Privacy Policy MEMORIA WIESENTAL
 

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“Come far comprendere a uno che in vita sua non ha mai sofferto la fame o il freddo
che cosa volesse dire a quell’epoca un pezzo di pane, una fetta di rapa o una giacca?
Come far capire a chi conosce la morte soltanto dalla lettura dei giornali
che cosa prova un uomo che vede il fumo al di sopra dei crematori e sa
che quel greve odore di dolciastro è quanto resta di persone che ancora ieri
marciavano in una lunga colonna per le strade del lager?”

“Quantunque io speri che s’impari dalla storia,
ho al tempo stesso il timore che non se ne abbia ricavato nulla
e che in nuove circostanze gli stessi errori si ripetano.”

Simon Wiesenthal

Simon Wiesenthal, ebreo polacco, nacque il 31 Dicembre 1908
a Buczacz allora Polonia (oggi è territorio Ucraino).
Studiò architettura ma esercitò la professione per poco tempo
a causa dell’invasione Nazista in Polonia del settembre 1939.
Dopo l'invasione peregrinerà per quattro anni e mezzo
da campo di concentramento  ad un altro(ben 13)
passando da Janowska, Plaszow, Mauthausen.
Liberato dal lager di Mauthausen dagli alleati, il 5 maggio 1945,
riuscì a trovare, della sua famiglia, solo la moglie
anche lei sopravvissuta alle atrocità naziste
e da cui avrà un'unica figlia.Paulinka
E' diventato famoso dopo la seconda guerra mondiale, per il suo impegno
di cacciatore di nazisti e criminali di guerra nazisti.
Ha dedicato gran parte della sua vita nella ricerca e nella raccolta
di informazioni nazisti fuggitivi in modo che
potessero essere giudicati per i crimini di guerra
e i crimini contro l'umanità commessi.
Nel 1947 ha co-fondato il Centro di
Documentazione Ebraica a Linz, in Austria,
al fine di raccogliere informazioni per i futuri processi per criminidi guerra.
Più tardi ha aperto il Centro ebreo di documentazione a Vienna.
Decise come ebbe a scrivere, di farsi da portavoce di coloro
che non sono sopravvissuti perché nessuno dimentichi la loro memoria,
perché la giustizia contro i crimini di guerra non ha limiti.

La sua arma era spulciare tra i documenti dell’enorme burocrazia del terzo Reich,
perché seppur distrutti qualcosa rimaneva, carte, foto, testimonianze.
Nel 1954 Wiesenthal chiuse l’ufficio di Linz e spedì tutta la documentazione
all’archivio dello Yad Vashem l’ente preposto dallo stato Israeliano
a seguire le vicende inerenti l’olocausto.
L’unico faldone di documenti che trattenne riguardava Adolf Heichmann
lo stratega della “soluzione finale” del problema ebraico,
l’organizzatore dello sterminio di milioni di innocenti,
ebrei, omosessuali, asociali, zingari,
testimoni di Geova, disabili, dissidenti politici.
Wiesenthal iniziò la sua caccia personale all’assassino,
di cui non si conosceva nulla, neppure il volto,
scoprendo nel 1959 che il mostro si trovava in Argentina
assieme alla moglie, sotto falso nome,(Ricardo Kleber)
e lavorava in una fabbrica d’auto.
Quando fu certo della sua identità, ed ebbe raccolto le prove,
mandò tutta la documentazione allo stato di Israele,
che pianificò l'operazione che si concluse con l’arresto di Heichmann,
l’11 maggio 1960 e la sua consegna al governo di Israele
e al suo presidente, Ben Gourion che annunciò alla Knesset (parlamento)
la cattura del criminale e il processo a suo carico.
Grazie alla documentazione di Wiesenthal, il 31 maggio 1961
Heichmann venne condannato a morte per impiccagione.
Con la sua infaticabile opera, Simon Wiesenthal,
ha permesso di rintracciare, arrestare, condannare 1100 criminali di guerra nazisti,
il suo unico cruccio è stato quello di non essere riuscito ad acciuffare
“L'angelo della morte”, il dott. Mengele,
lo spietato scienziato della morte e degli esperimenti
compiuti sugli ebrei dei lager.
(i resti del cadavere presunto di Mengele saranno ritrovati in Brasile).

Wiesenthal scrisse "Il Girasole" in cui descrisse
un episodio che gli cambiò la vita, avvenuto quando era nel lager
e che fu pubblicato per la prima volta nel 1970
Dice Wiesenthal
«Nel giugno del 1942, a Leopoli, in circostanze insolite,
una giovane SS che stava per morire mi confessò i suoi delitti.
Voleva morire in pace, mi disse,
dopo avere ottenuto il perdono da un ebreo.
Ritenni di dover rifiutarglielo.
Questa vicenda continua a tormentarmi.
Così decisi di fissarla per iscritto, e alla fine del mio racconto
rivolgo la domanda che ancor oggi merita una riposta,
per il suo significato politico, filosofico e religioso:
ho avuto ragione o torto negando il perdono?».
>Ecco un passaggio significativo del dialogo
fra il soldato ei Wiesenthal.
«(Il giovane soldato morente)dice:“
Quando ero bambino credevo con tutto il cuore
a Dio e alle leggi della chiesa.
E tutto era molto più facile.
Se potessi ancora credere ancora con tanta forza,
non mi sarebbe così difficile morire.
Non posso morire senza essere in pace con me stesso.
Questa dovrebbe essere la mia confessione.
Ma come chiamarla confessione?
Una lettera senza risposta...”.
Allude certo al mio silenzio. Ma che cosa dovrei dirgli, io?
Ho davanti un uomo che muore, un assassino che non vuole esserlo,
reso assassino da un’ideologia spietata.
E confida il suo delitto a un uomo che forse
già domani dovrà morire, per lo stesso delitto.
Nelle sue parole c’è un sincero pentimento, anche se non lo dice espressamente.
E non è neppure necessario; lo dimostrano il modo
con cui ne parla, e il fatto che ne parli a me.
“Mi creda, sarei pronto a soffrire ancora più atrocemente,
se potessi cancellare dalla faccia della terra il delitto di Dneporpetrovsk.
(nota:Prima della seconda guerra mondiale, la città era un importante
insediamento di Ebrei. Nella città vivevano più di 80.000 ebrei,
ma il 12 ottobre 1941, 11.000 furono cacciati
e soltanto 15 ebrei di Dnipropetrovs'k sopravvissero alla guerra).
Molti tedeschi della mia età muoiono ogni giorno sui campi di battaglia.
Hanno combattuto contro un nemico armato e sono caduti.
Ma io... io sono qui con la mia colpa...
Nelle ultime ore della mia vita lei è vicino a me.
Non so chi è lei, so solo che è un ebreo. E questo basta”.
Non dico nulla. Sul suo campo di battaglia lui “combatteva”
contro uomini inermi, donne, bambini e vecchi.
Vedo gli uomini saltare in fiamme dalle finestre, giù vedo la morte.
Anch’io avrei potuto essere tra quelli, e ottenere forse
che il mio ricordo impedisse a una SS morente di cercare riparo
da una granata in arrivo.
Il morente si solleva e congiunge le mani, come in preghiera.
“Voglio morire in pace, e allora ho bisogno...”.
Intuisco che qualcosa non riesce a venire alle sue labbra.
Ma non sono qui per incoraggiarlo.
Resto muto. “Lo so, quello che le ho raccontato è orribile.
Nelle lunghe notti in cui aspettavo la morte,
ero assillato dall’ansia di parlarne con un ebreo,
di chiedergli il suo perdono.
Solo non sapevo se ne erano rimasti ancora...
Lo so, quello che chiedo è forse troppo per lei.
Ma senza una sua parola non posso morire in pace”»

Wiesenthal è morto nel sonno all'età di 96 anni
a Vienna il 20 settembre 2005 e fu sepolto
nella città di Herzliya in Israele il 23 settembre
Egli è sopravvissuto a sua figlia Paulinka Kriesberg e ai tre nipoti.
A Los Angeles negli Stati Uniti, si trova
il "Simon Wiesenthal Center",
L'organizzazione mira a favorire la tolleranza e la comprensione
attraverso il coinvolgimento della comunità, l'impegno educativo e l'azione sociale.

Il Centro interagisce con una varietà di agenzie pubbliche e private,
incontrandosi con funzionari eletti, con i governi, con diplomatici e capi di stato.
Altri temi che il Centro tratta comprendono:
la persecuzione dei criminali di guerra nazisti,
combattendo contro le reti di ODESSA,
(rete di ex-gerarchi e criminali nazisti fuggitivi,
organizzata verso la fine della seconda guerra mondiale
da un gruppo di ex-ufficiali delle SS con la collaborazione e l'aiuto
di altri soggetti per consentire la fuga dei gerarchi nazisti
principalmente in America latina);
l'Olocausto e l'educazione alla tolleranza; gli affari mediorientali
nonché i gruppi estremisti, il neonazismo e l'odio su Internet.


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