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IL FURTO DELLE MORE MAGICHE

Tanto Tempo fa, in un povero villaggio,
viveva una povera contadina di nome Diletta.
Era una ragazza mora, con gli occhi verdi
che viveva in una capanna con delle caprette
e delle galline e il suo patrigno,
che la trattava come una serva.
La costringeva a pulire, a servirlo,
ad accudire agli animali, a prendere l’acqua nel pozzo
che si trovava vicino al bosco.
Se non gli ubbidiva, Diletta veniva picchiata con un frustino.
Il patrigno le aveva proibito di uscire
e soprattutto di andare nel bosco.

Una notte, era inverno e faceva molto freddo,
Diletta, mentre il patrigno dormiva,
decise di scappare perché era stanca dei suoi maltrattamenti e
voleva conquistare la libertà.
Si confidò con la sua gallina preferita
e le chiese di aiutarla.
La gallina prese le chiavi della porta che il patrigno teneva sotto il cuscino,
e le portò a Diletta che, dopo averla ringraziata,
aprì la porta e fuggì.

Diletta s’incamminò verso il bosco;
era molto impaurita, aveva freddo ed era affamata
perché il patrigno non le aveva dato nulla da mangiare
in quanto aveva bruciato la minestra.

Cammina, cammina, al chiaro di luna
vide un cespuglio di more.
Queste more erano lucenti, grosse e sembravano molto succose.
Diletta ebbe la tentazione di mangiarne qualcuna
ma, ne aveva appena colta una, che comparve una fata.

Questa fata era bionda, con gli occhi azzurri.
Le disse di chiamarsi Celestina e
che era la fata del bosco.
Era molto infuriata perché Diletta
aveva osato raccogliere una delle more magiche del suo cespuglio.
Diletta chiese scusa, ma la fata le disse
che ormai il danno era fatto.

Era infatti caduta nel tranello della strega Varana
che era la sua rivale e che le aveva rubato
l’anello fatato che le avrebbe permesso
di risvegliare la natura dopo l’inverno.
Senza quell’anello sarebbe stato inverno per sempre.

Ora, diletta, se voleva riparare al danno,
doveva recuperare l’anello che si trovava nel castello della strega
Se fosse riuscita nell’intento avrebbe potuto scegliere tra la libertà
e l’amore di un principe.

Diletta accettò.
La fata le donò alcune more e Diletta si mise in cerca del castello.

Cammina, cammina incontrò una volpe che si lamentava.
Diletta le chiese cosa avesse
e la volpe rispose che le era rimasta una zampa incastrata sotto un sasso,
mentre cercava di fuggire a un cacciatore.
Dilettò l’aiutò togliendo il sasso e le curò le ferite.
La volpe, riconoscente, le donò un dente magico.
Diletta ringraziò e si rimise in cammino.

Cammina, cammina sentì una vocina che diceva:
“Dove siete, dove siete”.
Diletta guardò in basso e vide una lumachina che piangeva.
Le chiese: “Perché piangi?” e la lumachina rispose:
”Non trovo più i miei piccoli”.
Diletta le disse che l’avrebbe aiutata.
Insieme cominciarono a cercare i piccoli.
Cerca, cerca non riuscivano a trovarli
finché Diletta vide un cespuglio e si accorse
che c’erano tante piccole scie lucenti e,
seguendole con gli occhi, trovò i piccoli
che giocavano tra le foglie.
Diletta prese delicatamente le lumachine
e le portò alla madre che, felice di aver ritrovato i suoi piccoli,
la ringraziò e le donò un guscio.
Diletta accettò il dono e continuò il suo cammino.

Cammina, cammina era già pomeriggio
e Diletta era affamata.
Avrebbe voluto mangiare qualcosa
ma aveva paura di cadere in un tranello della strega Varana.
Ad un certo punto vide un coniglio che si disperava.
Diletta gli si avvicinò e gli chiese che cosa avesse.
Il coniglio le rispose:
“Una talpa sta distruggendo il mio campo di carote”.
Diletta decise di aiutarlo,
si fece indicare il luogo in cui si trovava il campo e si avviò.

Cammina, cammina, arrivò al campo di carote
e si accorse che il campo era pieno di buche
perché la talpa aveva scavato il terreno per rubare le carote.
Diletta decise di catturare la talpa con un tranello;
tappò tutti i buchi, tranne uno per costringerla ad uscire da lì.
Una volta uscita, Diletta chiamò il coniglio
e lo convinse a fare un patto con la talpa.
Se la talpa non avesse distrutto il campo,
il coniglio le avrebbe regalato una parte del raccolto.
Il coniglio riconoscente regalò a Diletta un paio di scarpe magiche.
Diletta ringraziò e si rimise in cammino.

Cammina, cammina, Diletta era disorientata
perché non trovava la via;
guardando il cielo, vide una stella che sembrava le indicasse il cammino.
Cominciò a seguirla e, era quasi l’alba,
quando vide su una collina,il castello della strega Varana.

Questo castello era terrificante:
intorno volavano pipistrelli e tutte le finestre
e le porte erano piene di ragnatele
come se nessuno vi fosse entrato da tempo.
Questo castello era circondato da un giardino
che sembrava abbandonato in quanto c’era l’erba alta
come se non fosse stata tagliata da tempo.
In un angolo, vicino alla porta, c’erano un mucchio di scheletri
e alcune statue che colpirono Diletta per il loro aspetto.

Per entrare nel castello, bisognava attraversare un ponte
ma prima bisognava abbassarlo.
Diletta si guardò in giro e vide una ruota,
e si rese conto che facendola ruotare, il ponte si abbassava.
Ma la ruota era troppo pesante e Diletta la girò con molta difficoltà.
Abbassatosi il ponte, Diletta lo attraversò
e giunse davanti ad una porta chiusa dove c’era scritto:
“Il dente magico che ti è stato donato, nella serratura va infilato”.
Diletta cominciò a guardare e si accorse
che la porta era piena di serrature.
Infilò il dente in una serratura, ma era quella sbagliata.
Sentì un boato, si girò e si accorse che il ponte era crollato.
Provò un’altra serratura, sbagliò ancora,
sentì un altro boato, si girò e si accorse
che alle sue spalle si era aperta una voragine.
Diletta era molto spaventata,
tuttavia provò ancora e questa volta trovò la serratura giusta.
La porta si apri, Diletta entrò e si trovò in una stanza.
La porta si richiuse alle sue spalle
e Diletta si sentì in trappola.
Si guardò intorno e vide una scala; si avviò verso di essa,
ma, appena fece un passo cominciarono a cadere dal soffitto delle frecce.
Diletta si protesse col guscio
che si trasformò in uno scudo.

Così Diletta arrivò alla scala e cominciò a salire.
Le scale sembravano non finire mai
e Diletta non sapeva che fare: era affamata e molto stanca.
Finalmente la scala finì e si ritrovò in una stanza piena di pietre preziose.
C’era inoltre una tavola piena di pietanze di ogni genere:
polli arrosto, frutta….. ed ogni ben di dio
possibile ed immaginabile.
Diletta, spinta dalla fame, si precipitò sulla tavola
e prese una coscia di pollo ma, stava per addentarla,
quando tutto si trasformò in polvere:
sparì la tavola, sparirono i tesori e la stanza fu invasa
da una moltitudine di pipistrelli che l’assalirono.

Diletta cercò di scappare, ma la porta si era richiusa e non riusciva ad aprirla.
Ad un certo punto i pipistrelli scomparvero
ed apparve la strega Varana.
Era molto brutta, aveva il naso adunco e in mano aveva uno scettro.
Appena vide Diletta le si lanciò contro
ma la ragazza prese le more che le aveva dato la fata
e gliele lanciò contro, facendola cadere.
Lo scettro si ruppe e ne uscì fuori un biglietto
che Diletta raccolse velocemente.
Si accorse subito che era una mappa
dov’era segnato il luogo in cui si trovava l’anello.
Indossò le scarpe magiche e, in un attimo, si ritrovò in giardino.

Riguardò la mappa e si accorse di trovarsi
proprio nel punto in cui era segnato che si doveva trovare l’anello.
Vide un mucchio di scheletri e cominciò a cercare.
Ad un certo punto vide che uno scheletro
aveva un occhio che brillava.
Si avvicinò e trovò l’anello.
Appena lo prese se lo mise al dito ed immediatamente
il castello crollò e gli scheletri e le statue si trasformarono in esseri viventi.
C’erano guerrieri, contadini, abitanti del villaggio
che avevano cercato di sconfiggere la strega
ma avevano fallito.
Tutti ringraziarono Diletta per averli liberati dall’incantesimo.
In particolare si presentò un cavaliere di bell’aspetto,
che Diletta capì essere il capo dei guerrieri.
Era colui nella cui orbita Diletta aveva trovato l’anello.

Questo guerriero cominciò a raccontarle la sua storia.
“Mi chiamo Bruno e sono il figlio primogenito del re del Regno della Natura.
Tanto tempo fa vivevamo felici e in pace nel nostro Regno,
finché la strega Varana ha distrutto il nostro villaggio
ed ha ucciso mio padre per impadronirsi di un anello fatato
che mio padre aveva ereditato dal suo.
Ucciso mio padre, gli tolse l’anello e fuggì via.
Mia madre, allora, mi mandò con i migliori guerrieri,
alla ricerca della strega per recuperare l’anello ed ucciderla.
Arrivammo al castello, dopo un lungo cammino
e riuscimmo ad alzare il ponte levatoio.
Ci incamminammo e ci trovammo davanti ad un portone pieno di serrature.
Cercammo di aprirlo con la forza ma, all’improvviso,
si aprì una voragine e alcuni guerrieri
furono inghiottiti scomparendo per sempre.
Riuscimmo, infine, ad aprire il portone ma,
appena entrasti, una moltitudine di frecce colpì i compagni rimasti.
Mi salvai solo io, vidi una scala e cominciai a salire
ma sembrava non finisse mai.
Finalmente la scala finì e mi ritrovai in una stanza
piena di pietre preziose.
C’era, inoltre, una tavola piena di ogni ben di dio.
Io ero stanco e affamato e alla vista di quel cibo
mi precipitai.
Avevo appena afferrato un petto di tacchino arrosto
che tutto si trasformò in polvere.
Sparirono la tavola e i tesori e la stanza si riempì
di pipistrelli che mi assalirono.
Cercai di scappare ma la porta si era richiusa e non riuscivo ad aprirla.

All’improvviso i pipistrelli sparirono ed apparve la strega Varana.
Era orribile a vedersi: il naso era adunco,
la faccia piena di brufoli e rugosa.
Subito mi attaccò e mi colpì ad un occhio.
Caddi a terra e persi i sensi.
Mi ritrovai in giardino incatenato ai miei compagni
e mi accorsi di avere l’anello nell’orbita dell’occhio a cui ero stato colpito.
La strega con un incantesimo ci trasformò in scheletri.
Passarono molti anni e non speravamo di poter tornare in vita
perché tutti coloro che provavano a sconfiggere la strega,
venivano trasformati in statue.
Poi sei arrivata tu ed hai spezzato l’incantesimo”.
Diletta felice per aver salvato tante persone,
si rimise in cammino e rifece il percorso all’indietro.

Cammina, cammina arrivò al campo di carote
e vide il coniglio e la talpa che giocavano felici.
Diletta ringraziò il coniglio per il dono delle scarpe veloci,
si fermò a parlare con loro e a mangiare un po’ di carote
e poi si rimise in cammino.
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Cammina, cammina, incontrò la lumaca
che giocava felice con i suoi piccoli tra le foglie.
Si fermò a salutarli, ringraziò la lumaca per il dono del guscio
e si rimise in cammino.

Cammina, cammina, incontrò la volpe che correva felice.
Si fermò a parlare con lei e la ringraziò del dono del dente magico.
Poi si rimise in viaggio.

Cammina, cammina, arrivò nel bosco
e si fermò davanti al cespuglio di more.
Non c’era nessuno e quindi decise di raccogliere una mora.
Subito comparve la fata che era molto arrabbiata.
Appena vide Diletta, però, si meravigliò del fatto che fosse tornata.
Le chiese cosa fosse accaduto e Diletta cominciò a raccontare.
Raccontò dell’incontro con la volpe,
con la lumaca e col coniglio.
E cosa era accaduto al castello.

Quando cominciò a raccontare di come aveva trovato l’anello
e di come aveva spezzato l’incantesimo,
che aveva trasformato dei valorosi guerrieri in scheletri,
la fata si commosse e cominciò a guardarsi intorno.
Ad un tratto si sentì un rumore di cavalli
e si vide in lontananza un gruppo di cavalieri che arrivavano al galoppo.
Celestina riconobbe, in uno dei cavalieri suo figlio.
Quando i cavalieri furono arrivati,
Bruno corse ad abbracciare sua madre e si accorse di Diletta.
Si meravigliò di vederla e così anche Diletta
che non immaginava che Bruno fosse il figlio della fata.
I due giovani si guardarono negli occhi
ed un lampo passò fra di loro.
Diletta restituì l’anello alla fata
e subito la natura si risvegliò:
l’inverno finì, gli alberi si ricoprirono di fiori,
gli animali uscirono dalle loro tane,
gli uccelli cominciarono a volare cinguettando.

Ci fu una grande festa e Diletta
era emozionata e felice perché era stata proprio lei
a rendere possibile il risveglio della natura..
Le fatine del bosco le adornarono i capelli
con ghirlande di fiori e tutti cominciarono a ballare.
Il principe guardava Diletta che arrossiva
sotto il suo sguardo, poi la invitò a ballare.
Quando la festa finì, la fata chiamò Diletta
e le disse che era giunto il momento di fare la sua scelta.
Quindi le domandò se sceglieva la libertà o l’amore del principe.
Diletta rimase un attimo in silenzio,
pensando quale fosse la risposta giusta.
Per lei la libertà era molto importante ma,
guardando il principe si rese conto che la libertà,
senza il principe, avrebbe perso il suo valore.
Quindi iniziò a parlare:
“La libertà, per me, è molto importante
perché fin da bambina ho dovuto sopportare tanti maltrattamenti
da parte del mio patrigno.
Ma ora, non mi importa più.
Ora il mio desiderio più grande è sposare il principe
e creare con lui una famiglia.”
La fata rispose: “Hai fatto la scelta giusta
perché hai seguito il tuo cuore
ed io sono felice di accoglierti nel mio Regno”.

Subito vennero iniziati i preparativi per le nozze
e la fata donò a Diletta, il suo vestito più bello.
Il giorno delle nozze Diletta era molto emozionata
ed era splendida nel suo abito da sposa.
Furono invitati tutti gli animali del bosco e
gli abitanti del villaggio,fra i quali
Diletta, con angoscia, riconobbe il patrigno.
Questi le si avvicinò chiedendole di perdonarla
ma Diletta non credette alle sue parole,
perché lo conosceva bene e lo fece cacciare via.

Il patrigno però, che aveva sperato, riconciliandosi,
di diventare ricco, cercò di rubare l’anello
che la fata aveva dato a Diletta per il matrimonio.
Approfittando del fatto che Diletta si era allontanata dalla festa,
cercò di ucciderla colpendola con una freccia.
Ma la freccia sfiorò solamente Diletta
perché il principe che era andato a cercare la sua sposa,
si era accorto di quello che stava succedendo
e la fece cadere per salvarle la vita.

L’uomo fu catturato e condannato a morte.
Diletta e Bruno si sposarono e vissero felici e contentinel Regno della Natura.

Istituto Comprensivo di Cinisi
Scuola Media classe 1C
Laboratorio di Scrittura Creativa
Anno scolastico 2009 - 2010


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