QUARTA TESTIMONIANZA

Quando gli arabi arrivarono in Sicilia nell’ 827,
ci fu il panico e iniziò una lunga guerra che sconvolse le nostre vite.
Un giorno, durante un attacco al mio paese,
mentre correvo per nascondermi in una casa con i miei genitori,
un uomo arabo mi prese e mi portò via con sé.
Io ero terrorizzata.
Piangevo forte, urlavo e cercavo di liberarmi scalciando e dando pugni.
Dopo un bel pezzo, lui, stanco, si fermò per prendere fiato
e io tentai di correre via, ma lui mi fermò.
Per la prima volta lo guardai e mi accorsi che era un ragazzo
di carnagione scura, con i capelli e gli occhi neri.
Quando lui mi guardò mi fece capire di non avere paura
perché non mi avrebbe fatto alcun male.
Riprendemmo il cammino e arrivammo al suo campo
dove mi affidò ad una donna siciliana come me che era una schiava.
Io cominciai a piangere pensando che non avrei mai più visto i miei genitori,
poi stanca mi addormentai.
Dopo qualche ora quel ragazzo tornò e mi disse di chiamarsi Alì
e mi chiese se avevo fame.
Io risposi di si, allora lui prese dalla tasca una palla arancione
le tolse quella che sembrava la buccia
e ne fuoriuscì una cosa arancione con dei peletti bianchi.
Me ne offrì metà, io la presi, ma non sapevo che fare e
lui mi disse che era da mangiare.
Allora l’assaggiai e mi accorsi che era aspra ma buona.
Lui mi disse che era un’ arancia, poi se ne andò.
Nei giorni successivi tornò spesso a trovarmi;
mi spiegò che ero stata rapita per essere scambiata con un prigioniero arabo
che era stato affidato a mio padre.
Durante le sue visite mi raccontava della sua splendida terra
che lui chiamava Al-Jasira cioè “la penisola”.
I suoi antenati erano nomadi e vivevano nel deserto
spostandosi da un’oasi all’altra a cavallo di strani animali con due gobbe,
capaci di vivere giorni e giorni senza acqua.
Ogni tribù aveva i suoi dei e adorava un meteorite
he era stato donato loro dall’ arcangelo Gabriele
e che era conservata nella città di La Mecca.



Il loro unico dio era Allah e l’uomo che aveva diffuso la sua parola era Maometto,
il profeta che loro adoravano e che aveva iniziato la jhad o guerra santa
che li aveva portati fino in Sicilia.
Alì fu sempre gentile con me; sapeva leggere e scrivere
e mi leggeva le bellissime fiabe di un libro dal titolo “ Le mille e una notte”.
Quando arrivò il giorno della mia liberazione,
ero felice ma nello stesso tempo triste perché sapevo
che non avrei mai più rivisto il mio amico Alì.

Veronica Alia







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