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MUSICA

Tra il '300 e il '400, importanti avvenimenti politici e culturali
 cambiarono il volto dell'Europa.
É proprio in questo periodo, infatti, che si ha la formazione
e il consolidamento degli stati moderni
e una intensificazione degli scambi commerciali, finanziari e culturali
fra paesi europei ed extraeuropei.
A questo clima di sviluppo e di apertura, si aggiunse una riscoperta della cultura classica,
non più filtrata dalla dottrina della Chiesa, ma analizzata in modo nuovo,
attraverso la ricerca del significato originale dei testi antichi.
É proprio in questo periodo che si affermò, infatti, la cultura Umanista,
che non poneva più Dio al centro dell'universo, ma l'uomo artefice del suo futuro..
Tutto questo fermento portò ad una rinascita culturale e sociale
soprattutto della civiltà cittadina che si evidenziò soprattutto
tra la fine del '400 e nel '500.
Anche in campo musicale il Cinquecento fu un secolo di grandi novità e di intenso sviluppo,
in quanto risentì di tutto quel complesso di idee e di stimoli
che è conosciuto sotto il nome di Rinascimento.
In questo periodo la musica profana, non solo ebbe piena dignità d'arte,
ma acquistò un significato spirituale
fino ad allora riservato esclusivamente alla musica sacra.

La sua importanza fu tale che ebbe ancor più popolarità della musica sacra
e la diffusione della danza favorì notevolmente lo sviluppo della musica strumentale.
Il bisogno di fare musica per intrattenimento da parte dei professionisti e non,
fu una caratteristica del periodo rinascimentale,
tanto che ogni gentiluomo doveva avere una formazione musicale.

Nel Rinascimento, inoltre, la musica profana fu soprattutto musica di corte,
legata ad una nuova aristocrazia ricca e colta.
I migliori cantori erano quelli che avevano studiato
nelle maggiori cantorie della Fiandra.
I compositori fiamminghi furono considerati, infatti, i maggiori del secolo.
Un esempio fu Orlando di Lasso (Mons 1532 – Monaco di Baviera 1594).

Altri, invece, diventarono capiscuola di nuovi orientamenti musicali, come
Adriano Willaert (Bruges 1490 ca. – Venezia 1562).
L'’unità religiosa che il cristianesimo era riuscito a mantenere per tutto il medioevo,
fu spezzata nel XVI secolo con la nascita di vari movimenti di riforma.
Personaggi come Martin Lutero (1483-1546), Giovanni Calvino (1509-1564)
e il re d’Inghilterra Enrico XVIII Tudor furono i protagonisti di queste riforme.
In seguito alle riforme le cerimonie religiose cambiarono e il ruolo e
la forma della musica sacra, di conseguenza, venne modificato.
Una conseguenza comune delle riforme fu la sostituzione del latino
con la lingua nazionale nei riti delle Chiese riformate.
La confessione luterana fu sicuramente la più importante per quanto riguarda la musica.
Martin Lutero, il suo fondatore, era un profondo conoscitore della musica sacra del suo tempo
e nella messa luterana volle che i fedeli interagissero tra loro con il canto dei corali.
Il corale ebbe così una funzione simile a quella del canto gregoriano nel medioevo.
I corali erano cantati dall’assemblea all’unisono accompagnati, se necessario,
dall’organo o da altri strumenti.
La Chiesa anglicana fu quella che apportò meno modifiche alla liturgia.
Le innovazioni principali furono il Prayer Book (=libro delle preghiere)
del 1549 dell’arcivescovo di Canterbury, Th. Cranmer in lingua inglese
e il Book of Common Prayer Noted (=libro delle preghiere comuni poste in musica)
contenente i canti per le preghiere principali.

In questo periodo si affermò, la figura del mecenate,
ovvero di colui che si circondava di artisti e li manteneva
in cambio della loro presenza e dei loro servigi.
Ma spesso il mecenate non si circondava di artisti solo per puro amore dell'arte,
ma anche perchè, in questo periodo, la presenza di artisti a corte
era diventata una moda e i vari signori facevano a gara per avere a servizio
questo o quell'artista solo per potersene vantare.
Non bisogna però generalizzare, dato che ci sono stati anche mecenati
di vasta cultura e profondo amore per le arti.
Le corti italiane sono state le più splendide e ricche di artisti.
Da ricordare quella dei Medici a Firenze, dei Visconti a Milano, degli Estensi a Ferrara,
dei Gonzaga a Mantova e dei Montefeltro a Urbino
Per tutto il Rinascimento le corti italiane furono il centro della vita musicale
europea e il punto di incontro per tutti i musicisti d'Europa.

In questo periodo si svilupparono due forme musicali: il madrigale e la frottola,
 che venivano rappresentate nelle corti.
Il madrigale era un componimento musicale usato di solito per esprimere sentimenti d’amore,
inizialmente a due o tre voci e poi  da quattro a sei voci.
I testi che venivano adottati dai madrigalisti erano quelli dei grandi poeti del passato,
tra i quali Dante, Petrarca e Boccaccio o quelli contemporanei:
Ludovico Ariosto e Torquato Tasso.
Famosi madrigalisti furono Luca Marenzio e Carlo Gesualdo.

 

La frottola fu un componimento musicale, per lo più a quattro voci, di genere popolaresco.
Nacque presso la corte di Mantova e le corti italiane furono il luogo dove la frottola
trovò maggior gradimento.
In particolare i luoghi ove la frottola venne più coltivata furono:
Milano, Mantova, Verona, Ferrara, Padova e Venezia.

All’estero in questo periodo si andarono affermando grandi scuole musicali,
quella spagnola, francese, fiamminga e austriaca, mentre in Italia
i centri musicali del Cinquecento furono principalmente due:
Venezia e Roma.
La scuola veneziana ebbe inizio con Adrian Willaert, che proveniva dalla scuola fiamminga
e che operò nella Basilica di San Marco, centro della musica religiosa.
A lui si attribuisce l’uso del doppio coro in San Marco con due organi collocati uno davanti all’altro.
La scuola veneziana nacque in una Venezia spensierata, libera e mondana
e si affermò con Andrea Gabrieli e si impose con il nipote Giovanni Gabrieli:
questi unì al suono dell’organo quello dei flauti, delle viole, dei tromboni, dei cornetti, oltre alle voci.

 

Zio e nipote portarono a grande risalto la tecnica dei "cori battenti":
sfruttando la particolare struttura della Basilica di S. Marco,
che permetteva di disporre le voci del coro in più punti lontani tra loro,
per cui si formavano suggestivi giochi d’eco, con alternanze
e sovrapposizioni di solenne grandiosità polifonica.
La scuola romana trattò esclusivamente musica sacra nello stile polifonico per sole voci.
Elemento che caratterizzò queste forme di musica sacra fu lo stile a cappella,
chiamato così perché le esecuzioni avvenivano nella Cappella Sistina, che non possedeva l’organo.
Un'altra forma di mecenatismo che si riscontra in questo periodo è l'apertura
da parte del signore di accademie, ovvero associazioni di scienziati e artisti
riuniti attorno a una personalità importante.
É da ricordare l'Accademia Platonica di Firenze, protetta da Lorenzo il Magnifico,
l'Accademia degli Intronati a Siena, l'Accademia degli Incatenati a Verona,
l'Accademia dei Concordi a Ferrara, l'Accademia degli Invaghiti a Mantova,
l'Accademia di Santa Cecilia a Roma e la Camerata fiorentina.
Un gruppo di artisti appartenenti alla "Camerata fiorentina"
tra cui il poeta Giacomo Rinucci e i musicisti Jacopo Peri (1561-1633) e Giulio Caccini
furono gli ideatori del genere teatrale detto «recitar cantando», nel quale
le battute non venivano recitate ma cantate.
Questo genere teatrale si evolverà nei secoli successivi nell'opera.

 Nel Rinascimento si è visto principalmente un notevole sviluppo della musica vocale,
ma non bisogna dimenticare l'evoluzione che in questo periodo
subirono molti strumenti utilizzanti nel medioevo.
Infatti è in questo periodo che strumenti come il flauto dolce, la bombarda e molti altri,
sia a corda che a fiato si perfezionarono eandarono a formare varie famiglie,
nelle quali lo strumento è presente in diverse dimensioni e timbri,
corrispondenti ai registri della voce umana.
Radunati insieme, gli strumenti delle varie famiglie potevano così eseguire brani polifonici.

Nel Rinascimento la scelta degli strumenti necessari all'esecuzione di un brano
non era fatta dall'autore del brano stesso, come avverrà in seguito
nel periodo Barocco e nel Romanticismo, ma era fatta dai musicisti
al momento dell'esecuzione, in base al luogo, al numero dei musicisti e agli strumenti a disposizione.
Capitava così che brani vocali venissero eseguiti ad esempio da un consort di flauti dolci
o che lo stesso brano in un'occasione venisse eseguito con un consort di cromorni
e in un'altra con un consort di viole da gamba.
Per la musica più profana lo strumento più noto ed usato fu il liuto.
In quell'epoca questo strumento era estremamente versatile,
di facile trasporto, poteva sostituire qualsiasi strumento, poteva riprodurre insieme
le parti di una composizione polifonica.
Nel'400 il numero delle corde era sei, sette o otto,
poi arrivò al numero di undici, cinque doppie e l' ultima, la più acuta, singola.
Lo strumento musicale era oggetto di piacere estetico oltre che musicale,
molti signori tenevano strumenti per la sola bellezza degli stessi.
Alla corte di Federico III duca di Urbino, secondo il suo biografo Vespasiano da Bisticci
non c'era strumento che la signoria non avesse in casa.
Possedeva infatti 2 liuti, 1 clavicembalo, 1 cembalo, 2 pifferi e 2 organi.

Nel XVI e nel XVII secolo si precisò la funzione degli strumenti musicali in uso al tempo:
il liuto, l'organo, il clavicordo (a corde percosse) e il clavicembalo (a corde pizzicate).
Il liuto, strumento musicale a corde pizzicate e cassa armonica ovale,
era di origine orientale e venne introdotto in Spagna dagli arabi.
Da lì poi si diffuse per tutta l'Europa.

La cassa, dapprincipio veniva ricavata da un unico pezzo di legno,
poi fu costruita unendo da 9 a 40 listelli.
Sul liuto venivano eseguite soprattutto trascrizioni di canzoni profane e di danze
e questo strumento era anche usato per accompagnare la voce solista.
L’organo era uno strumento aerofono, cioè il suono era prodotto dall’aria,
che passa attraverso alcune canne.
L’aria poteva esservi trasmessa a bocca (come accadeva per lo cheng cinese)
o attraverso altri sistemi, più complessi: quello ad acqua e quello ad aria spinta da un mantice
Il sistema a mantice era quello più comodo, perciò venne prediletto rispetto agli altri.
Si diffusero, dunque, due principali tipi di organo a mantice, entrambi trasportabili:
l’organo PORTATIVO  che si poteva “portare” in braccio

e l’organo POSITIVO  che si “posava” a terra e il cui suono era più forte.

Con l’ingrandirsi delle chiese, tuttavia, la potenza del suono dei primi organi positivi non bastava,
e quindi si aumentarono le canne, si potenziarono i mantici, si ampliò la tastiera e, infine,
si creò (nel tardo Trecento) la pedaliera.

Questo nuovo tipo di organo, chiamato Organo MAGGIORE, però, non era trasportabile.
Il clavicordo è un piccolo strumento a tastiera in cui le corde,
anziché essere percosse da martelletti – come nel pianoforte – o pizzicate da plettri – come nel clavicembalo –
vengono colpite da piccole tangenti metalliche
(molto simili alle barrette d’ottone che delimitano i tasti di una chitarra).

Queste avevano una doppia funzione: da una parte facevano vibrare la corda, colpendola
dall’altra la dividevano in due parti, determinandone così la porzione vibrante e l’intonazione.
La vibrazione durava fintantoché la tangente restava in contatto con la corda
(ovvero, fin quando il tasto non veniva rilasciato).
La porzione di corda che non vibrava, invece, era avvolta da strisce di feltro
che andavano a smorzare il suono non appena la tangente si allontanava.
Il clavicordo era uno strumento semplice, che, tuttavia, al contrario del clavicembalo e del pianoforte
permetteva di agire sui suoni successivamente alla loro produzione:
se si effettuavano rapide pressioni su un tasto dopo che era stato abbassato, infatti,
si poteva ottenere un effetto di vibrato (chiamato bebung nella tradizione tedesca)
e addirittura, con una pressione maggiore e continuata,
un glissando al semitono o al tono superiore (come il bending nella chitarra).
Esso consentiva, seppur all’interno di una gamma assai limitata rispetto al pianoforte,
di avere diverse gradazioni  del suono, a seconda della forza con cui l’esecutore abbassava i tasti.
Il clavicembalo era uno strumento a tastiera ed a corde pizzicate,
molto simile per forma al pianoforte a coda;
le corde metalliche erano tese sopra la cassa
e venivano pizzicate da plettri che poggiavano su asticciole, comunemente chiamate saltarelli.

L'invenzione del clavicembalo è da attribuirsi a un Magister Armanus de Alamania.
La prima citazione di questo strumento, che verrà poi descritto in modo completo
da Arnault De Zwolle, eminente fisico, nel 1440, si ha nel 1397.
Nel 1500 e nel 1600 fu sicuramente l'Italia ed in misura minore le Fiandre,
a produrre ed esportare clavicembali in maggiore quantità.
Gli strumenti italiani venivano preferiti dai musicisti perché erano,
in primo luogo estremamente leggeri, avevano tastiere sporgenti e producevano suoni limpidi e ben precisi,
mentre i clavicembali fiamminghi erano molto pesanti ed avevano dei bassi troppo cupi e con sonorità incerte.





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