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SESTA TESTIMONIANZA

Mi chiamo Carlo Montalcini, ho una moglie e due figli.
Sto cercando un po’ di cibo per la famiglia
ma non trovo nulla.
Per fortuna nel mio rifugio c’è ancora un po’ di zucchero.
Mio figlio ha la febbre alta e mia figlia è molto piccola,
ha appena 7 mesi ed avrebbe bisogno di mangiare di più.
Gli aerei tedeschi hanno cominciato a bombardare Varsavia
e la nostra vecchia casa è stata distrutta.
E’ dicembre, nevica e fa molto freddo.
Non abbiamo più nulla da metterci addosso.
Per sfamare la mia famiglia ho rubato del pane ma è poco.
E’ pomeriggio, cammino per la strada ed ecco che i tedeschi
mi fermano e mi ordinano di fare delle cose strane
che io faccio per non rischiare di essere ucciso.
Quando torno a casa è già notte.
Pensavo di essere al sicuro ma i tedeschi ci trovano
e ci dicono di andare con loro.
Così anche noi siamo stati presi e dobbiamo seguire il destino degli altri ebrei.
Riesco a scappare ma i miei rimangono con gli altri.
Mi metto a piangere disperatamente e
non so darmi pace per essere scappato senza di loro.
Passo la notte nascosto ma il giorno dopo i tedeschi
mi riprendono e mi portano in un lager.
Lavoro senza tregua perché so che i tedeschi
>si divertono a colpire con la frusta o, addirittura a uccidere,
chi si ferma anche un sol minuto, per puro divertimento.
Quando vedo queste cose mi viene voglia di ucciderli
e di vederli soffrire per quello che ci fanno.
I miei amici, i miei parenti, sono tutti morti.
Ma mia moglie ed i miei figli, dove sono?
Vorrei sapere qualcosa di loro!.
La notte li sogno contenti di vedermi e che giocano su un prato.
Ma poi mi risveglio e quel prato diventa di pietra,
i fiori diventano armi, il cielo azzurro diventa grigio
e quell’atmosfera di felicità e gioia diventa triste.
Oggi un tedesco mi ha detto che se voglio sapere
che fine ha fatto la mia famiglia, devo fare quello che mi chiede.
Io so che probabilmente mi ha detto una bugia,
ma ormai non m’importa più di nulla e faccio quello che vuole.
Ma ad un certo punto vedo venire verso di me una donna e due bambini.
Corrono e si avvicinano ma quando sono quasi giunti
vengono freddati da colpi di pistola.
Corro verso di loro, ormai a terra e riconosco mia moglie ed i miei figli.
Hanno il volto sereno e un sorriso stampato ancora sul viso,
forse perché stavano venendo da me.
Riesco a fuggire con altri ebrei e fortunosamente torno nella mia vecchia casa.<
Fra le macerie ritrovo il mio sassofono, miracolosamente intatto.
Mi rifugio in una casa disabitata;
ho una paura terribile di essere scoperto.
Mi nascondo di giorno e cerco qualcosa da mangiare di notte.
Ad un tratto, però, sento dei passi….
Ho tanta paura, ma anche tanta fame.
Ormai sono disposto a tutto per una briciola di pane.
Esco allo scoperto…….E’ un tedesco.
Mi fa delle domande a cui cerco di rispondere.
Non sembra cattivo come gli altri.
Mi chiede cosa faccio con quel sassofono in mano.
Gli dico che sono un musicista.
Non ci crede.
Vuole che glielo dimostri e così mi metto a suonare.
Non so come ma la musica esce fluida sotto le mie dita.
Si commuove e decide di aiutarmi.
Mi porta in un rifugio sicuro e mi da un po’ di cibo.
Dice che ormai la guerra, per loro è finita
e che presto noi ebrei saremo liberati.
E così che ho vissuto questa terribile esperienza.

Nicolò Pitarresi

III D







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