Privacy Policy ETRUSCHI Condizione femminile


ETRUSCHI



LA DONNA IN ETRURIA
Merita un cenno la condizione sociale della donna che,
a differenza del mondo latino e greco, godeva di una maggiore considerazione e libertà.
Per i Latini la donna doveva essere lanifica et domiseda,
cioè doveva passare la vita seduta in casa a filare la lana
e su di lei, nelle età più antiche, il pater familias (il capofamiglia)
aveva il diritto di vita e di morte.
Per i Greci le donne dovevano vivere sottomesse al marito
e passare la maggior parte della loro vita chiuse in casa,
La donna etrusca invece, era istruita, poteva vestire in modo spregiudicato,
poteva partecipare ai banchetti conviviali, sdraiata sulla stessa kline (letto) del suo uomo
o assistere ai giochi sportivi ed agli spettacoli.
Secondo lo storico greco Teopompo, le donne etrusche
non solo condividevano la mensa con i propri mariti
ma anche con altri uomini presenti al banchetto, arrivando perfino ad ubriacarsi
e a rivolgere le proprie attenzioni nei confronti degli ospiti molto oltre il lecito.
Ma Teopompo era un greco e già ai suoi tempi veniva ritenuto
la lingua più velenosa della letteratura greca e soprannominato “maledicentissimus”
Altri autori, come Aristotele, le accusavano di banchettare con gli uomini,
coricate sotto lo stesso mantello;
Plauto insinuava che si procurassero la dote vendendo i propri favori.
É indubbio, come si evince da queste affermazioni,
che la donna etrusca non godesse di buona reputazione presso i greci e i romani,
e ciò era "normale" visto il modo diverso di comportarsi
con le donne dei greci e dei romani.



La donna etrusca viveva pienamente, usciva spesso, “senza arrossire”,
come ci riferisce Tito Livio,“per essere esposta agli sguardi degli uomini”,
partecipava alle cerimonie pubbliche, assisteva alle danze, ai concerti,
ai giochi, talvolta presiedendo da un palco apposito, come rivelano le pitture di Orvieto.
Questo era scandaloso per i Romani che non esitarono a bollare questa eguaglianza
come indice di licenziosità e scarsa moralità da parte delle donne etrusche;
addirittura dire “etrusca” era sinonimo di “prostituta”.



Ma la condizione sociale della donna nella civiltà etrusca era veramente unica
nel panorama del mondo mediterraneo.
La donna poteva anche trasmettere il proprio cognome ai figli,
soprattutto nelle classi più elevate della società, essere titolare di attività produttive,
poteva avere schiavi ed aveva diritto ad un nome completo.
Aveva diritto ad una propria tomba ed era titolare
di atti di compravendita e di successione ereditaria.
Nella vita quotidiana il lavoro compiuto dalla donna aveva grande importanza
ed essa si poteva senz’altro considerare la “regina della casa”.
Che la donna fosse la regina della casa ce lo dice
la notevole quantità di utensili da cucina, di stoviglierie,
di vasi, di mestoli, di piatti e recipienti vari
per conservare cibi e bevande, rinvenuti in scavi compiuti nei villaggi
e nelle necropoli di Spina sul Tirreno.



Le donne etrusche non si accontentavano per i lavori di cucina,
di vasellame, di secchi e di pentole rozzi e malfatti, <
ma tenevano molto ad avere materiale di prim’ordine, <
assai spesso acquistato dai migliori mercanti d’Etruria,
o da commercianti italici o greci che frequentavano i grandi empori,
dove esistevano veri e propri fondaci e magazzini.
Le donne etrusche tenevano molto alla loro bellezza
e ce lo dimostra la tomba di Larthia Seianti
raffigurata nell’atto di ammirarsi in uno specchio.



All'interno della sua tomba sono stati ritrovati:
un pettine doppio, una bulla, un cucchiaino da cosmesi,
spilloni per l’acconciatura, pinzette depilatorie,
il tutto in argento o argento dorato.
Vi erano poi, numerose ampolle in alabastro per le essenze
e gli unguenti, di preziosa fattura.
Nelle epigrafi talvolta il nome (oggi diremmo il cognome) della donna
appare preceduto da un prenome (il nome personale)
segno del desiderio di mostrarne l’individualità all’interno del gruppo familiare
a differenza dei Romani che ne ricordavano solo il nome della gens, .
Tra i nomi propri di donna più frequenti troviamo Ati, Culni,
Fasti, Larthia, Ramtha,
Tanaquilla, Veilia, Velia, Velka,
i cui nomi appaiono incisi sul vasellame migliore di casa od accanto alle pitture funerarie.



La donna etrusca sapeva conciliare lavoro, sport, cura della propria immagine e famiglia.
Era una madre tenerissima, che aveva molta cura
dell'educazione dei figli e una buona moglie.



Sapeva tessere e filare. Era molto stimata e apprezzata dall'uomo.
Non è noto se i diritti sociali e i doveri degli uomini
fossero gli stessi per le loro compagne;
pur tuttavia, dai documenti rimasti risulta evidente
che la posizione della donna doveva essere molto importante
e che essa non fosse di molto inferiore a quella del marito e dei fratelli.
In diversi casi le statue-ritratto delle mogli, nei monumenti funebri,
si trovano accanto a quelle dei mariti ed anche le iscrizioni funebri
hanno lo stesso tono di elogio sia per l’uomo che per la donna.



Certo è, comunque, che nelle città esse erano più soggette alla podestà maritale
che non nelle campagne dove il loro lavoro era maggiormente apprezzato
proprio perché contribuivano insieme al lavoro del marito,
alla sopravvivenza e al benessere del nucleo familiare.
Mancando pressoché totalmente di testi letterari etruschi,
non sappiamo quale fosse la portata e il contributo che la donna poteva dare
nell’allevamento e nell’educazione dei figli;
vediamo, però, che le ragazze vivevano in particolari posizioni di privilegio,
come è evidente dal ritratto della fanciulla
della famiglia Velcha nella tomba dell’Orco a Tarquinia.



Tito Livio, storico sotto il regno di Augusto, narra di come
l’ascesa al trono dei tre re etruschi
Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo, nel VIsec. a.C.,
sia dipesa dalla tenacia e dall’irresistibile autorità di due donne etrusche:
Tanaquilla e Tullia.
Tanaquilla, donna di rango elevato e di agiata condizione,
aveva sposato un certo Lucumone figlio di un emigrato corinzio e di una tarquiniese.
Non essendo ben visto nella società etrusca, il matrimonio con emigrati o rifugiati,
Tanaquilla se ne andò a vivere col marito a Roma,
città che all’epoca era ancora costituita per la maggior parte
da capanne di agricoltori e di pastori, sparse sui sette colli.
Qui tanto brigò e tanto fece che riuscì a far incoronare Lucumone
re di Roma, col nome di Lucius Tarquinius Priscus
e dopo la morte del marito, il genero Servio Tullio, preferendolo ai propri figli.
É evidente che dalla storia raccontata da Tito Livio emerge un ritratto della regina etrusca
rivelatore di un grande prestigio politico e di un forte ascendente sugli uomini
Ed ecco la storia di Tullia:
Servio Tullio aveva avuto due figlie chiamate Tullia la maggiore e Tullia la minore.
L’una dal forte carattere, l’altra timida.
Per consolidare il suo trono il re le aveva date in moglie
ai due figli di Tarquinio Prisco,
anch’essi dai caratteri opposti.
L’uno timido e l’altro intraprendente.
Per ironia della sorte i matrimoni erano male assortiti ed accadde inevitabilmente
che i due caratteri più forti si attraessero tanto
da sbarazzarsi, uccidendoli, dei rispettivi cognati.
Dopodiché si sposarono e Lucio Tarquinio, il futuro Tarquinio il Superbo,
si precipitò alla Curia per deporre il suocero
con l'aiuto della nuova moglie Tullia, che riuscì
a far proclamare il nuovo marito re:
"Regem prima appellavit", ci racconta Tito Livio,
Molto probabilmente le donne etrusche ricoprivano anche cariche sociali e religiose,
come sembra apparire da una pittura della Tomba degli Hescana di Orvieto.
In base alle testimonianze archeologiche ed epigrafe
però, sappiamo che in Etruria,come nelle altre civiltà antiche,
i diritti politici erano riservati ai soli cittadini maschi,



Nell'ultima fase della storia etrusca,
quando l'influenza culturale greca si fece sentire in modo più deciso nelle arti e sui costumi,
le donne etrusche persero parte della propria indipendenza.









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