Grazie ai volontari che ogni giorno salvano vite
umane
GLI EMIGRANTI
Edmondo De Amicis
1882
Cogli occhi spenti, con lo guance
cave, Pallidi, in atto addolorato e grave, Sorreggendo le donne
affrante e smorte, Ascendono la nave Come s’ascende il palco de la
morte. E ognun sul petto trepido si serra Tutto quel che possiede
su la terra. Altri un misero involto, altri un patito Bimbo, che
gli s’afferra Al collo, dalle immense acque atterrito. Salgono in
lunga fila, umili e muti, E sopra i volti appar bruni e sparuti
Umido ancora il desolato affanno Degli estremi saluti Dati ai
monti che più non rivedranno.
Salgono, e ognuno la pupilla mesta
Sulla ricca e gentil Genova arresta, Intento in atto di stupor
profondo, Come sopra una festa Fisserebbe lo sguardo un moribondo.
Ammonticchiati là come giumenti Sulla gelida prua morsa dai venti,
Migrano a terre inospiti e lontane; Laceri e macilenti,
Varcano i mari per cercar del pane. Traditi da un mercante
menzognero, Vanno, oggetto di scherno allo straniero, Bestie da
soma, dispregiati iloti, Carne da cimitero, Vanno a campar
d’angoscia in lidi ignoti. Vanno, ignari di tutto, ove li porta La
fame, in terre ove altra gente è morta; Come il pezzente cieco o
vagabondo Erra di porta in porta, Essi così vanno di mondo in
mondo.
Vanno coi figli
come un gran tesoro Celando in petto una moneta d’oro, Frutto
segreto d’infiniti stonti, E le donne con loro, Istupidite martiri
piangenti. Pur nell’angoscia di quell’ultim’ora Il suol che li
rifiuta amano ancora; L’amano ancora il maledetto suolo Che i
figli suoi divora, Dove sudano mille e campa un solo.
E li
han nel core in quei solenni istanti I bei clivi di allegre acque
sonanti, E le chiesette candide, e i pacati Laghi cinti di piante,
E i villaggi tranquilli ove son nati! E ognuno forse sprigionando un
grido, Se lo potesse, tornerebbe al lido; Tornerebbe a morir sopra
i nativi Monti, nel triste nido Dove piangono i suoi vecchi
malvivi.
Addio, poveri vecchi! In men d’un
anno Rosi dalla miseria e dall’affanno, Forse morrete là senza
compianto, E i figli nol sapranno, E andrete ignudi e soli al
camposanto. Poveri vecchi, addio! Forse a quest’ora Dai muti clivi
che il tramonto indora La man levate i figli a benedire….
Benediteli ancora: Tutti vanno a soffrir, molti a morire. Ecco il
naviglio maestoso e lento Salpa, Genova gira, alita il vento. Sul
vago lido si distende un velo, E il drappello sgomento Solleva un
grido desolato al cielo. Chi al lido che dispar tende le braccia.
Chi nell’involto suo china la faccia, Chi versando un’amara onda
dagli occhi La sua compagna abbraccia, Chi supplicando Iddio piega
i ginocchi.
E il naviglio s’affretta, e il
giorno muore, E un suon di pianti e d’urli di dolore Vagamente
confuso al suon dell’onda Viene a morir nel core De la folla che
guarda da la sponda. Addio, fratelli! Addio, turba dolente! Vi sia
pietoso il cielo e il mar clemente, V’allieti il sole il misero
viaggio; Addio, povera gente, Datevi pace e fatevi coraggio.
Stringete il nodo dei fraterni affetti. Riparate dal freddo i
fanciulletti , Dividetevi i cenci, i soldi, il pane, Sfidate uniti
e stretti L’imperversar de le sciagure umane. E Iddio vi faccia
rivarcar quei mari, E tornare ai villaggi umili e cari, E
ritrovare ancor de le deserte Case sui limitari I vostri vecchi
con le braccia aperte.
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