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TERZA TESTIMONIANZA

Io, scampata alla distruzione di Pompei,
ho ritrovato tra le macerie della mia casa, il mio diario.
Ecco il contenuto degli ultimi giorni.

XXII Augustus LXXIX d.C.
“Caro diario, questa mattina mi sono alzata, mi sono lavata
e poi ho fatto colazione e sono andata a scuola.
La sera, quando sono tornata, ho mangiato con i miei genitori
e le mie sorelle Ada e Marta.
Ada è la media mentre Marta è la più piccola.
Io mi chiamo Antina e abito a Pompei.
I miei genitori, Cesare e Giulia, ci vogliono tanto bene
e ci portano ogni due giorni alle terme.
Domani, infatti, andremo al tempio di mattina
e di pomeriggio andremo alle terme.
La mia famiglia è molto ricca; mio padre è un medico e guadagna molto.
Abbiamo una villa molto grande
con 5 camere da letto, una cucina, 3 bagni
e abbiamo anche una grande fontana.

XXIII Augustus LXXIX d.C.
Oggi mi sono svegliata, lavata e ho fatto colazione con miele e pane.
Poi tutti siamo andati al tempio e abbiamo pregato.
A ora di pranzo siamo tornati e abbiamo mangiato i resti della cena.
Poi papà è tornato dal lavoro e siamo andati alle terme
e ci siamo fatti il bagno. Quando stavamo passando nell’ altra vasca,
un bambino correndo verso l’altra vasca è scivolato e si è rotto la testa.
Mio padre è corso per soccorrerlo però era già morto.
La sera abbiamo mangiato, tutti insieme, carne arrostita e uova
e la mia salsa di pesce preferita.
Noi a pranzo non mangiamo insieme, perché gli uomini,
generalmente, mangiano nelle osterie.

XXIV Augustus LXXIX d.C.
Oggi non andrò a scuola perché devo andare al tempio… “
Qui finisce il mio diario e inizia il mio racconto;
infatti, quando siamo arrivati al tempio, abbiamo sentito delle scosse di terremoto
molto forti, poi, prima di pranzo molte case sono crollate per le forti scosse.
Alle ore 12 la montagna incominciò a buttare fumo
e poi è caduta su Pompei una pioggia di pietre incandescenti.
Le case crollavano, la gente urlava, il cielo si oscurò.
Scappammo e andammo fuori dalla nostra casa; fuori non si respirava.
Mia madre svenne e mio padre la prese in braccio
e andammo verso il porto per scappare; ma il mare era troppo mosso.
Ci rifugiammo in una casa. Mia madre non si muoveva: era morta.
Io mi misi a piangere. Mio padre mi consolò; c’era un caldo tremendo.
Dopo qualche ora uscimmo, pensando che si fosse calmato tutto,
ma non era cosi. Ora non si sentivano più le urla della gente
perché erano quasi tutti morti.
Ancora qualche persona correva, cercando di scappare.
Un uomo, che passava correndo, fu colpito da una pietra e morì.
Il caldo e la mancanza di ossigeno rendevano il posto irrespirabile:
stavo soffocando.
Entrai nella casa e chiusi la porta.
Dentro era più fresco.
Mio padre non era entrato, usci e lo vidi a terra morto.
Entrai e cercai di non piangere per non far preoccupare le mie sorelle.
Passarono poche ore e non senti più niente.
Io ero sveglia mentre le mie sorelle dormivano;
il corpo di mia madre giaceva sul pavimento.
Eravamo sole; poi mi venne un idea.
Uscii con le mie sorelle, corsi verso il porto,
presi una barca e remai finché non fui lontana dalla città.
Ero cosi stanca che svenni.
La mattina seguente mi ritrovai in un porto
scesi e chiesi dove mi trovavo: ero in Sicilia.
Veronica A.



QUARTA TESTIMONIANZA

Il XXIV Augustus del LXXIX d. C. il Monte Somma si è spaccato
ed è fuoriuscita una valanga di ceneri;
poi, lapilli e lava hanno sommerso Pompei.
Il mio nome è Pompera e sono una delle poche sopravvissute all’ eruzione:
ero una schiava. Voglio raccontarvi la mia storia.
La giornata cominciava, per noi schiavi, molto presto, all’ alba;
io svegliavo la padrona e l’aiutavo a vestirsi,
la truccavo e con il ferro le arricciavo i capelli.
La padrona si sedeva con suo marito a tavola e io portavo loro
la colazione a base di pane, miele e frutta.
Dopo la padrona mi diceva di andare a comprare pesce, frutta e verdura
e anche del vino e dell’olio.
Cosi uscivo e andavo al mercato e come mi aveva ordinato la padrona,
compravo del pesce per fare la zuppa, i fichi e la lattuga,
delle olive, del formaggio, del vino e dell’olio.
Dopo andavo in “lavanderia” e portavo alcune coperte e vestiti.
Tornavo a casa e portavo tutto in cucina alla mia amica Elpena che è la “cuoca”.
Poi andavo a sistemare la camera della padrona
sperando di guadagnare 2 monete
in modo da poter ottenere in poco tempo,
una somma abbastanza alta per poter diventare liberta.
A pranzo accompagnavo la padrona e il padrone a una taverna <
dove mangiavano la zuppa di pesce e bevevano il vino.
Al padrone piaceva freddo mentre la signora lo preferiva caldo.
Tornati a casa, il tempo di sistemare qualcosa e poi tutti alle terme.
e quindi entravamo in una stanza tiepida, poi in una calda
e poi in una fredda.
Dopo il padrone andava a fare “ginnastica” mentre la padrona
e io tornavamo a casa.
Sulla strada incontravamo una piccola scuola dove c’ era un maestro
che insegnava a contare ai bambini.
Qui da noi ci si sposa anche a 10 anni.
Il giorno prima del disastro Elpena aveva avuto un bel da fare,
perché la sera il padrone aveva invitato alcuni suoi amici
e quindi doveva cucinare un antipasto, due primi, due secondi,
frutta e dolce. Verso il tramonto iniziai a preparare la padrona,
le dipinsi di color biondo i capelli e gliel’intrecciai con nastri colorati.<
Dopo, con polveri varie, le truccai la faccia.
L’aiutai a vestirsi con vestiti eleganti ed a indossare collane,
bracciali, orecchini.
Arrivarono gli ospiti e si sdraiarono
ed io iniziai a servirli.
A tarda sera se ne andarono e così andammo tutti a letto.
L’indomani tutto uguale ma, verso il pomeriggio, ci fu un terremoto fortissimo
e iniziarono a “volare” pietre grosse dal monte Somma.
Scappammo con il carro lontano da Pompei.
Tornammo due giorni dopo e di Ercolano e Pompei non c’era più traccia.
Mi dispiace perché molte persone sono morte.
Francesca Catarinicchia.









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