Privacy Policy RINASCIMENTO ABBIGLIAMENTO 1500


 


<
 
 


Abbigliamento femminile nel 1500

Durante la prima metà del secolo XVI il più importante elemento
dell'abbigliamento femminile fu la gamurra che presentava ancora
la vita relativamente alta ed aveva le maniche basse,
con larghi squarci da cui uscivano gli sbuffi della camicia.
Le maniche erano spesso di stoffa diversa ed intercambiabili.
Con il passare dei decenni, la vita si abbassò, l'attaccatura
delle maniche fu sottolineata da spalline imbottite ed arricciate,
i colori diventarono più scuri.
Affine alla gamurra era la sottana, anch'essa indumento completo
e quindi da portarsi "in vista".
La parte inferiore degli abiti femminili venne tesa e resa voluminosa
dalla faldiglia (verdugale) che, stretta alla cintura,
si gonfiava a campana a mano a mano che scendeva ai piedi.

Inizialmente essa era costituita da una struttura basata
su imbottiture di stoppa poste sull’orlo dell’abito, in maniera
da aumentarne l’ampiezza nel fondo.
In seguito, questa imbottitura fu sostituita da cerchioni, rotoli di stoffa
o cotone, ricoperti da fustagno o bombasino.
Con il tempo l'imbottitura di stoffa o cotone venne sostituita
da cerchi di legno o di ferro cuciti all’interno dell’abito,
i quali, allargandosi gradatamente dalla cintura fino all’orlo,
facevano assumere alla gonna la caratteristica forma a campana,
sulla quale andava indossato l’abito.
In Italia, le donne (in particolare le meretrici e le cortigiane)
con la faldiglia cominciarono ad indossare i calzoni alla galeota.

L’adozione di un indumento così significativo dell’abbigliamento maschile,
destò all’epoca grande scandalo, venne considerato un’indebita usurpazione
e scatenò la promulgazione di numerose leggi che tendevano a vietarne l’uso.
Sulla veste s'indossava la sopravveste, sempre lussuosa,
in genere ampia ed importante, di preferenza
di stoffa pesante, foderata e ricca di ornamenti.
Era talvolta aperta dalla vita in giù e metteva in mostra la parte inferiore
della sottana che tendeva quindi ad essere molto elegante.
Le maniche della sopravveste avevano spesso carattere solo ornamentale,
erano infatti aperte del tutto o aperte a finestrella sul gomito
e lasciavano uscire dalle aperture, la maniche della veste di sotto.
Sulla sottana si poteva indossare anche il robone, indumento
lungo fin quasi a terra, aperto davanti, con maniche ampie e spesso
foderate di stoffa o di pelliccia.
Le maniche erano allacciate alle spalle mediante cordelle
che finivano con puntali di ferro, d'oro, d'argento o anche di cristallo.

Simile al robone, ma più leggera ed ornata, era la zimarra,
le cui maniche venivano abitualmente lasciate pendere, senza essere infilate.

Le camicie erano bianche, belle, leggere, arricchite di ricami, arricciature
e si affacciavano dalla scollatura e dai polsini delle maniche.
Erano impreziosite da trine e, lungo il secolo, chiuse da colletti rotondi,
insaldati e pieghettati, a lattughe, a gorgiera increspata, a collare rialzato
a raggiera dietro il capo, in leggere e minute pieghe di lino o pizzo.

Nella seconda metà del 1400 Isabella, Marchesa di Mantova, si era potuta vantare
di essere l'unica donna, assieme ad alcune dame della sua corte,
a portare le mutande; ora l'uso di questo indumento intimo
diventò sempre più frequente.
Le mutande erano abbondanti, lunghe quasi ai piedi, gonfie.
Le scarpe non avevano più la punta pronunciata, ma forma larga e rotonda,
a muso di bue; le pianelle o pantofole continuarono ad essere fatte
con tessuti preziosi e ad essere ricamate in oro e perle.
Si continuò ad usare il tacco a zeppa.

Nel 1533 Caterina de' Medici indossò i tacchi alti
in occasione delle sue nozze con il duca di Orléans.
Caterina era minuta rispetto al Duca e non era una gran bellezza.

Aveva quattordici anni, si sentiva insicura di fronte
a quel matrimonio combinato e al nuovo ruolo di regina
della Corte di Francia, ma soprattutto temeva la concorrenza
con l’amante del duca, certamente più alta di lei, Diane de Poitiers
(morta avvelenata da infusi d'oro che beveva per mantenersi giovane e bella).

Caterina stupì la Francia indossando delle scarpe con tacchi alti 7 cm
che le davano un fisico più imponente e un seducente ondeggiare quando camminava.
I suoi tacchi riscossero un successo enorme e, da allora,
vennero associati come privilegio dell’abbigliamento femminile.

La novità destinata ad avere grande applicazione ed importanza
nel campo pratico furono le calze a maglia e quindi abbastanza elastiche.
Erano eseguite a mano e perciò molto costose.
Ma la grande novità del secolo per l'eleganza
delle ricche signore fu lo zibellino da mano che veniva
 gettato su una spalla, portato intorno al collo, arrotolato al polso.
Era fissato alla cintura per mezzo di una catenella (spesso d'oro)
ed il musetto dell'animale, imbalsamato, era ricoperto d'oro
e pietre preziose se non addirittura del tutto rifatto in oro.

I guanti italiani, raffinati, profumati, intagliati, diventarono di uso
sempre più frequente e furono sempre più famosi all'estero.
Venivano profumati durante la concia e mantenevano
permanentemente il profumo che era stato loro dato.

La cintura, portata ancora piuttosto alta all'inizio del secolo,
scese poi al punto naturale della vita e quindi seguì la linea del busto
che scendeva a triangolo sul ventre, pendeva con un solo capo al centro
ed arrivava quasi a terra, dove finiva con un fiocco o un gioiello.
Si portava in mano, o si legava alla cintura, il ventaglio,
che era a cupola, a zampa d'oca, di piume di struzzo
ed aveva il manico d'argento o d'avorio.
Completavano l'eleganza femminile i fazzoletti, che si portavano in mano
e che erano spesso guarniti agli angoli con pizzi e con fiocchi.

Il Cinquecento fu il secolo dei gioielli che ornavano non solo la persona
ma anche i diversi capi dell'abbigliamento.
Si diffuse l'uso degli orecchini nella versione a goccia.
Reti d'oro ingioiellate raccoglievano i capelli,
la fronte era segnata dalla lenza con gemma.

Si sfoggiarono a profusione medaglie ed iniziali in oro massiccio,
grandi catene d'oro e collane di perle e braccialetti con pietre preziose.
Gli anelli furono frequentissimi e la vera spesso si arricchiva di gemme.

I capelli che all'inizio del secolo erano divisi sulla fronte e lasciati ricadere
sulle spalle vennero poi rialzati per lasciare il posto a lattughe e gorgiere.
Talvolta erano raccolti in trecce e girati intorno al capo,
altrimenti erano raccolti in reti e guarniti con veli o fiori
(freschi o finti, in seta o anche di vetro colorato).

Si usò il profumo con grande abbondanza; le acque profumate vennero sparse
per tutto il corpo, si profumarono gli ambienti in cui si viveva
ed i finimenti delle cavalcature.
Per la fabbricazione dei profumi vennero usate materie prime costosissime,
animali e vegetali, come il muschio, la mirra, lo zibetto, l'ambra grigia
(secrezione profumatissima del capodoglio), rose, fiori d'arancio, gelsomini.
Furono di gran moda le gemme portaprofumo (vasetti, piccole giare d'oro,
ma anche pomi d'oro e bussolotti).

ABBIGLIAMENTO MASCHILE 1500

L'abbigliamento maschile del 1500  è descritto
con grande precisione dallo storico Varchi nel 1527.
Egli sostenne che il costume sia maschile che femminile
si era "ripulito e fatto leggiadro" rispetto al passato e che,
"bisognando stare provveduto di tante maniere di vestimenti,
si spende(va) assai nel vestire".
Il peso delle stoffe più che la foggia dell'abito determinava la differenza
tra gli indumenti estivi e quelli invernali.
In estate si indossava il lucco, generalmente di colore nero,
chiuso al collo da un gancio, lungo fino ai talloni, aperto davanti
e ai fianchi per lasciare uscire le braccia.
Nobili e ricchi potevano portarlo anche in inverno,
foderato di stoffe ricche e pesanti o di pelliccia.

Sotto il lucco si portava il saio, sopravveste elegante, adottata
da gentiluomini e ricchi mercanti, dotata di maniche, abbottonata davanti,
che copriva il busto ed arriva a metà coscia, di seta e non foderata.
Se era confezionato in panno pesante ed era foderato,
poteva essere indossato anche d'inverno.
Se era più ampio e lungo fino ai piedi prendeva il nome di saione.

Sotto il saio s'indossava il giuppone o farsetto che modellava il busto
ed aveva maniche imbottite e strette al polso.
Era un indumento legato all'ambito domestico; con questo si dormiva,
si stava in giardino, si lavorava all'interno della bottega
o nei campi, ma non si usciva mai di casa solo con questo capo
poiché, ad eccezione dei giovani ai quali era consentito
uscire in calze e farsetto, non era ritenuto decoroso.
Alla fine del 1500 il giuppone era imbottito sulla pancia secondo
la moda francese, dove era chiamato "panceron".

All'inizio del secolo sono documentati farsetti con ampie scollature quadrate
da cui si affacciava la camicia; in genere però i farsetti,
abbottonati davanti, arrivavano fino al collo, erano rifiniti da un collaretto verticale
dello stesso tessuto da cui spuntavano le lattughine della camicia,
ben insaldate, dapprima basse, poi sempre più alte ed ornate di merletti.
Si usava ancora il "colletto" di origine militaresca che,
all'inizio di cuoio e molto semplice, con il tempo diventò elegante e ricco.
Già durante il Quattrocento le calze attaccate con lacci al farsetto
erano state sostituite dalle braghe che però ora assunsero una linea gonfia
ed erano praticamente staccate dalla calza vera e propria
che arriva al ginocchio o poco sopra.

La moda italiana presentava tuttavia numerosi modelli di calzoni
aderenti alla coscia e legati sotto il ginocchio da sciarpe di stoffa dette poste.

Tipicamente invernale per l'uomo elegante era il mantello.
"Nè si porta da chi ha il modo a farsi il lucco se non il verno" dice il Varchi.
In realtà il mantello cittadino era molto usato da tutti in tutte le stagioni.
Era scuro (in prevalenza nero), "ancoraché i ricchi e nobili lo portino,
e massimamente i medici, di rosato o di pagonazzo", lungo fino a terra;
aveva ruota ampia; era spesso foderato di colori chiari e vivaci.

A Venezia il Doge indossava il manto d'oro che, in tempo di guerra,
veniva indossato anche dal capitano generale delle forze armate,
che lo portava allacciato sulla spalla destra come ai tempi antichi.

Se i nobili e notabili fiorentini indossavano il lucco, nelle altre città italiane
s'indossava per uscire la veste o toga, indumento lungo e piuttosto ampio,
 che aveva un colletto verticale.
Le maniche erano in genere aderenti al braccio,
ma a Venezia erano ampie ed aperte (maniche alla Dogalina).
Anche gli uomini portavano la zimarra, foderata o no,
secondo la versione estiva o invernale.
Scomparve la giornea, ma si portarono ancora la cappa ed il tabarro e,
verso la fine del secolo, una giacca elegante, senza maniche, nota come "capoto".
La camicia da giorno si affermò come uno degli elementi di maggiore spicco
nell'abbigliamento e fu destinata ad assumere un'importanza sempre maggiore.
Una sua caratteristica fu l'arricciatura sia al collo che ai polsi,
che dapprima veniva fermata con una ribattitura liscia,
poi con un collettino verticale, spesso ricamato,
poi con una striscia pieghettata che formava le lattughe
e le lattughine che, con il tempo, diventò prima il collare a lattughe
e poi la gorgiera, formata da parecchi strati sovrapposti di bianco lino o di pizzo.

Anche gli uomini portavano in mano un fazzoletto bianco, liscio o ornato da nappine,
ed i guanti che erano ricamati in oro ed argento, profumati, ornati da tagli.
La cintura, semplice e poco appariscente, era di seta o di velluto
o di altro tessuto leggero ed era chiusa da una fibbia in genere d'argento.
Vi si appendeva la borsa o scarsella, che serviva a contenere i denari
ed era quindi,oltre che un lusso, una necessità
per chi aveva bisogno di denaro per i suoi affari.

Medaglie e cammei erano appuntati oltre che sul cappello anche sulle vesti
e sul mantello e pendevano dalle grosse collane d'oro a catena.

 Gli anelli, belli e frequenti, erano usati con moderazione.
Una legge suntuaria del 154O, a Bergamo, proibì l'uso degli orecchini agli uomini
e ciò fa pensare che essi fossero stati adottati anche dai gentiluomini.

 





Le immagini e le notizie sono prese dal web
il copyright è dei rispettivi autori