Privacy Policy RINASCIMENTO BREVE STORIA


 
 


 

BREVE STORIA

Il 1400 e il 1500 sono dei secoli particolarmente importanti
dal punto di vista storico e non solo.
Verso la fine del Trecento, infatti, mentre fra la Francia e l’Inghilterra
si svolgeva la Guerra dei Cento Anni, nella nostra penisola,
grazie ad una certa stabilità economica e ad una relativa pace,
si sviluppò un’intensa vita culturale che gli stessi uomini dell’epoca chiamarono
RINASCIMENTO.
Questo fenomeno, tipicamente italiano, deriva dal termine “rinascita”
con cui s’intende lo straordinario sviluppo della letteratura e delle arti.
Il Rinascimento è un’età nuova che nasce come reazione al Medio Evo,
portando in primo piano l’uomo e la natura.
Mentre, infatti, nel Medio Evo l’uomo appare quasi completamente dominato
dal pensiero di Dio e dell’aldilà, il Rinascimento è l’età in cui l’uomo
si rende conto che il suo futuro dipende solo da lui e che è lui
l’unico responsabile della sua sorte.
Dal punto di vista storico e politico, il Rinascimento coincide
con lo splendore delle Signorie ma anche con le guerre di conquista
fra Francia e Spagna che trasformarono l’Italia in un campo di battaglia
e con i grandi viaggi di esplorazione che portarono alla scoperta del Nuovo Mondo.

Dal punto di vista culturale si distinguono due periodi:
il primo è detto “Umanesimo” dal latino “studia humanitatis”
cioè studi letterari ed è il periodo in cui gli studiosi (umanisti),
su invito del Petrarca, si dedicarono alla ricerca degli antichi manoscritti
greci e latini conservati nelle antiche biblioteche dei conventi.

In questo periodo ci fu una rivalutazione del mondo classico
che fu considerato perfetto in ogni campo.
Il fervore di ricerca dell’umanesimo fu favorito dal mecenatismo
dei principi che protessero gli studiosi e gli artisti in genere e
che prende il nome da Mecenate, patrizio romano, protettore di Virgilio.
Il punto di riferimento più significativo, fra le corti italiane,
per letterati, poeti ed artisti in genere, fu la città di Firenze
e la corte dei Medici che ebbe il momento della sua massima importanza
con Lorenzo, detto "il magnifico".

Il secondo periodo, invece, deve il suo nome al termine
 “Rinascita” in quanto questo fu il periodo in cui si ebbe
un profondo cambiamento nella concezione dell’uomo.
La data che segna l'inizio di questo mutamento epocale è il 1492,
una data-cerniera per due ragioni: la prima è che
 in quell'anno Colombo sbarcò sul continente americano,
la seconda  è che in questo anno si completò
 la Reconquista, ovvero la  cacciata dei Mori dalla Spagna.

L'Europa si disegnava ora come un continente totalmente cristiano e
la Spagna (fortificata anche dal successo  di Colombo)
si presentava come grande potenza.
Altra data epocale è il 1517, inizio ufficiale della Riforma protestante:
fenomeno religioso, culturale e politico a un tempo,
che concorse anch'esso a riassestare gli equilibri europei.
Eventi del genere non possono non stabilire una ideale linea di confine
tra due epoche, anche se al di sotto o al di sopra di questa "frattura",
scorre una continuità di temi, di atteggiamenti, di discorsi
che provengono dal secolo precedente.
Nell'arte, tiene a battesimo il nuovo secolo la Gioconda leonardesca,
maturano definitivamente Raffaello e Michelangelo,
trionfano Dürer, Holbein, Tiziano.
L'uomo moderno parla con la voce di Montaigne, Tommaso Moro,
Campanella, Erasmo da Rotterdam.
A metà secolo la visione dei cieli si ribalta attraverso
la rivoluzione copernicana, Ariosto chiude gli ideali cavallereschi
del passato e mentre lamenta l'apparizione dell'archibugio
riconosce l'avvento di una nuova tecnica militare.
Al di là delle Alpi  Rabelais seppellisce la cultura tradizionale,
al di qua Machiavelli toglie ogni illusione e  parla di un nuovo modo,
spietatamente realistico, d'intendere l'arte della politica.
Paracelso e Vesalio trasformano l'arte medica,
le città e la corte cambiano il loro aspetto, si formano le chiese protestanti,
la Chiesa cattolica si ristruttura attraverso la Controriforma tridentina.
Ce n'è abbastanza per parlare di un periodo in cui, tra fermenti di rinnovamento,
insofferenze per antiche scienze sacre o profane, si forma
una nuova immagine dell'uomo e della natura e inizia  l'era moderna.
Il Cinquecento è un secolo difficile da definire.
In questa fase, l'Europa visse un periodo di violenti contrasti politici e religiosi.
La nuova potenza spagnola, ricca delle immense risorse dei territori americani,
si contrappose alla Francia; nel Mediterraneo si fece sempre più forte la minaccia turca.
L'esigenza di un profondo rinnovamento religioso si risolse in una grave frattura
all'interno della Chiesa, divisa dalla riforma protestante,
che ebbe in Lutero e in Calvino i suoi principali ispiratori.

Si assistette ad una profonda rottura della comunità cristiana
che neanche il grande Concilio, convocato a Trento nel 1545,
riuscì a ricomporre; questo però darà inizio ad un autentico
rinnovamento della vita religiosa, che prenderà il nome di Controriforma.
La prima metà del secolo fu segnata dallo scontro tra le grandi
potenze europee per la conquista della supremazia.
Con l'acquisizione dei domini spagnoli, infatti, l'immenso impero
di Carlo V era diventato un pericolo per la Francia, che ne era accerchiata.

Francesco I (salito al trono nel 1515) scatenò una guerra contro la  Spagna.
I primi conflitti si svolsero in Italia; nel 1515, la Francia fu sconfitta
e Francesco I fu imprigionato a Madrid.
Un anno dopo riuscì a formare una lega con alcuni stati italiani:
Venezia, Firenze e lo Stato della Chiesa.
Quest'ultimo fu quello che subì le conseguenze più gravi in quanto
le truppe mercenarie imperiali dei lanzichenecchi puntarono su Roma
con la prospettiva di un bottino favoloso, devastando
tutto ciò che incontravano sul loro cammino.
Il saccheggio della città e l'assedio al pontefice (Clemente VII, 
Giulio de' Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico) asserragliato
in Castel Sant'Angelo, si conclusero solo otto mesi dopo, quando lo scatenarsi
di un'epidemia di peste costrinse le truppe imperiali ad abbandonare la città.
Benché annunciata per tempo da molti segnali, la sciagura colse Roma
impreparata, anche perchè nessuno poteva immaginarla così terribile.
Ecco quanto si racconta:
quando i lanzichenecchi arrivarono sulla sommità di Monte Mario,
il connestabile di Borbone li arringò:
"Se mai vi è capitato di pensare al saccheggio di una città
per guadagnare ricchezze e tesori, eccovela !
È la più ricca: la signora del mondo".
I lanzichenecchi erano 30.000 uomini: stanchi, laceri, affamati e pieni di odio,
guardarono Roma ai loro piedi mentre improvvisavano un accampamento
sulle colline tra Monte Mario e il Gianicolo, pregustando di già il saccheggio.

 Roma contava, in quella primavera del 1527, circa 90.000 abitanti;
soltanto pochissimi fortunati avevano avuto la fortuna di fuggire,
giacché il papa aveva ordinato che tutti restassero al loro posto.
Chi aveva denari e suppellettili preziose cercò di nasconderle,
chi aveva ragazze  cercò un convento per metterle al sicuro,
alcuni si barricarono in casa e qualcuno raccolse perfino delle "milizie"
nell'intenzione di potersi difendere.
All'alba del 6 maggio l'esercito imperiale si mosse  protetto dalla nebbia.
L'attacco principale fu quello dei lanzichenecchi di Corrado di Bemelberg,
contro la Porta Torrione, più o meno dov'è oggi il Largo Cavalleggeri,
mentre reparti di spagnoli e di italiani attaccavano
a Porta Santo Spirito e altri a Trastevere.
Il primo urto fu respinto: i lanzichenecchi che riuscirono a raggiungere gli spalti
furono ributtati di sotto, nel fossato, mentre i difensori rovesciavano
 le scale a mano a mano che venivano appoggiate alle mura.
Intervenne personalmente il Borbone che riportò ordine nell'attacco
spedendo i lanzichenecchi a Porta Santo Spirito e facendo accorrere
alla Porta Torrione spagnoli e italiani.
L'assalto si rivelò più difficile del previsto e il connestabile,
nell'intento di animare gli uomini, scese da cavallo e volle personalmente
salire su una scala, esortando i suoi a seguirlo.
Un colpo d'archibugio gli squarciò il basso ventre e lo fece precipitare.
Dall'alto delle mura lo riconobbero perché era coperto da una cotta
ricamata d'argento, ma non udirono quello che ebbe il tempo
di mormorare quando i suoi lo soccorsero: "Ah, Notre Dame, je suis mort!".

I difensori di Roma, per il momento, ebbero la meglio
ma sapevano di non poter resistere a lungo a quei diavoli scatenati;
 appena, infatti, una pattuglia nemica riuscì a insinuarsi dentro le mura
attraverso la finestra di una cantina del cardinale Armellini,
malamente ricoperta di terra e di letame, furono presi dallo scoramento.
Lo stesso Renzo di Ceri, il loro comandante, invece di provvedere
a tamponare la falla, provocò il panico tra i suoi gridando:
"Ecco il nemico, si salvi chi può", quindi se la dette a gambe
per rifugiarsi in Campidoglio.
Gli uomini che si battevano sulle mura abbandonarono gradualmente il loro posto
e fu soltanto per questo, anche se le fonti tedesche non condividono tale versione,
che gli assalitori ebbero così rapidamente la meglio.
Lo sfacelo avvenne talmente in fretta che il papa stesso udì le grida degli invasori
mentre era nel palazzo apostolico; già si stava combattendo in piazza San Pietro.
Clemente VII era deciso a farsi trovare davanti all'altare,
voleva morire  come un martire, ma i monsignori di curia
e i cardinali lo costrinsero a mettersi in salvo, trascinandolo via.

Già si sentivano gli spari nei pressi di Castel Sant'Angelo;
 se si fosse indugiato ancora non si sarebbe fatto
in tempo a mettersi in qualche modo al sicuro.
Si presero in fretta e furia dei viveri e ci si avviò quasi correndo
verso la fortezza sulla riva del Tevere.
Perché i lanzichenecchi non vedessero la bianca tonaca del Santo Padre
mentre percorreva il corridoio, un vescovo si tolse il mantello
rosso e lo gettò sulle spalle di Clemente VII.

Regnava un'indescrivibile confusione e prima di sera non meno  di 3000
 persone vi si erano asserragliate, oltre ai cardinali e alla corte papale.
Ci si rese conto che non c'erano né viveri né munizioni e si dovette provvedere
alla meglio saccheggiando alcune case e alcuni magazzini più a portata di mano.
Una vera folla tumultuava per entrare: gentiluomini, dame, mercanti:
il cardinale Pucci riuscì a entrare perché un domestico lo infilò da una
finestra  mezzo morto per i colpi ricevuti.
Il cardinale Armellini ce la fece soltanto perché lo issarono con una cesta:
la porta era già stata sbarrata; Roma era nelle mani degli invasori,
decisi a infliggere una lezione memorabile alla città corrotta,
come avevano predicato i luterani.
Avrebbe scritto nel proprio diario un ufficiale dei lanzichenecchi:
"Poiché nessun cittadino riesce a fuggire... giovane o vecchio, povero o ricco
che sia, tutti, a eccezione dei morti, vengono fatti prigioni per via di tormenti,
quand'è il caso, obbligati a pagare il loro riscatto e, col riscatto,
la colpa di essersi smenticatti di Dio.
 Così noi castighiamo quelli che hanno fallato
e per l'avvenire ardiranno fallare".
Alla fine, quando la peste indusse finalmente l'esercito imperiale
a lasciare la città, Roma era irriconoscibile.
C'erano meno di 30.000 superstiti.
Questo fu certamente l'episodio più terribile di questo secolo.

***********
Durante queste guerre l’Italia cattolica fu impegnata anche nella Controriforma
che fu il mezzo con cui la Chiesa di Roma cercò di arginare il dilagare del luteranesimo.
La Riforma luterana aveva avuto inizio nell'ottobre del 1517,
con l'affissione, da parte del monaco agostiniano Martin Lutero.
di 95 tesi sul portone della Cattedrale di Wittenberg, con le quali egli
smascherava alcuni insegnamenti errati della chiesa e
si scagliava contro la vendita di indulgenze.
Ma cos'erano le indulgenze?
Per indulgenza s'intendeva il perdono dei peccati attraverso il pagamento di una somma;
perciò chi riceveva l’indulgenza, era sicuro, dopo la morte, di andare in paradiso.
I predicatori facevano credere al popolo che non servivano la fede e le buone opere
per riscattarsi dal peccato, bastava pagare per ottenere il perdono.
Per pagare la costruzione della basilica di San Pietro a Roma,
il papa aveva deciso di vendere le indulgenze in tutta la Germania
e si poteva pagare non solo per se stessi, ma anche
per i propri congiunti morti da tempo.
Lo slogan di cui si servirono gli inviati del papa recitava:
“Al suono di ogni monetina che tocca il fondo della cassetta,
un’anima viene liberata dal purgatorio”.
Con questo slogan, le folle erano sollecitate a vendere qualunque cosa
 per racimolare il denaro necessario per liberare i propri defunti
 dalla condizione del purgatorio, favorendo un più veloce
passaggio alle beatitudini del paradiso.

Molti fedeli si ribellarono a questa vendita e tra essi Martin Lutero.
Fu questa un'occasione per condannare moralmente anche l'atteggiamento
dei Papi, che all'epoca vivevano come re.
Il Cristianesimo, secondo Lutero, andava riformato sulla base di tre principi fondamentali:
1) il libero esame, ovvero la possibilità e la libertà per ogni cristiano
di leggere e interpretare autonomamente la Bibbia;
2) il sacerdozio universale, secondo il quale tutti sono responsabili
della propria fede e non la demandano a nessun altro;
3) la salvezza dipende solo dalla fede e non dalle offerte alla Chiesa.

Papa Leone X non poteva lasciar perdere e il 16 giugno 1520 emanò
una bolla che condannava Lutero al rogo se non avesse ritrattato.
Le autorità avrebbero dovuto catturarlo e consegnarlo al papa, il quale
gli avrebbe riservato il trattamento destinato agli eretici, appunto il rogo.
Come reazione, Lutero bruciò in pubblico la bolla papale e pubblicò altre opere
che incoraggiavano i principi a riformare la Chiesa anche senza il consenso del papa.
La mossa successiva del Papa, l'anno successivo, fu la scomunica di Lutero.
Quando questi obiettò di essere stato condannato senza un’udienza imparziale, Carlo V,
imperatore del Sacro Romano Impero, intimò al riformatore di comparire
davanti alla Dieta imperiale di Worms, nella quale egli si rifiutò di ritrattare,
a meno che i suoi oppositori non avessero dimostrato con la Bibbia che era in errore.
Il risultato dell’udienza fu l’editto di Worms con cui Lutero
venne dichiarato fuorilegge e i suoi scritti vietati.
Durante il viaggio di ritorno a Wittenberg, Federico di Sassonia architettò
un finto rapimento, per sottrarre Lutero dai suoi nemici.
Portato di nascosto nella fortezza di Wartburg, Lutero si fece crescere
la barba e assunse una nuova identità, quella di un cavaliere, Junker Jörg.

Fu in quel periodo (era l’autunno del 1522), che trovò il tempo di finire
la sua traduzione del Nuovo Testamento.
Nel 1534 completò anche la traduzione del Vecchio Testamento, rendendo
così disponibile per la prima volta in tedesco la Bibbia completa.
Quando, nel febbraio 1546 a Eisleben, a Lutero sul letto di morte
fu chiesto se era ancora convinto di ciò che aveva insegnato, egli rispose di sì.
La Riforma determinò la formazione di un nuovo movimento religioso,
il protestantesimo, che si diffuse e ottenne larghi consensi.
In una ventina d'anni la Riforma conquistò più della metà della Germania,
della Svizzera, Gran Bretagna, Scandinavia e iniziò a penetrare
in Francia e in Europa orientale.
La Chiesa Cattolica dovette correre ai ripari e rispose alla Riforma
con un vasto moto di rinnovamento che viene indicato con il nome di Controriforma.
Bisognava riportare la Chiesa alla purezza primitiva
e al suo alto compito di guida del mondo cristiano.
Per raggiungere lo scopo era necessario un Concilio ecumenico, cioè universale:
dopo molte esitazioni il papa Paolo III prese nel 1545
la decisione di convocarlo nella città di Trento.
Intanto, dal seno stesso della Chiesa sorgevano nuovi ordini religiosi,
che aiutarono il Papato nella grande opera
di rinnovamento morale e religioso del Cattolicesimo.
Durante il Concilio di Trento, che si svolse tra il 1545 ed il 1563,
si discussero le verità di fede contestate da Lutero e Calvino.
I rappresentanti protestanti non parteciparono direttamente al Concilio
per cui non fu possibile instaurare un rapporto di pace all’interno del Mondo cristiano.
Contro la tesi luterana del libero esame si riaffermò come legittima
solo l’interpretazione delle Sacre scritture data dalla Chiesa.

Fu ribadito il principio che la salvezza si ottiene in virtù della fede e delle opere
e si riaffermò la validità di tutti e sette i sacramenti.
Vennero respinti, dunque, tutti i compromessi con i Protestanti,
riaffermando i dogmi del Cattolicesimo Medioevale.
e si instaurò una dura azione repressiva.
Il famigerato tribunale dell'Inquisizione venne ripristinato ed accentrato
sotto la direzione di una commissione cardinalizia, la Congregazione del Sant'Uffizio,
che vigilò sul rispetto delle questioni dottrinali e riorganizzò la censura
sulla stampa per evitare il diffondersi di interpretazioni diverse
rispetto a quelle fissate dall'autorità ecclesiastica.
Migliaia furono coloro che vennero giudicati eretici
anche sulla base di una semplice delazione.
I condannati erano costretti a confessare le proprie colpe sotto terribili torture.
Per salvarsi dalla morte al rogo o alla condanna del carcere in molti
decisero di abiurare la propria fede.

L’ inquisizione persegui appartenenti a tutti i gruppi sociali e.
benché fosse stata istituita per perseguire intransigenze religiose,
ben presto  si interessò anche dell’astronomia e della chimica.
Nacque così l'Indice dei libri proibiti, un catalogo contenente
 tutti i titoli delle opere di cui era stata ordinata
la distruzione e vietato il possesso e la lettura.
Tra questi si ricordano le traduzioni delle bibbia in volgare,
libri protestanti e gli scritti da Erasmo da Rotterdam.
La censura dei libri è la dimostrazione della consapevolezza,
da parte della Chiesa, dell’importanza sempre maggiore che aveva
acquisito la stampa, come veicolo di condivisione e promotore di idee.
Lo spirito repressivo della Controriforma colpì chiunque le si opponesse:
il frate domenicano Giordano Bruno, uno dei più alti pensatori
 dell'ultimo Rinascimento, che proponeva la ripresa del dialogo
con i protestanti e criticava come frutto di superstizione alcune forme
della religione cattolica, fu processato e giustiziato.

 





Le immagini e le notizie sono prese dal web
il copyright è dei rispettivi autori