muro,
mentre l'altro era legato, tramite corde, all'estremità libera del travicello.
Questo tipo di impalcati permetteva l'allestimento di due piani di lavoro simmetrici
e sembra che consentisse l'attività contemporanea di più squadre di muratori.
Un altro tipo di struttura provvisoria in legno, adoperata con frequenza
 nei cantieri medievali e realizzata dai carpentieri, era la centina.
Questa, in legno sagomato, serviva ad offrire una forma ed un sostegno
adeguato, ad archi, volte e cupole durante la costruzione.

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Le attività cittadine portarono nella società l'uso della moneta
poiché il commercio vero e proprio non potè fare a meno di questo agile mezzo di scambio;
alla consuetudine del baratto, tipico dell'economia Curtense, si sostituì, quindi, la moneta
poiché gli scambi non avvenivano più in un ambito ristretto, ma in spazi più ampi.
I re responsabili politici ed amministrativi cominciarono a battere moneta pregiata di argento e di oro.

Nacquero nuove figure sociali come quella del notaio che doveva redigere
contratti di compravendita, registrarli e depositarli negli archivi comunali.

Questa figura, come quella del farmacista o del medico, sollecitò
una decisa ripresa culturale che si manifesterà con la formazione di scuole
 e l'università quali quella di Bologna, Parigi, Oxford, Salerno, Padova.





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