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EGIZI



 
LA MEDICINA

Nella lingua egiziana  la parola scienza si  traduce con una parola che significa “segreto”.
Prima che i geroglifici venissero decifrati, Omero, Erodoto, Ippocrate
e Plinio furono i primi a parlare della Medicina Egizia.
Erodoto diceva che il popolo Egiziano era il più pulito e lo definiva
"il popolo dei sanissimi"!, grazie all’importante sistema sanitario che possedevano
ed all' esistenza di un medico per ogni infermità .
I medici egiziani godevano di molta fama e venivano chiamati
presso le corti di altri popoli come i Persiani.
Molti nobili venivano dall’estero per consultarli, oppure erano gli stessi medici,
dietro autorizzazione o ordine del faraone,
a recarsi presso i potenti vicini per prestare la propria opera.
A proposito di queste trasferte viene riportato un aneddoto:
Amasi, faraone della XXVI dinastia, inviò uno dei migliori medici a Ciro, re dei Persiani,
ma questi, non avendo gradito il viaggio,
pare abbia spinto Ciro ad attaccare l'Egitto dando così il via all'invasione persiana.



Secondo gli Egizi la vita è infinita; si muore solo perché ci sono accidenti imprevisti che la spezzano.
Non esiste la morte per natura: l’uomo è assassinato da qualcuno o da qualche cosa.
Da un altro uomo, da un animale, da un oggetto inanimato, da una pietra o da un albero.
Oppure è un dio, uno spirito maligno che s’insinua di soppiatto in un individuo;
gli rompe le ossa, gli succhia il sangue, ne rode le viscere e il cuore.
Man mano che lo spirito progredisce nell’opera distruttrice, la vittima deperisce.
Quindi per guarire un malato occorrono due cose:
scoprire la natura dello spirito che si è impossessato del paziente,
poi non dargli tregua e scacciarlo o distruggerlo.
Perciò solo uno stregone può guarire un malato con gli scongiuri, le statue guaritrici e gli amuleti.
Ad esempio il re dei Mitanni, Tushratta, siccome la salute
del faraone Thutmosi III non era delle migliori,
gli inviò una statua guaritrice raffigurante la dea siriana Ishtar.
Ogni medico, chirurgo o stregone, prima di iniziare
a curare l'ammalato, recitava delle orazioni.
Il cuore era considerato sede delle emozioni e dell'intelletto.



Sulla Medicina Egizia. sono stati ritrovati molti papiri: fra cui i più importanti sono
Il papiro di Kahum: (1850 a.C.) che è un compendio di ginecologia,
ma tratta anche di materie diverse come veterinaria ed aritmetica.
e riporta anche una malattia ” che divora i tessuti ”:.... il cancro;



Il papiro di Edwin Smith (1650 a.C.) che è un rotolo di 4.5 mt,
che contiene un trattato di patologia interna e chirurgia ossea.
Questo papiro elenca 48 casi di ferite e lesioni, con le corrispondenti terapie.
Il suo contenuto è principalmente chirurgico ma include anche:
l’esame obiettivo, la diagnosi,  il trattamento e la prognosi di numerose patologie,
con speciale interesse a diverse tecniche chirurgiche e descrizioni anatomiche,,
ottenute nel corso dei processi di imbalsamazione e mummificazione, dei cadaveri.
In questo papiro, vennero stabilite per la prima volta tre livelli di prognosi:
favorevole
dubbioso
infausto
Incorporato nel papiro  c' è il trattato “Il segreto del medico: conoscenza del cuore”
In cui si dice che "Il cuore è una massa di carne origine della vita e centro del sistema vascolare (…)
Attraverso la pulsazione il cuore parla ai vasi ed alle membra del corpo. ".
Il papiro Smith descrive tre tipi di medici:
i SUNU: medici civili che esercitavano presso le classi più umili
e traevano le proprie conoscenze dai libri e dalla pratica empirica
 gli UABU: i sacerdoti di Sekmet, che curavano le classi privilegiate;
mediavano con le divinità e conoscevano  un ampio assortimento di droghe.
 i SAU: maghi guaritori, specializzati nella riduzione di fratture e lussazioni,
che lottavano contro i poteri invisibili legati ai mali inspiegabili
o contro i mali originati dagli animali che assalivano l’uomo, come lo scorpione.
Per la cura si servivano di formule, incantesimi, amuleti e statue guaritrici.
Gli autori di questo papiro (almeno tre), riconobbero come causa della paraplegia,
una lesione del cervello con l'acuta osservazione che il modo in cui si manifesta
è diverso a seconda dell'area colpita.
Osservando i condannati alla pena di morte per impiccagione,
associarono l'emissione spontanea di liquido spermatico
con la frattura delle vertebre cervicali e con la compressione della giugulare.
In questo papiro si parla per la prima volta  di sutura per le ferite chirurgiche,
 e di bende impregnate di gesso o di gomma  per la riduzione delle fratture.
Per la cura delle ferite infette viene descritto l'impiego di decotto di salice
e di una soluzione cupro-sodica, usata come astringente.
Per sconfiggere la peste si faceva ricorso alla magia, in quanto la causa della peste
era attribuivano al vento (il dio Tifone), agli asini, alle mosche, alle oche.
Quindi avevano capito molti secoli prima di noi, che questa  malattia è  trasmessa da vettori.
essendo causata da un batterio.



Il papiro di Ebers (1550 a.C.) che proviene sicuramente dalla biblioteca di una scuola di medicina
 è uno dei più importanti e dei più grandi documenti scritti dell’antico Egitto.
Misura più di 20 metri di lunghezza e 30 centimetri di larghezza.
Contiene nozioni di anatomia, un elenco con patologie e relative cure,
rimedi per moltissime malattie, dalla tosse ai problemi cardiaci
e 900 ricette di farmaci.
Scritto probabilmente nel XVI sec. a.C., contiene 877 commi
che descrivono numerose malattie in vari campi della medicina
come la chirurgia, la medicina generale, la pediatria, la gerontologia,
l’oftalmologia, la ginecologia, la gastroenterologia.
Questo papiro include la prima relazione scritta sui tumori.
Da questo papiro apprendiamo che l'esercizio della medicina
era affidato a tre categorie di guaritori: medici, chirurghi e stregoni.
I medici curavano il malato con la somministrazione di rimedi,
i secondi si occupavano della cura di ferite e fratture,
mentre gli stregoni,riconoscendo i demoni, come causa delle malattie,
curavano i malati con incantesimi, esorcismi, formule magiche e talismani.
La parte anatomica descritta nel papiro Ebers, non si discosta molto
da quella del papiro Edwin Smith:
“ ....il principio del segreto del medico è la conoscenza
dei movimenti del cuore e la conoscenza del cuore....”
Anche in questo papiro quindi, il cuore è considerato l'organo più importante,
in quanto tutti i vasi sanguigni si dirigono verso il cuore
e il cuore "parla" agli organi e alle membra tramite i vasi.
Poggiando le mani sulle braccia, dietro la testa o sullo stomaco, i medici
traevano indicazioni sulle condizioni del cuore.
e misuravano il battito cardiaco dal polso
Conoscevano sicuramente .l'angina pectoris. n quantoin un passo si dice:
“.... se esamini un uomo per malattia del cuore, egli si lamenta
per dolore al braccio,al petto e ad una parte del cuore....”.
In questo papiro compare per la prima volta nella lingua dell’uomo la parola “cervello”,
del quale vengono accuratamente descritte la forma, le circonvoluzioni e le meningi
e contiene una raccolta di orazioni da recitare prima di applicare un rimedio;
per ogni organo o membro del corpo è riportata un'orazione diversa,
Orazioni venivano recitate anche quando si rimuoveva una fasciatura
oppure si somministrava una medicina per bocca.
I rimedi da applicare sotto forma di unguenti erano veicolate attraverso sostanze grasse,
i rimedi per i disturbi femminili consistevano in lavande e semicupi,
quelli per gli occhi e per le orecchie erano sotto forma di gocce
mentre i rimedi per le malattie polmonari consistevano in fumigazioni.
I disturbi dell'ano e del retto venivano curati con applicazioni locali, clisteri e supposte.
L'uso di sottolineare gli occhi con la riga nera, era sicuramente una misura profilattica,
in quanto il pigmento nero che usavano per questo scopo, conteneva sali di antimonio,
una sostanza minerale largamente usata per la cura delle infezioni oculari
e per la protezione degli occhi dal forte riverbero solare.



Le malattie parassitarie erano sicuramente tra quelle più comuni,
venivano curate con molti rimedi; i più comuni erano a base di trementina, giusquiamo in polvere e
radice di melograno, rimedio questo riproposto mille anni dopo
da Pedanio Dioscoride (Anazarba, I sec. d.C. ) nel suo trattato medico-farmacologico:
“ De materia medica “
Sicuramente era conosciuto il diabete,
perché è indicato il rimedio per ridurre l'eccessiva quantità di urina,
ricordando che la poliuria è uno dei sintomi principali della malattia diabetica.
In questo papiro, la chirurgia ha un posto marginale,
mentre si parla molto dell'odontoiatria.
Tuttavia, benché gli Egizi fossero considerati validissimi odontoiatri,
non sono stati trovati molti riscontri su questo argomento.
anzi sono state ritrovate moltissime mummie con ascessi
profondi e penetranti senza traccia di estrazione del dente malato.
e un ascesso dentario e il diabete sono stati con molta probabilità
la causa della morte della donna faraone Hatshepsut,



Comunque in molte iscrizioni geroglifiche si fa riferimento agli specialisti dei denti e
a Gaza è stata ritrovata una sorta di primitiva protesi dentale.
Il papiro di Hearst  (1550 a.C.) che prende il nome da Phoebe_Hearst
(madre del magnate della stampa William Randolph Hearst);
è composto di 18 pagine di prescrizioni mediche scritte in ieratico
e tratta problemi dell'apparato urinario, del sangue, dei capelli e dei denti.
E'considerato un manoscritto importante,
anche se esistono alcuni dubbi riguardo alla sua autenticità.



I medici dell'antico Egitto erano molto numerosi, per questo motivo ognuno di loro
si occupava quasi esclusivamente delle malattie che meglio conosceva.
Esisteva una precisa gerarchia tra i medici: a capo vi era il medico personale del Faraone,
seguiva il supervisore e l’ispettore medico, i medici meno importanti e i medici di base.
Si studiava medicina presso le “case della vita”, poste vicino ai templi;
non erano vere e proprie scuole, ma enormi biblioteche.
I medici si dovevano attenere alle pratiche mediche tradizionali
e si rifiutavano di curare i malati terminali.
Venivano pagati in natura.
I medici ordinari erano affiancati dai professionisti di grado superiore, gli ispettori ed i sovrintendenti.
Ad assisterli era del personale paramedico di sesso maschile.
Essi dovevano le loro conoscenze anatomiche all'osservazione degli animali durante il macello
e non all'imbalsamazione del defunto che era riservata ai sacerdoti devoti ad Anubi.
perciò la loro conoscenza dell’anatomia ossia del tipo, della struttura e della disposizione degli organi,
era modesta e, di conseguenza, anche le procedure chirurgiche erano molto limitate.
Una pratica di antica tradizione  era la trapanazione,
ossia la perforazione del cranio allo scopo di curare cefalee e disturbi mentali.
Il benessere del corpo si doveva, a loro avviso,
allo scorrimento dei suoi liquidi nei metu, i vasi che lo attraversavano.
Se uno di questi vasi si ostruiva si manifestava la malattia.



L’aria entrava dalle orecchie e dal naso, veniva incanalata
verso il cuore e mandata a tutto il corpo.
Gli Egiziani curavano molto l’igiene e consideravano pura l’acqua del Nilo.
Le malattie più diffuse erano: disturbi intestinali, arteriosclerosi, vaiolo,
peste, tubercolosi, lebbra, appendicite, polmonite, ecc.
Si stabiliva la diagnosi attraverso i sintomi.
Si compilava un questionario sull’aspetto, stato di coscienza, udito,
odore del corpo, secrezioni, tumefazioni, temperatura e polso.
Si procedeva con  controlli delle urine, delle feci e dell’espettorato.
Dopo l’esame il medico pronunciava una delle seguenti prognosi:
1. è un male che curerò (prognosi favorevole);
2. è un male che combatterò (prognosi incerta);
3. è un male che non curerò (prognosi sfavorevole).
Come in Mesopotamia, le malattie venivano curate con degli incantesimi,
suppliche,amuletie un particolare uso dei gesti .



I disturbi mentali si curavano con esorcismi.
La medicina era collegata con la religione: ogni parte del corpo umano
ed ogni malattia erano associate ad una divinità.
La divinità principale era Ra, seguito da Iside.
Seth, invece, fratello malvagio di Osiride, era colui che aveva portato le malattie sulla terra.
Athor era la sovrana dei cieli e proteggeva le partorienti.
Reket, dio della fertilità era sposato con Khnum
che plasmava i corpi dei nascituri e dava loro il Ka (l’anima).
Sumeth era la dea della medicina.
Thot era medico degli dei, fu l’inventore della scrittura, protettore degli scribi
ed ogni forma di conoscenza era attribuita a lui.
Imhotep, persona realmente esistita, fu un architetto, poeta, scriba, e medico.
Fu probabilmente il primo a scoprire e a studiare i batteri e quindi a sperimentare
soluzioni antibatteriologiche che diedero i loro più importanti risultati
per quanto riguarda le malattie degli occhi.



Non è vero che l'uso degli antibiotici è stata un'invenzione del 20° secolo.
Gli archeologi hanno scoperto che 5.000 anni fa, gli antichi Egizi usavano il “pane ammuffito“
contro le infezioni in quanto risultava efficace per la sua azione antibiotica.
Anche il vino era già utilizzato cinquemila anni fa in medicina arricchito con erbe e resine
come hanno scoperto i ricercatori dell’Università di Pennsylvania
del Museo di Archeologia e Antropologia
Gli attrezzi più comuni di un medico erano: pinze, coltelli,
fili di sutura, schegge, trapani e ponti dentari.



L'igiene della persona era molto seguita.
Esistevano norme ben precise (spesso sotto forma di precetti religiosi),
come quelle di lavarsi regolarmente al mattino,
di pulirsi bene la bocca e i denti, di lavarsi le mani prima di mangiare,
di tenere i capelli e le unghie in ordine, di cambiare spesso le vesti.
Le regole per una sana alimentazione erano piuttosto rigide
(con la proibizione di mangiare carne di maiale e la testa di animali):
colazione leggera al mattino, primo turno di lavoro, pasto leggero a mezzogiorno
e breve siesta, secondo turno di lavoro, poi cena abbondante al tramonto.
Ottima consuetudine era di dormire “dallo spuntar delle stelle fino all’alba”.
Al fine di migliorare le condizioni sanitarie, i medici si occupavano anche dell’ igiene pubblica.
Nelle case degli Egizi, non mancavano mai medicinali di primo soccorso
contro scottature, punture di insetti e infiammazioni causate da schegge o spine.
Molti di questi farmaci vengono usati ancora oggi dai fellahin.
Alla medicina era collegata anche la bellezza, a cui gli Egizi dedicavano molto tempo.
Il medico forniva infatti unguenti per la pelle e tinture per i capelli.
Assai progredita era la chirurgia e la sutura delle ferite.
Venivano utilizzati strumenti chirurgici del tutto simili a
quelli in uso nei nostri ospedali per operare i malati.
Sembra siano stati effettuati con successo anche interventi
per scongiurare i tumori, mentre sono noti i clamorosi successi
in fatto di applicazione di arti artificiali che consentivano ai pazienti
di proseguire in tutta normalità la loro vita
Un ritrovamento ha portato alla luce i resti di una donna alla quale fu amputato
l'alluce di un piede e quindi applicata una protesi di legno che, nella sua semplicità,
era di una efficacia straordinaria e permise alla donna
di camminare ancora per molti anni dopo l’intervento.



La chirurgia riguardava soprattutto la riduzione delle fratture, l’ estrazione di calcoli,
le operazioni all’occhio, l’asportazione di tumori esterni, la circoncisione.
Di fatto, gli Egizi conoscevano vari mezzi per praticare
una sorta di anestesia con una speciale “pietra” che si trovava vicino a Menfi
la quale, ridotta in polvere e applicata alla parte, faceva scomparire ogni dolore.
Forse si trattava semplicemente di pezzetti di bitume che, a contatto con la fiamma,
sprigionavano vapori che assopivano il paziente.
Venivano anche sfruttati, a scopo anestetico, gli effetti sedativi del coriandolo,
della polvere di carruba, e verosimilmente anche dell’ oppio.
Durante l'evoluzione della malattia veniva prescritta una dieta a base di:
melone, zucca, lattuga, fichi, datteri, melograno, frutta di sicomoro, tè medicinali.
Durante la convalescenza potevano aggiungersi:
fagioli, lenticchie, piselli, cipolla, aglio, noce di cocco,
olive, sedano, rizomi commestibili, rizomi di loto bianco e blu,
la parte inferiore del papiro, il grano, pesce secco, pane senza sale,
bambù, radici e fiori di loto, olio di sesamo,quaglie, uccelli di grandi dimensioni (anatra, oca), birra di riso.



FARMACOPEA

La funzione di farmacista veniva generalmente svolta dai sacerdoti e dai medici.
La farmacopea del tempo includeva sostanze medicinali vegetali:
era comune l'uso di lassativi come fichi, datteri e olio di ricino.
L'acido tannico, derivato principalmente dalla noce di galla,
era considerato utile nel trattamento delle ustioni
Le indicazioni relative alle varie terapie sono molto precise e
nel solo papiro di Ebers sono menzionati 500 diversi medicamenti
 con le varie forme di confezionamento e di somministrazione di
polveri, tisane, decotti, pastiglie
Le medicine erano tutte a base di grasso, acqua, latte, vino, birra
ai quali si aggiungeva, per renderli più graditi, un po’ di miele
I medicamenti erano di origine vegetale, animale o, più raramente, minerale
(ferro, piombo, antimonio),
  molti dei quali figurano ancora nelle moderne farmacopee.
Una pianta certamente nota in Egitto era la mandragora che,
per il suo inconfondibile aspetto antropomorfo,
ha attirato su di sé leggende, credenze e superstizioni sino ai nostri giorni.
I suoi effetti analgesici sono essenzialmente legati alla presenza di due sostanze:
l'atropina e la scopolamina



Come anestetico, naturalmente in dosi molto basse essendo la pianta molto velenosa,
si usava il guscuiamo che contiene scopolamina, potente sedativo del sistema nervoso centrale.



Ma il rimedio più importante per gli Egizi fu la birra
Non solo come veicolante di numerosi medicamenti ma anche come medicina
per i disturbi intestinali, e contro le infiammazioni e le ulcere delle gambe.
L’effetto disinfettante era verosimilmente dovuto al lievito e al complesso B
contenuti nella birra che producevano un’azione antibiotica
come anche il pane ammuffito, prescritto in altre formule,
risultava efficace per la sua azione antibiotica.
Tra i purganti più in uso figurano l’olio di ricino e la senna



Ma gli Egizi praticavano anche il clistere.
Sembra che questa pratica sia stata loro ispirata dall’ ibis
che introduce il lungo becco aguzzo nel proprio retto, irrigandolo a scopo di pulizia.
L’enteroclisma veniva effettuato con l’aiuto di un corno,
impiegando come lavanda ,bile di bue, oli o sostanze medicamentose.
E’ certo che i medici egizi si servirono delle sanguisughe per decongestionare
le parti infiammate, ma è dubbio se conoscessero la tecnica del salasso.



Notevoli erano anche le conoscenze in tema di ostetrica e di contraccezione
Quando cominciavano le doglie, i metodi per facilitare il parto erano diversi:
accovacciarsi sui talloni su di una stuoia, oppure sopra quattro mattoni
separati tra di loro per favorire l’uscita del bambino.
Anche la contraccezione veniva praticata con metodi magici,
ma anche a base di pozioni o di applicazioni locali.
Un metodo molto in uso consisteva nell’applicare un po’ di feci di coccodrillo
nel profondo della vagina; l’effetto anticoncezionale era assicurato
sia dall’azione di “pessario” esplicata dalle feci,
sia dalla loro acidità, notoriamente spermicida.
Altro metodo era rappresentato dall’applicazione, sempre nel fondo della vagina,
di un tampone imbevuto di succo d’acacia.
Oggi si sa che il succo di acacia, fermentando con il calore,
produce acido lattico, anch’esso dotato di un intenso potere spermicida.
Tra le varie applicazioni della medicina ve ne sono alcune molto curiose
che però evidenziano il livello di qualità raggiunto dagli Egizi:
Per eliminare i capelli bianchi e per il trattamento del cuoio capelluto
usavano ungersi con il sangue di bue nero.
Nella Odissea di Omero, si afferma che l’Egitto è un paese
“la cui terra fertile produce tantissimi farmaci”, e dove ”ogni persona è un medico”.
Ci furono anche medici donne.
La prima dottoressa conosciuta fu Peseshet, che esercitò la sua attività
durante la quarta dinastia,oltre al suo ruolo di supervisore,
faceva la levatrice in una scuola medica a Sais.



I papiri medici egizi ci mostrano che gli antichi medici conoscevano più di 320 malattie e 180 farmaci.
Inoltre ogni pianta era contraddistinta da un segno zodiacale,
ovvero agiva in modo mirato sull’organo retto da quel segno.
Tutta la classe dei Sempreverdi, gli alberi considerati da sempre simbolo d’immortalità,
dalle resine intensamente profumate, dal legno incorruttibile e molto duraturo.
appartiene al primo Neter (dio), Saturno,
Le piante appartenenti a questo Neter sono depurative, astringenti, remineralizzanti,
antiemorragiche, diuretiche, antireumatiche e antisettiche, in accordo alle qualità del Neter in questione.
Gli antichi Egizi utilizzavano in particolare, il Pino Marittimo (Pinus pinaster) e il Cedro del Libano (Cedrus libani).
Il Pino, era di fondamentale importanza nei processi di purificazione,
Il secondo veniva importato in grandi quantità, e si impiegava la sua resina come ottimo rubefacente
(medicamento che determina una congestione intensa e passeggera della cute) contro i dolori articolari,
ma anche come antisettico e balsamico delle vie respiratorie, ad esempio nelle bronchiti catarrali,
proprietà che la moderna fitoterapia attribuisce al contenuto di un olio essenziale
e resine la cui azione riduce l’irritazione e la tosse ed aumenta la secrezione di muco fluido.
Dalla sua resina, inoltre, si ricavava un unguento molto profumato
che serviva nel processo della mummificazione.



Le piante della signatura di Giove, in genere, hanno proprietà equilibranti, drenanti,
regolarizzano le funzioni ipofisarie ed epatiche.
Una delle più importanti è la Quercia (Quercus robur), albero simbolo di forza e giustizia.
Presso tutti i popoli antichi era considerata quale “madre degli uomini”,
ed in questo senso esplica fondamentalmente la sua azione terapeutica,



Altra pianta di questa signatura è la Salvia (Salvia officinalis),
che possiede una moltitudine di effetti terapeutici (il suo nome deriva infatti dal latino “salus”,
salute), innanzitutto perché agisce su tutto il gruppo ipotalamico e rinvigorisce tutto l’organismo;
Le piante appartenenti alla segnatura di Marte sono tutte antinfiammatorie, cardiotoniche,
riequilibranti della pressione arteriosa, delle funzioni tiroidee, utili nelle patologie legate al sangue,
ma anche nei disturbi degli organi femminili ed in genere tonificano tutto l’organismo.
Tra le più utilizzate dagli Egizi vi era l’Aglio (Allium Sativum),
che secondo Plinio era un potente antidoto contro i mostri velenosi.
Infatti, il suo nome in sanscrito è “Bhutagna”, cioè “l’uccisore di mostri”.
Erodoto racconta che gli operai egiziani addetti alla costruzione dei grandi monumenti,
ricevevano ogni giorno uno spicchio d’Aglio, per le sue proprietà antisettiche e toniche,
ed in effetti, l’Aglio è uno dei più potenti antisettici e batteriostatici che vi siano.
Altra pianta particolarmente usata era il Cumino (Cuminum cyminum), tipica della flora egiziana.
Si utilizzano i suoi frutti per stimolare le funzioni gastriche.



Le piante solari, ovviamente, agiscono sul sistema cardiovascolare, sul sangue,
sono febbrifughe e curano le malattie degli occhi.
Tra queste abbiamo la Vite (Vitis vinifera), e sappiamo come il vino sia sempre stato sacralizzato
e considerato quale “sangue della Terra”, nonché un prezioso alimento terapeutico
e preventivo, che viene utilizzato anche come veicolo nei preparati di erbe officinali.
Molto usata nelle ricette egizie è l’uva, sia fresca, usata ad esempio nella cosmesi degli occhi, che secca.
Per gli Egizi era il simbolo del dio Osiride che muore e risorge.
La Vite è un importante rimedio per la circolazione venosa
le sue foglie proteggono i vasi, sono antinfiammatorie, depurative e diuretiche,
azione che in fitoterapia si ascrive al suo contenuto di tannini, flavonoidi, antociani;
inoltre il succo che esce dalla pianta quando si recide un ramo, era utilizzato per la cura degli occhi.
Altra pianta consacrata al Sole è la Palma, simbolo di resurrezione, di vittoria, di “Coscienza Solare”.
Gli Egizi avevano due tipi di Palma:
quella da datteri (Phoenix dactylifera), e la “Palma-dum” (Hyphaene thebaica).
Il geroglifico utilizzato dagli Egizi per indicare l’anno,
scandito dal percorso del Sole nel cielo, era proprio un ramo di palma.
I datteri ed i loro noccioli entrano nella composizione di molte ricette,
oltre che nella fabbricazione della birra.
Questi frutti possiedono un elevato contenuto di vitamina A, chiamata anche vitamina antixeroftalmica
(ovvero contro la secchezza dell’occhio) o retinolo, poiché è indispensabile
per il corretto funzionamento della vista,
inoltre hanno proprietà emollienti e decongestionanti.



Le piante della signatura di Venere, in generale, presentano un’azione sedativa,
calmante negli stati di ipereccitabilità ed agiscono contro varie patologie renali.
Tra quelle maggiormente presenti nei ricettari egizi, abbiamo la Brionia (Bryonia dioica),
la nostra “Vite del diavolo”, che compare nei papiri medicali con il nome di pianta “Chasit”;
si usano le radici e le bacche come diuretico, contro gli edemi e la gotta,
ha un’azione purgante e si impiega anche nei disturbi degli organi femminili,
regola il sistema linfatico ed il pancreas ed agendo sul sistema simpatico e parasimpatico,
ha un effetto calmante, in particolare in caso di tensione nervosa.
Molto usata era anche la Valeriana (Valeriana officinalis), una pianta
che agisce in particolare sul sistema neurovegetativo,
possedendo un effetto sedativo e antispasmodico
Tra le erbe di Mercurio vi era la Menta pulegio (Mentha pulegium), sacra appunto al dio Thot.
I sacerdoti confezionavano con essa un particolare unguento, il Kifi,
atto a mantenere il metabolismo cellulare ai suoi massimi livelli;
La Verbena (Verbena officinalis), presente in varie ricette,
nel passato era chiamata “il sangue di Mercurio”.
E’ una pianta che stimola la lucidità mentale oltre ad avere proprietà analgesiche
depurative, antireumatiche, disinfiammanti.
Il Loto (Nymphaea lotus e Nimphaea caerulea) è la pianta lunare per eccellenza,
che gli Egizi chiamavano “la sposa del Nilo”,
simbolo tangibile della manifestazione che esce dalle acque.
Si utilizzano il rizoma, i fiori e le foglie.
Altra pianta tipicamente lunare è il Sicomoro (Ficus sycomorus), un albero simile al Fico.
Era consacrato ad Hathor, ed era chiamato “l’Albero della Vita”, assimilato alla fenice e,
quindi, simbolo di vittoria sulla morte, di rinascita dalla distruzione.
Gli Egizi ne utilizzavano le foglie contro l’ittero ed il veleno dei serpenti,
i frutti (ricchi di minerali come potassio, calcio, fosforo e magnesio)
ed il lattice contro la dissenteria, la tosse e le infezioni della gola.



Prima di iniziare un qualsiasi trattamento, il medico egizio si preoccupava di
sostenere il cuore del paziente,che è il luogo di nascita dei Mo.
Un esempio di ricetta utile a tale scopo la troviamo nel papiro di Chester-Beatty (VI 10-11),
e si tratta di un macerato da assumere per via orale:
Miele - Fusto di Canna - Olio di ben fresco - Sale del Nord
I prodotti elencati sono tutti solari, quindi altamente specifici per le funzioni cardiocircolatorie.
Il miele sostiene l’attività del cuore e di tutto il sistema circolatorio.
Nel papiro di Hearst 215 (14,7-10) vi è la formula per la consacrazione del miele:
“Il miele conserva tutto. Il miele, come dissero gli Dei, era nel cuore.
La sua parte destra per le cose di destra, la sua parte sinistra per le cose di sinistra,
contro la stanchezza, contro i mali e si maneggia per qualsiasi cosa.
Oh, tu che appartieni al Cielo, alle Stelle, che appartieni alla Terra, agli Dei.
Oh tu che appartieni alla Barca, tu che appartieni al Cielo, per sconfiggere la stanchezza,
il male e che si usa per qualsiasi cosa. Protezione, tu sei la protezione.”
Nel papiro di Hearst 238 (16,2-4) troviamo un rimedio per “calmare i Mo”,
come ci informa la dicitura posta all’inizio della ricetta,
ovvero per regolarizzare il flusso della corrente che circola all’interno dei meridiani,
eliminando anche un’ eventuale “infiammazione”, ovvero un eccesso di energia Yang:
Foglie di Spina Christi - Foglie di Salice - Foglie di Acacia nilotica - Sale del basso Egitto - Frutto di Porro
Il tutto va tritato finemente, mescolato e poi posto sui Mo mediante una fasciatura, per quattro giorni.
In caso di ustioni infette, troviamo un rimedio composto da
(ricetta tratta da “L’antica medicina egizia”, 1995):
Scorie di Rame - Malachite - Minerale rosso - Incenso fresco
- Cumino - Cera - Mirra profumata - Olio di Pino -Miele
Il tutto va tritato ed amalgamato.
Il decotto veniva poi esposto ai raggi della Luna crescente per tutta la notte.







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