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MASAI
gli uomini della savana




Sugli altopiani dell’Africa orientale, ad est del lago Vittoria,
si estende un territorio dove la savana è formata da una rada boscaglia
e da vaste distese erbose sulle quali si innalzano acacie ad ombrello.
In questa regione vivono numerose specie di animali selvatici tra le quali
zebre, gazzelle, antilopi, bufali e gnu.
E' questo il paese di uno dei più originali popoli africani,
i Masai, pastori nomadi che allevano numerose mandrie
di bovini ma anche di zebù, capre e pecore.
Sono molto probabilmente originari del nord Africa;
seguendo il corso del Nilo, essi sono discesi a Sud fino a raggiungere
alcuni secoli fa la Rift Valley, occupandone la vasta area a cavallo
tra i moderni stati del Kenya e della Tanzania.



Nella savana, terra dei Masai, ci sono due sole stagioni di circa sei mesi ciascuna:
la stagione delle piogge che inizia a Novembre con piccoli acquazzoni e finisce ad Aprile,
e la stagione secca che va da Maggio a Ottobre e di cui Luglio e Agosto
sono i mesi più freddi.
La vita dei Masai è scandita da questi cambiamenti.
Quando i temporali interrompono con fragore la quiete della savana
e la pioggia si riversa sulla terra arida e i pascoli sono abbondanti,
nell'accampamento c'è poco da fare, salvo riparare i recinti del bestiame
abbattuti dalle lotte dei tori. Questo è perciò il tempo delle cerimonie
che i Masai celebrano con feste, canti e danze.



Durante la stagione secca il bestiame comincia a indebolirsi e a morire.
Anche la popolazione si indebolisce perché il cibo scarseggia.
Per evitare il peggio ha inizio il duro lavoro dei mandriani Masai
che debbono portare le mandrie lontano, verso le terre alte
dove le erbe sono ancora verdi e i torrenti montani provvedono all'acqua.
Inizia quindi la vita semi nomade dei Masai che lasciano la casa
per girare nella savana sotto le stelle.
Il possesso degli animali per i Masai, pastori nomadi
è indice non solo di ricchezza ma anche di prestigio e
potenza perciò essi ne allevano molti capi che, d’altra parte,
costituiscono la principale merce di scambio con i popoli vicini.
I Masai amano a tal punto il loro bestiame che un allevatore
riconosce ogni capo della mandria e la loro lingua usa ben
700 termini per indicare una vacca.
Essi amano anche l’erba che nutre il bestiame e questa spesso è nominata
nelle loro cerimonie religiose e nelle danze.
Dicono i Masai: “Dio ci ha donato gli animali e l’erba;
noi non separiamo le cose che Dio ci ha dato”.
Poiché sono molto rispettosi dell’ambiente naturale,
i Masai, che pure sono abili guerrieri, non esercitano sistematicamente la caccia
degli animali selvatici; solo raramente uccidono qualche bufalo
per la carne, gli struzzi per le loro penne ornamentali,
gli elefanti per le loro zanne.



Abituati a vagare per ampi spazi aperti senza limitazione di sorta,
disprezzano chi coltiva la terra, tanto che in passato
hanno avuto aspri contrasti con gli agricoltori Ki-Kuyu, loro vicini.
La struttura della residenza Masai è disegnata appositamente per proteggere il bestiame.
Quando più famiglie decidono di vivere insieme, esse costruiscono un recinto
al centro del loro villaggio, il kraal che è anche il centro della loro vita.



Il kraal è un villaggio circolare formato da una cerchia di capanne
costruite con rami e foglie ed intonacate di sterco bovino.
Le capanne hanno la forma a igloo, con un solo ingresso e il tetto a cupola.
La struttura portante delle capanne è fatta di rami intrecciati, cementati con il fango.



Le capanne sono vicine al bordo interno della palizzata e lasciano
al centro del Kraal un largo spiazzo per il bestiame dove ci sono tre recinti
costruiti con fasci di rami spinosi e riservati uno ai bovini adulti,
uno alle pecore e alle capre e il terzo ai vitelli.
Tutto intorno il villaggio è circondato da una siepe spinosa
che serve per difendersi dagli animali feroci e dagli eventuali nemici.
Secondo un'antica leggenda tutto il bestiame del mondo appartiene ai Masai,
ecco perché quando, a causa della siccità o delle epidemie le mandrie diminuiscono di numero,
essi organizzano razzie di bestiame a danno dei popoli vicini.
Le cose più importanti nella vita dei Masai sono i figli e il bestiame.
Non vi è cerimonia che in un modo o nell' altro, non includa una mucca,
un toro o un bue. La popolazione Masai che attualmente raggiunge i 300-400 mila individui,
ha circa 3.000.000 di capi, formati prevalentemente
da bovini, da asini, pecore, capre.
La ricchezza di una famiglia è proporzionale al numero di capi che essa possiede.
Tuttavia un uomo senza figli, anche se possiede migliaia di capi,
non è considerato felice.
Un uomo che ha meno di 50 capi è considerato povero.
Cinquanta capi sono la quantità minima per assicurare
la sopravvivenza di una famiglia in una economia basata quasi
esclusivamente sul latte e i latticini.
I Masai vivono in clan e sono divisi in classi sociali basate sull’età
e sul lavoro da essi svolto: grande importanza rivestono i guerrieri (sirit)
retti da un capo e gli anziani che, riuniti in consiglio (ol-olsho),
dirigono la vita del villaggio. Gli uomini e i bambini portano
il bestiame al pascolo mentre le donne accudiscono alle faccende domestiche.
Ogni giovane Masai deve anche imparare a difendere il branco dai predatori.



Un anziano si deve perciò assicurare che il ragazzo abbia ben imparato a distinguere
le impronte dei leopardi, dei leoni e di molti altri animali selvaggi.
Il giovane dovrà anche imparare ad essere prudente; così, se la difesa del branco
contro le belve diventasse difficile, egli deve sapere che anziché rischiare
è meglio correre subito a casa a chiedere l' aiuto dei guerrieri,
i protettori della terra Masai.



La circoncisione segna il passaggio all' età adulta
e l' ingresso nella classe dei guerrieri.
Nelle tribù Masai la divisione tra i sessi è molto accentuata.
Le donne allevano i figli, preparano il cibo, costruiscono le case,
trasmettono le leggende per via orale. Gli uomini guardano il bestiame,
lo difendono dai predatori, lo conquistano ai nemici;
inoltre estendono una sorta di dominio militare sulla vasta area dei pascoli
da cui dipende l'intera comunità. In ogni comunità numerosa,
le nascite dei maschi e delle femmine avvengono con la stessa frequenza.
Ci sono, perciò, tra i giovani di un'età intermedia tanti uomini quante donne.
Gli uomini si sposano dopo i 30 anni, le donne fin dai 15 anni o prima.
Addirittura le figlie appena nate vengono promesse a un futuro marito.
Tutto questo è possibile perché gli uomini restano fecondi anche in età avanzata;
le donne invece possono avere figli solo fino ai 40-45 anni.
L' insieme delle donne è diviso in due soli sottoinsiemi:
il primo insieme comprende le femmine in età da 0 a 16-20anni:
esse non sono circoncise e si possono accompagnare solo con i guerrieri;
il secondo insieme comprende le donna da 16- 20 in poi;
esse sono circoncise e si debbono maritare solo con gli anziani.
L'iniziazione, ossia l'ingresso dei giovani nel mondo degli adulti
avviene attraverso una pratica dolorosa: la circoncisione.
I Masai eseguono la circoncisione sia sui maschi che sulle femmine.
I ragazzi circoncisi potranno finalmente essere accolti nel gruppo dei guerrieri.
Le ragazze circoncise invece, cessano di essere le compagne dei guerrieri
e dovranno sposare un uomo che ha ormai cessato di essere guerriero
per entrare a far parte della categoria degli anziani.
Abbandonati gli abiti scuri e indossata la rossa tunica di guerriero,
il giovane Masai comincia a farsi crescere i capelli che verranno poi
raccolti in complicate acconciature.



Per sviluppare al massimo lo spirito comunitario, i giovani guerrieri moran,
dopo un breve periodo di permanenza nella loro capanna individuale,
lasciano il Kraal paterno e vanno ad abitare tutti insieme in piccoli accampamenti
costruiti appositamente dalle madri dei guerrieri e formati da 49 capanne
richiuse in un recinto. (49 è un numero sacro presso i Masai).
Essi devono mangiare in comune e la loro alimentazione, a base di latte e carne,
è cucinata dalle madri che hanno libero accesso e anche un giaciglio nell'accampamento.
La bellezza dei giovani guerrieri, che oltre ai capelli dedicano gran parte del tempo
a decorare il proprio corpo slanciato con arabeschi di ocra sulle gambe,
ha un forte fascino sulle ragazze non ancora circoncise.
Ogni ragazza dichiara il suo amore per un guerriero e lo invita a casa dei genitori
che gli offrono il latte. Questo guerriero sarà il preferito;
ma ogni ragazza ha anche altri amori.
C'è un secondo guerriero, amico del primo, con il quale essa si accompagna,
in assenza del preferito; c'è anche un terzo guerriero che li sostituisce entrambi
durante la loro assenza. Tra i 3 guerrieri però non c'è alcuna gelosia
ed essi rispettano la loro reciproca posizione con la ragazza.
Questa continuerà a frequentarli fino al suo matrimonio
che avverrà solo dopo la sua circoncisione.
Lo scudo, la corta daga e una lancia pesante
costituiscono l' unico armamentario di ogni guerriero.



Dopo 15-20 anni ogni guerriero dovrà abbandonare l'accampamento
per entrare nella categoria degli anziani.
Allora in base al bestiame che egli possiede, potrà prendere una o più mogli.
I suoi meravigliosi capelli, che erano motivo di vanità con le ragazze e
che, intessuti di nastrini e di ocra gli scendevano fluenti fino ai lombi,
dovranno essere rasati a zero per sempre.
Poi seguirà una solenne cerimonia durante la quale, insieme
a centinaia di ex-guerrieri tutti rasati, egli verrà accolto nella comunità degli anziani.



Gli anziani si riuniscono in consiglio e, insieme al Laibon,
che rappresenta l'autorità religiosa, essi decidono sulle scelte importanti
che l'intera comunità dovrà affrontare.



Nella cultura dei Masai la ricchezza è data dalle mucche e dai figli.
Entrambi questi valori sono legati alle donne.
Chi possiede più mucche, può scambiarne alcune per acquistare mogli.
Chi ha molte mucche e molte mogli può crescere e nutrire molti figli.
Chi ha molti figli può allevare più mandrie.
Chi ha molte figlie le darà in sposa ricevendo in cambio le mucche.
Il loro credo religioso è tutto rivolto a Ngai, il dio di tutti i Masai
e creatore di tutte le cose; altra figura importante e il laibon,
il profeta (si acquisisce per via ereditaria) che fin da tempi remoti
ha influenzato le scelte di questo popolo essendo il mediatore tra loro e Ngai.
Il Laibon è contemporaneamente il sacerdote, l'indovino e il saggio consigliere
della tribù. Egli predice il futuro osservando la disposizione
che assumono alcuni ciottoli fatti cadere a terra casualmente
dopo essere stati agitati dentro un corno di bufalo.
Il Laibon amministra anche la giustizia consigliando le famiglie in lite
a trovare un accordo o ad accettare un risarcimento per un torto subito.
Il risarcimento, naturalmente, è in vacche.
Essendo una persona di grande prestigio verrà sepolto sotto dei tumuli di pietre,
e non abbandonato nella savana (come avviene per tutti)
affinché se ne cibino le iene e gli altri animali.
Gli dei creatori che tanto si dannano per l’umanità sono chiamati dio rosso e nero,
abitano al di fuori della terra e si fanno la guerra
per il predominio sulla specie umana.
La divinità principale è il dio Ngai il quale ha due aspetti: Engai-Narok,
il dio Nero, buono e benvoluto e Engai-Na-Nyokie,
il dio Rosso e vendicatore. Il dio Nero è presente nel tuono e nella pioggia
e porta erba e prosperità. Il dio Rosso è presente nei fulmini e nella stagione
secca e porta carestia e fame.
I Masai si nutrono soprattutto di latte e mangiano la carne del loro bestiame
solo in occasioni speciali. Oltre al latte e alla carne utilizzano
ogni parte del loro bestiame. Le corna sono utilizzate per fare i contenitori;
gli zoccoli per fare ornamenti; le pelli per fare vestiti, scarpe, coperte e corde.
Il sangue delle mucche, bevuto ancora caldo, serve a ridare le forze ai feriti
e alle partorienti, o per dare coraggio ai guerrieri.
Il sangue viene prelevato incidendo le vene del collo, senza uccidere gli animali.
Il recipiente di raccolta del sangue è la zucca allungata, seccata al sole
e guarnita di manici e tappi di cuoio. Le zucche sono utilizzate per conservare il latte.
Esse vengono sciacquate di quando in quando con l'urina delle vacche
alla quale sono attribuiti poteri medicamentosi..
Ultimamente i Masai hanno iniziato ad integrare la loro alimentazione con riso,
mais, banane che acquistano dalle vicine tribù di agricoltori
in cambio di qualche capo di bestiame.



Nel secolo diciannovesimo le potenze europee si sono impossessate dell’Africa
e se la sono spartita senza alcun riguardo per i suoi equilibri ecologici, culturali ed umani.



I Masai,fino ad allora padroni indiscussi della savana, hanno dovuto però
fronteggiare anche altre difficoltà, come la peste bovina
che nel 1890 decimò le loro mandrie e la successiva epidemia di vaiolo
che uccise migliaia di persone.
Nei primi anni del nostro secolo si aggiunse a tutto questo anche la fame di terre dei coloni:
parti delle zone abitate dai Masai, divise fra Germania e Gran Bretagna,
furono dichiarate terre senza proprietario” e date ai coloni.
Nella sola Africa orientale tedesca la deportazione dei Masai causò
la perdita di 40.000 kmq di terre da pascolo.



All’inizio degli anni Sessanta Kenya e Tanzania divennero indipendenti,
ma per i pastori nomadi questo non portò alcun miglioramento.
Anzi, si aggiunsero lotte accanite per le poche riserve naturali rimaste.
Se è vero che i parchi naturali proteggono la preziosa fauna africana,
è però altrettanto vero che privano i Masai dei pascoli.
Gli indigeni, pur non essendo cacciatori e non cibandosi di selvaggina,
vengono cacciati dai parchi nazionali e con la scusa di tutelare il patrimonio forestale,
inoltre, viene loro vietato l’accesso ai pascoli di montagna,
alle pendici del Kilimangiaro. Oggi questo divieto viene aspramente criticato,
perché sembra che l’uso dei pascoli di montagna sia perfettamente compatibile
con la conservazione dei boschi.
Sul piano strettamente politico, è all’inizio degli anni Novanta
che i Masai cominciano ad organizzarsi.
La Prima Conferenza dei Masai sulla Cultura e lo Sviluppo (Arusha, 1991)
e la fondazione del Pastoralist Network (1992) sono le tappe
più importanti di una strategia che include anche una presenza regolare
alle riunioni organizzate dall’ONU per discutere
la Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli Indigeni.
Ed è proprio in una di queste riunioni (ottobre 1996) che i Masai del Kenya,
insieme ad altri popoli, denunciarono senza mezzi termini che gli anni spesi
per elaborare l’ambizioso documento “sono stati perfettamente inutili”.

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