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RELIGIONE

Nel corso dei secoli  era diventato sempre più chiaro che la Chiesa dovesse essere riformata.
Già dall’XI secolo si avvertiva infatti, un forte richiamo ad un cristianesimo primitivo
contro la mondanità ed il potere ecclesiastico, la rilassatezza dei costumi,
la confusione tra sacro e profano,  l’eccessivo superstizioso ricorso ai santi.
Questa esigenza era stata ben rappresentata dai fratelli della Vita Comune
 (comunità cattolica fondata dall’olandese Geert de Groote)
abituati ad un costante confronto con la Sacra scrittura ed ispirati alla «devotio moderna».
Geert de Groote, noto col nome di Gerardus Magnus, aveva fondato
la comunità Fratelli della Vita Comune  nella seconda metà del 1300.

Geert era figlio di un ricco mercante per cui crebbe con un'eccellente cultura.
Dopo  gli studi primari nella sua città, andò, ancora quindicenne, a Parigi, dove divenne magister artium a 18 anni.
Dopo una vita di lussi e sregolatezze, cominciò a riflettere sui pericoli di quella vita e su quelli della vanità;
rinunciò ai lussi e si dedicò seriamente alla pratica della vita devota.
Si ritirò nel monastero di Monnikhuizen, dove passò tre anni in raccoglimento e preghiera.
Nel 1379 divenne diacono con il permesso di predicare nella diocesi di Utrecht
e questo gli permise di attirare attorno  a sé un gran numero di giovani .
Di questa corrente spirituale, che riconduceva le credenze e le pratiche cristiane ad una funzione morale,
il maggior rappresentante fu Erasmo da Rotterdam.
Nel Rinascimento, già nella stessa Roma,  prendevano sempre più forma critiche e proposte di rinnovamento della vita religiosa.
Molti fedeli e monaci si lamentavano del comportamento immorale e dispendioso dell'alto clero e dello stesso Papa.
Fra questi ci fu Girolamo Savonarola, un frate domenicano che predicava a Firenze contro la corruzione della Chiesa.

Nato in una famiglia di origini nobili il 21 settembre 1452, Savonarola da piccolo fu orientato
agli studi di Medicina che ben presto lasciò per diventare frate domenicano.
Nel 1482 conquistò molti fiorentini con le sue prediche appassionate,
e nacque la setta dei "piagnoni" (così chiamati perché piangevano durante i sermoni di Savonarola).
Oppositore  della corruzione e decadenza della Chiesa, predicava la penitenza come sola via di salvezza.
Al tempo la Chiesa Cattolica attraversava un momento di estrema decadenza
e soprattutto  sotto la guida dello spagnolo Alessandro VI, al secolo Rodrigo de Borja (italianizzato in Borgia),
pontefice dal 1492 al 1503, aveva toccato il fondo.
Egli,  dopo essersi comprato il conclave aveva trasformato Roma
 in una città-bordello che poi Lutero paragonò a Sodoma.

Il critico più aspro di tale degenerazione fu proprio Savonarola, che verso la Chiesa di allora non usava perifrasi:
"Nella lussuria ti sei fatta meretrice sfacciata, tu sei peggio che bestia, tu sei mostro abominevole".
E diceva ancora: "Chi ha denari, corra là  (Roma) che vi si vende ogni cosa!".
Contrario a ogni lusso, che riteneva fonte di depravazione, faceva processare chi giudicava dissoluto,
organizzando "roghi delle vanità", durante i quali venivano bruciati libri, opere d'arte e strumenti musicali.
Personaggio complesso e discusso, si oppose ai Medici, signori di Firenze, sostenendo la breve esperienza
della Repubblica di Pier Antonio Soderini.
All’inizio venne ascoltato dal popolo, ma in seguito fu scomunicato da papa Alessandro VI
e condannato a morte mediante impiccagione e non al rogo come comunemente si dice.
Il rogo, infatti, fu acceso dopo la sua morte, per distruggere le sue  spoglie ed evitare che venissero venerate.
La forca innalzata per impiccare Savonarola e i suoi aveva l’aspetto di una croce e una serie di catene di ferro
reggevano i corpi per evitare che cadessero durante il rogo.



Le ceneri furono poi disperse in Arno da Ponte Vecchio.

Tra il Quattrocento e il Cinquecento l'esigenza di rinnovamento divenne
così impellente da dare origine a un diffuso movimento d'opinione
I papi  erano coinvolti nella politica europea e gestivano un grande potere personale.
La disparità di tenore di vita tra i vertici della chiesa e la maggior
parte dei fedeli portava a gravi conseguenze come la separazione tra
beneficio e ufficio (cioè tra l'assegnazione delle rendite e l'effettivo
lavoro svolto) e il cumulo dei benefici cioè la possibilità per una
persona di occupare più uffici senza realmente svolgerne alcuno.
In tutti gli Stati dell’Europa, la Chiesa possedeva grandi ricchezze
e pretendeva che le fossero donate anche grandi quantità di denaro.
Per questo motivo gli Stati erano scontenti.
L'amministrazione della chiesa richiedeva infatti, molto denaro
che induceva i vescovi a raccoglierlo attraverso le offerte,
la vendita di cariche ecclesiastiche e la vendita di indulgenze
(condoni dei peccati in cambio di denaro).
La corruzione  al tempo di Alessandro VI era tanto estesa che
il maestro di cerimonie Georg Burckardt ricorda nel suo diario che, nel 1501,
cenarono nel palazzo apostolico cinquanta cortigiane che danzarono nude innanzi al papa.

La stessa elezione del Borgia al soglio pontificio nel 1492 non aveva nulla d spirituale.
All’epoca aveva sette figli (di cui quattro avuti dall'amante "ufficiale" e tre da altre donne).
E fu con lui che la vendita delle indulgenze e degli uffici ebbe uno sviluppo così esagerato
da suscitare scandalo anche in una società che sembrava pronta ad assorbire qualsiasi nefandezza.
Era anche stato istituito un ufficio apposito, la Datarìa, per mettere ordine ai fondi cui il papa
poteva accedere direttamente, per far fronte alle ambizioni personali e a quelle dei figli e
 in particolare di Cesare (il Valentino), deciso a creare un forte Stato nell’Italia centrale.
Grande alleato dei papi fu il banchiere tedesco Jakob Fugger, fervente cattolico, che comprò per sé e per la moglie
molti "anni di sconto" sul possibile passaggio in Purgatorio ma fu al contempo tra i maggiori beneficiari
del grande affare delle indulgenze grazie agli interessi sui prestiti elargiti al Vaticano.

Da un punto di vista religioso, durante il Rinascimento il cristianesimo
rimase un elemento fondamentale anche se gli uomini di chiesa, soprattutto quelli di alto rango
come Papi, Cardinali e Vescovi, avevano un comportamento e uno stile di vita
più adatti ai nobili e ai grandi mercanti, piuttosto che al loro ruolo.
Fu anche a causa dei nuovi atteggiamenti degli alti ranghi del clero rinascimentale
che prese il via la Riforma Protestante, ossia lo scisma fra Chiesa Cattolica e Chiesa Protestante.
La Riforma, infatti, si proponeva di rinnovare la Chiesa Romana, criticata per  la diffusa corruzione.
Non era la prima volta che si tentava un rinnovamento; i malumori interni alla Chiesa Cattolica
erano presenti già da tempo, come testimonia il caso del frate Girolamo Savonarola,
ma nel caso della Riforma Protestante i tentativi sfociarono in un vero e proprio scisma,
giungendo alla costituzione di due realtà religiose indipendenti, sia a causa dell’intransigenza
delle rispettive posizioni ideologiche, sia per l’intreccio con i rivoluzionari sviluppi politici dell’epoca.

Benché quasi tutti i principi conducessero una vita dissoluta, tutti rispettavano le forme esteriori della religione,
partecipavano alle funzioni e mantenevano a corte degli ecclesiastici: il cappellano, l’elemosiniere, il confessore.
Quest’ultimo era il più potente perché nella confessione veniva a conoscere i segreti del suo signore.
Vescovi, cardinali e papi, poi, provenivano spesso dalle dinastie signorili
come quella dei Medici, dei Montefeltro, dei Gonzaga.
Tutte le famiglie nobili tenevano ad avere nel casato un vescovo, un cardinale e soprattutto un papa
perchè questo assicurava loro ricchezza e sicurezza.
Il massimo onore per una casa regnante era quello di poter vantare tra i propri antenati un santo:
se poi di quel santo si conservavano le reliquie, il prestigio della famiglia si accresceva ulteriormente.

Nel 1500 la Chiesa stava rinunciando alla propria identità religiosa e stava smarrendo
la predicazione evangelica a causa della  sua laicizzazione.
La goccia che fece traboccare il vaso fu la decisione, nel 1515, di papa Leone X, (Giovanni de' Medici)
di vendere le indulgenze in tutta la Germania per pagare la costruzione della Basilica di San Pietro a Roma,
L’ indulgenza è il perdono dei peccati, perciò chi riceveva l’indulgenza era sicuro, dopo la morte,
di andare in Paradiso senza passare dal Purgatorio introdotto nel Medio Evo.
La campagna per le indulgenze partì nel 1517, ma questo provocò un forte malcontento in Germania
poiché la vendita delle indulgenze era affiancata alla simonia, ossia alla vendita di cariche ecclesiastiche.
I predicatori facevano credere al popolo che non servivano la fede e le buone opere:
 bastava pagare per ottenere il perdono.
Il tutto, apparve indignitoso ai principi tedeschi che
non riconobbero  più, nel papa,  i valori cristiani.
 I contadini più poveri, inoltre, che credevano alle indulgenze,
erano costretti a pagare prezzi insopportabili per acquistarle.
Molti fedeli si ribellarono a questa vendita e tra essi il frate agostiniano tedesco
Martin Lutero che fu il grande protagonista di quegli anni.

Lutero espose le sue idee in 95 tesi che furono affisse alla porta del duomo di Wittenberg nel 1517
come protesta contro ciò che stava accadendo, dando così  inizio alla Riforma protestante.

Martin Lutero era nato il 10 novembre 1483 ad Eisleben e nel 1501 aveva iniziato gli studi a Erfurt nella Turingia
dove conseguì, nel 1505, l’esame di magistero per poi studiare giurisprudenza.
Il giovane studente visse nella paura per la salvezza della propria anima, fino alla svolta definitiva della sua vita
che avvenne il 2 luglio 1505 quando, nei pressi di Stotternheim, venne proiettato a terra
da un fulmine caduto vicino e, nella paura di morire, esclamò: “Aiutami, Santa Anna. Voglio diventare monaco!”
Entrò quindi nel convento degli agostiniani e durante le lezioni come dottore in teologia a Wittenberg a partire dal 1512,
fece una scoperta rivoluzionaria che espose nella Lettera ai Romani.
Per giustizia, egli disse,  non si intende quella punitrice da lui temuta, bensì la giustizia donatrice di Dio.
Sentendosi come se fosse rinato, Lutero annunciò da quel momento la buona novella:
riteneva l'uomo giustificato, ossia reso giusto, non con l'acquisizione delle indulgenze,
ma solo con la fede in grazia di Dio stesso e cioè con le proprie opere.
L'uomo, diceva Lutero, riceve la salvezza non per meriti suoi ma per la benevolenza di Dio.
Cambiò il  libero arbitrio, con il servo arbitrio, cioè è Dio che ha l'assoluta libertà nella vita dell'uomo, che non può che peccare.
Secondo Lutero nel caso l'uomo avesse la libertà, questo toglierebbe a Dio parte della sua onnipotenza.
Dunque Martin Lutero negava l’esistenza del libero arbitrio, riducendo tutta la vita umana alla predestinazione.
L’uomo non ha speranza, a nulla vale la sua volontà di fare bene,
solo la fede può salvarlo, la fede in un Dio che lo spinga verso la salvezza piuttosto che la dannazione.
Così dicendo l'ex frate domenicano negava il cosiddetto "dono" di Dio, che
dopo quello della vita è quello della libertà: le azioni dovevano
comunque avere il solo fine di piacere a Dio, ma in maniera gratuita.
Un'altro aspetto importante del Luteranesimo riguardava il sacerdozio.
Come sappiamo, nella dottrina tradizionale, l'interpretazione della Bibbia era riservato al solo
clero, mentre con Lutero la Bibbia doveva essere accessibile a tutti.
I fedeli di Lutero furono così spinti a "imparare" a leggere la Bibbia e tutti i credenti erano sacerdoti.
Togliendo la riservatezza del sacerdozio  scomparirono molti sacramenti, tra cui quello della confessione.
La Riforma di Lutero stigmatizzava in particolare la prassi della simonia, dal nome di Simon Mago,
pronto a pagare per acquistare la grazia e i beni dello Spirito Santo.

A condannarlo è già il Nuovo Testamento che riporta l’episodio del taumaturgo della Samaria,
che vedendo Pietro e Giovanni arrivati da Gerusalemme per battezzare alcuni convertiti come lui,
“offrì loro del denaro dicendo:
 ‘Date anche a me questo potere affinché a chiunque imponga le mani riceva lo spirito santo’” (Atti 8, 18-24).
Il concilio di Calcedonia del 451 aveva già condannato la vendita di cariche ecclesiastiche
e lo stesso aveva fatto nel 790 Carlo Magno,
ma, dopo mille anni di cristianesimo, quel peccato era ormai la regola e le istituzioni religiose
erano sfruttate largamente dal clero per scopi personali.

Dal punto di vista culturale Lutero promosse la stampa e la produzione editoriale,
con una grande diffusione della Bibbia, istituzioni di scuole pubbliche e
alfabetizzazione, mettendosi  un passo avanti rispetto ai cattolici.
Lutero conservò il battesimo e l'eucaristia, per il solo motivo che questi erano istituiti e documentati nel Vangelo.
La chiesa romana cercò invano di convincerlo a tornare sui suoi passi
 con la bolla papale Exsurge Domine (insorgi o Signore).
Lutero però, bruciò questa davanti ai principi tedeschi e ottenne così la scomunica per eresia da parte della Chiesa.

L’ imperatore Carlo V tentò di riconciliare le parti, con la dieta di Worms del 1521,
ma anche in questo caso Lutero non tornò indietro e anzi venne seguito da alcuni principi tedeschi.
Il salvacondotto imperiale che il principe Federico ottenne per il suo protetto,
impedì l'immediato arresto di Lutero a Worms.
Per salvarlo dalla condanna che ormai era stata emessa, il principe organizzò un falso rapimento
allo scopo di tenerlo nascosto nel castello di Wartburg, Eisenach, dove rimase per dieci mesi,
nel corso dei quali si dedicò alla sua più importante opera: la traduzione in tedesco del nuovo testamento,
partendo dal testo greco redatto pochi anni prima da Erasmo da Rotterdam.
L'8 maggio 1521 Carlo V proclamò l'editto di Worms, con il quale le tesi luterane
venivano ufficialmente condannate e perseguite in tutti i territori dell'impero.
Lutero fu considerato un fuorilegge e un nemico pubblico e  chiunque poteva ucciderlo impunemente.
La situazione di Lutero si fece estremamente pericolosa e c'era chi temeva e chi sperava
che l'intera vicenda si concludesse, come tante altre volte in passato, col rogo.
Ma, con la morte di papa Leone X  il 1º dicembre 1521  Lutero poté  rientrare a Wittenberg.

La prima edizione del Nuovo Testamento fu pubblicata anonima
nel settembre 1522 e divenne nota come il "Nuovo Testamento di Settembre".
Costava un fiorino e mezzo, pari al salario di un anno di una domestica.
In 12 mesi se ne stamparono 6.000 copie in 2 edizioni e almeno altre 69 edizioni seguirono nei successivi 12 anni.

Il 1522 e gli anni seguenti furono particolarmente sanguinari in quanto al movimento riformatore
fu data una svolta in senso rivoluzionario,
In questa fase si colloca la figura di Thomas Müntzer (o Muentzer), un teologo allievo di Lutero
che aveva aderito alle tesi riformatrice e poi era entrato in aperto scontro col maestro.
Il contrasto in questione lo portò ad abbandonare la causa moderata, per mettersi alla testa
di una delle numerose bande armate che si stavano costituendo,
con l'intento di affermare (con la forza) un nuovo ordine cristiano, basato sull'eguaglianza di tutti gli uomini.

In questo contesto si colloca anche la Rivolta dei cavalieri (Ritterkrieg)
formata da esponenti della piccola nobiltà, guidati da Franz von Sickingen e Ulrich von Hutten
ai danni della grande aristocrazia ecclesiastica tedesca, ossia i principi-vescovi.

Le motivazioni dalle quali scaturì tale offensiva erano diverse e comprendevano ragioni di tipo sia ideale che pratico.
La classe dei cavalieri, che aveva visto le proprie prerogative e fonti di reddito  ridotte
a causa dell'avvento degli eserciti moderni, composti in prevalenza da mercenari,
aveva visto ulteriormente eroso il proprio guadagno, a causa delle decisioni della Dieta di Worms,
che aveva bandito le guerre private, una delle principali fonti di reddito di tale classe sociale.
Tra le proposte elaborate dai leader della rivolta troviamo l'abolizione dei principati indipendenti,
l'unificazione delle terre di lingua tedesca, la secolarizzazione dei principati e delle proprietà ecclesiastiche
e infine la creazione di un regime a guida monarchica  che prevedeva la partecipazione
su base paritaria di tutti gli esponenti dell'aristocrazia.
I cavalieri si battevano anche per partecipare all'espropriazione delle terre della Chiesa di Roma,
e ottenere un feudo da cui, in quanto figli cadetti erano rimasti esclusi.
La situazione rimase tale per alcuni anni, durante i quali la riforma protestante andò diffondendosi oltre l'impero.
In questo periodo Lutero continuò la sua opera teologica, pubblicando nuovi scritti
che invocavano la pace e la separazione delle faccende temporali da quelle spirituali.


Lutero fu contrario anche alla ribellione dei contadini tedeschi del 1525 che rivendicavano alcuni antichi diritti.
Nei loro "Dodici articoli, essi chiedevano una fiscalità meno oppressiva,
l'abolizione del privilegio che permetteva ai nobili di attraversare i campi per inseguire la selvaggina,
e la restituzione delle terre destinate agli usi comuni dei loro villaggi espropriati alla Chiesa romana.
Nell'aprile del 1525 Lutero pubblicò l'Esortazione alla pace a proposito dei dodici articoli dei contadini di Svevia.
In questo scritto, con cui dimostrava di aver scelto ormai definitivamente l'alleanza coi signori feudali,
egli prendeva le distanze da quel movimento, esortando i principi tedeschi alla soppressione
delle "bande brigantesche ed assassine dei contadini", che «disobbedendo all'autorità costituita,
si macchiano di tali peccati da meritare di essere uccisi come cani rabbiosi».

Lutero fu durissimo con i contadini in rivolta ritenendoli omicidi e ladri.
Ecco cosa diceva Lutero a proposito dei rivoltosi:
«Che ragione c'è di mostrare clemenza ai contadini?
Se ci sono innocenti in mezzo a loro, Dio saprà bene proteggerli e salvarli.
Se Dio non li salva vuol dire che sono criminali.
Ritengo che sia meglio uccidere dei contadini che i principi e i magistrati,
poiché i contadini prendono la spada senza l'autorità divina.
Nessuna misericordia, nessuna pazienza verso i contadini, solo ira e indignazione di Dio e degli uomini.
Il momento è talmente eccezionale che un principe può, spargendo sangue, guadagnarsi il cielo.
Perciò cari signori sterminate, scannate, strangolate, e chi ha potere lo usi (...) lasciate che tutti quelli che possano,
colpiscano, uccidano e pugnalino, segretamente o apertamente, ricordando che nulla può essere più velenoso,
offensivo o diabolico di un ribelle...
Perché il battesimo non rende gli uomini liberi nel corpo e nella proprietà, ma nell'anima; e il Vangelo non rende comuni i beni,
tranne nel caso di coloro che, di loro spontanea volontà, fanno ciò che fecero gli apostoli e i discepoli in Atti 4,32–37.
Non esigevano, come fanno i nostri folli contadini nella loro furia, che i beni degli altri - di Pilato ed Erode-
 fossero comuni, ma solo i loro beni.
I nostri contadini, tuttavia, vogliono rendere comuni i beni di altri uomini e mantenerli propri.
Ottimi cristiani sono! Penso che non sia rimasto un diavolo all'inferno; sono andati tutti tra i contadini.
Il loro delirio è andato oltre ogni misura>>.

Il 15 maggio 1525 gli ultimi insorti della guerra dei contadini, guidati da Thomas Müntzer, furono annientati a Frankenhausen
da Filippo I d'Assia e Müntzer venne ucciso.

Dieci giorni prima era morto Federico il Saggio, cui era succeduto il fratello Giovanni.
Nello stesso anno Lutero decise di abbandonare la vita pubblica e la veste religiosa.
In giugno sposò Katharina von Bora, di 16 anni più vecchia, figlia di un nobile cavaliere decaduto:
una monaca che aveva dismesso l'abito in conseguenza della riforma.

Fu un gesto di grande importanza che contribuiva alla formazione della nuova teologia luterana.
I due ebbero sei figli e la loro casa fu uno dei principali centri irradiatori delle idee riformatrici.
Sempre nel 1525 vennero pubblicati La Messa tedesca e Del servo arbitrio, quest'ultimo in risposta
a uno scritto di Erasmo, Del libero arbitrio, pubblicato l'anno precedente, nel quale il grande umanista olandese
invitava il monaco ribelle a ritornare sui propri passi riesaminando le concezioni espresse sul rapporto tra l'uomo e il suo destino.
La conseguenza fu la definitiva rottura tra i due intellettuali.
Gli anni che vanno dal 1525 al 1530 videro Lutero, ma soprattutto i suoi seguaci, impegnati nel duplice obiettivo
sia di consolidare la dottrina riformata, contrastando le repliche e i contrattacchi della Chiesa romana,
sia di proteggerla da possibili derive estremiste.
Nel 1527, intanto, in rotta politica col papato, Carlo V mosse verso Roma dove le truppe dei mercenari lanzichenecchi,
in maggioranza luterani e antipapisti, la saccheggiarono gravemente.
Fu una delle prime guerre di religione tra cattolici e protestanti.

Una delle sue battaglie fu quella della conversione degli ebrei al luteranesimo ma non conseguì
nessun risultato degno di merito,  per cui, dopo  il 1537  incoraggiò la loro persecuzione.
Lutero scrisse anche dei libri contro gli ebrei che rifiutavano di convertirsi al cristianesimo.
Nel 1543, ormai vicino alla fine, Lutero pubblicò l'opera Degli Ebrei e delle loro menzogne, (Von den Juden und ihren Lügen),
In questo trattato dichiarò che le scuole (yeshivá) e sinagoghe ebree dovevano essere bruciate,
che i libri di preghiera (sidur) dovevano essere distrutti, che bisognava proibire la predicazione ai rabbini,
che le case degli ebrei andavano incendiate e che le fortune in loro possesso andavano confiscate.
. Non andava mostrata né compassione né bontà per loro, non gli si doveva offrire protezione legale
e "questi velenosi vermi avvelenati" dovevano essere mandati ai lavori forzati o espulsi.
Anche il loro omicidio viene giustificato: "[Abbiamo] la colpa di non ucciderli".
Nel trattato Lutero definisce gli ebrei "la base della prostituzione popolare", dato che
"non sono il popolo di Dio (ma Gesù non era ebreo?) e per legge devono essere considerati come immondizia".
per cui  consiglia ai protestanti di intraprendere sette azioni contro di loro.

  • Incendiare le scuole e sinagoghe ebree e avvertire la gente sulla loro presenza;
  • Non permettere che gli ebrei siano proprietari di case di cristiani;
  • Rimuovere le scritture religiose ebree;
  • Negare ai rabbini il diritto di predicare;
  • Non concedere salvacondotti agli ebrei per i lunghi percorsi;
  • Che la pratica dell'usura sia loro vietata e che siano loro confiscati tutti i beni in oro e argento;
    se un ebreo è effettivamente convertito gli può essere dato sostegno
  • Fornire agli ebrei giovani e forti fruste, asce, pale e mandrini, in modo che si guadagnino il pane lavorando.
  • Lutero dice degli  Ebrei che erano:"cani assetati del sangue di tutta la cristianità [...] spesso giustamente bruciati vivi
    perché accusati di avvelenare l'acqua e i pozzi e rapito i bambini che sono stati smembrati e tagliati a pezzi [...]
    che ancora non ci è dato sapere quale sorta di demone li abbia portati nel nostro paese [...]
    che erano da considerarsi un pesante fardello, come una peste, pestilenza e pura sventura nel nostro paese [...]
    profittatori, avidi, che maledicono il nostro Signore, figli del Diavolo che è contento e si rallegra di aver mandato
    gli Ebrei fra i cristiani per contaminarli [...] che vogliono governare il mondo nonostante siano
    grandi criminali e assassini di Cristo e di tutta la cristianità".
    Parole molto dure ma che si inquadravano nel generale atteggiamento di intolleranza e diffidenza
    verso il giudaismo (anche in ambito cristiano ) che percorreva la cultura europea, sia laica che religiosa.
    Questo testo fu molto valorizzato dai nazisti, al punto che lo stesso pogrom scatenato in Germania, Austria e Cecoslovacchia
    durante la cosiddetta «notte dei cristalli» fu voluto proprio nel giorno del compleanno di Lutero.
    «Il 10 novembre 1938 – scriveva allora il vescovo evangelico-luterano di Eisenach, Martin Sasse – bruciano in Germania le sinagoghe.
    Dal popolo tedesco viene finalmente distrutto il potere degli ebrei sulla nuova Germania e così viene finalmente incoronata
    la battaglia del Führer, benedetta da Dio, per la piena liberazione del nostro popolo»”.

    Lutero manifestò un forte disprezzo anche per ogni forma di commercio, da lui giudicato "uno sporco affare",
    e condannò l'interesse come usura, nel Medioevo interdetta ai cristiani e quindi spesso appannaggio degli ebrei.
    Tali eccessi reazionari divennero sempre più marcati man mano che invecchiava.
    Lo stesso studioso Roland Bainton, pur essendo un suo devoto biografo, riconosce come Lutero fosse diventato
    «un vecchiaccio irascibile, petulante, maldicente, e talvolta addirittura scurrile».
    Negli ultimi anni Lutero divenne sempre più rozzo e vendicativo al punto da scadere spesso nel turpiloquio.
    Aveva anche preso a mangiare e bere smisuratamente, vuotando in più occasioni interi boccali di birra.

    A questo proposito dobbiamo ricordare che furono proprio Lutero e i suoi seguaci a promuovere l'uso del luppolo nella birra.
    Per loro fu un atto di ribellione contro la Chiesa cattolica che all'epoca deteneva il monopolio sul gruit,
    un mix di erbe amaricanti, utilizzato per la produzione di diverse bevande tra le quali la birra.
    Il gruit era tassato, utilizzato dalla chiesa come fonte di ricavi, mentre il luppolo no
    in quanto era un'erba infestante e quindi era considerata dalla chiesa bavarese immonda.
     La sua salute intanto si era andata deteriorando progressivamente fino a che si ammalò gravemente di ulcera.
    Secondo quanto è stato tramandato, il 18 febbraio a Eisleben, quando Lutero era sul letto di morte,
    gli amici gli chiesero se era ancora convinto di ciò che aveva insegnato.
    Rispose: «Sì», e poco dopo spirò.

    La salma di Lutero venne in seguito inumata nella Chiesa del castello di Wittenberg dove si trova ancora oggi.

    Nel tempo sono sorte alcune dicerie su un presunto suicidio di Lutero.
    L'oratoriano Thomas Bozius (1548-1610), nel suo De Signis Ecclesiae Dei, Coloniæ, 1592, scrive di avere appreso
    da "fonte degna di fede" che un domestico di Lutero, tale Ambrogio Kuntzell (o Kutfeld),
    successivamente convertito al cattolicesimo ("superioribus annis ad nostros se recepit"),
    affermava che il suo padrone fu trovato impiccato alle colonne del letto, dopo che era stato portato a dormire ubriaco la sera prima
    Il testo di Bozius fu ripreso nel 1606 dallo scienziato Henricus Sedulius (1547-1621) in uno scritto polemico contro gli eretici.
    Lo scrittore cattolico Jacques Maritain scrive che il dottor de Coster, subito accorso, avrebbe constatato
    che la bocca di Lutero era contorta, che la parte destra del suo viso era nera e che il collo era rosso e deforme,
    come se fosse stato appunto strangolato, ma non parla di impiccagione.
    Questa sua diagnosi sarebbe riportata su un'incisione che Lucas Fortnagel fece
    il giorno dopo la morte di Lutero, ma la presenza di de Coster alla morte di Lutero non trova riscontro nelle fonti.
    La tesi del suicidio fu riproposta da Paul Majunke nel 1890 e confutata da Georges Claudin, nel 1895
    che ha pubblicato il testo latino e la traduzione francese della presunta "deposizione" del domestico.
    Altri documenti a confutazione della tesi sono stati pubblicati dal teologo cattolico Nikolaus Paulus nel 1898.

    Maschera mortuaria di Lutero e calco delle mani

    Tali dicerie sul suo suicidio furono diffuse solo vent'anni dopo la sua morte;
    i resoconti ufficiali della morte del riformatore testimoniano una morte naturale, alla presenza di un gruppo di persone
    oppure nel sonno e la sua maschera mortuaria non riporta segni compatibili con un'asfissia violenta.
    Secondo una pubblicazione vicina all'ortodossia cattolica, La riforma protestante, dello storico cattolico Roberto Coggi
    molto probabilmente Lutero morì per una sua vecchia malattia di cuore, malattia della quale però non si hanno altre notizie.
    Anche la leggenda del suicidio di Lutero è quindi considerata non fondata dagli storici e diffusa in funzione anti-luterana
    Oggi si ritiene quasi comunemente che Lutero sia morto di ictus.
    Il mistero rimane




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