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ETRUSCHI



CULTO DEI MORTI

Il mistero che ancora aleggia su questo popolo
e che alimenta ancora oggi,
tutta una serie di ipotesi e conclusioni fantasiose
dipende dal fatto che, fino agli anni '50 del XX° secolo,
le ricerche furono condotte prevalentemente in ambito funerario
e dal problema ancora grandemente irrisolto, della lingua.
Certamente gli Etruschi ebbero un profondo culto dei propri defunti,
ma non solo questo: il rispetto per essi,
il desiderio di rappresentare le tombe come le dimore per l'eternità,
la perfetta sistemazione delle aree funerarie
e lo stesso orientamento delle aperture dei sepolcri,
rientrano in un più vasto ambito sacrale e religioso.



Ecco, questo caratterizza questa Civiltà
assai più che il solo ambito funerario, la profonda religiosità,
il rispetto per la ritualità e quindi per la divinità.
Gli etruschi attribuivano grande importanza al culto dei morti,
anche perché questo culto equivaleva a quello degli antenati
ed in particolare del capostipite e perché era un mezzo
per l'affermazione del prestigio e della potenza di una famiglia.
Possiamo distinguere diversi momenti nell'esercizio di questo culto
e la sua evoluzione si riflette anche nelle tipologie delle necropoli.



Nei tempi più antichi gli etruschi credevano
ad una qualche forma di sopravvivenza terrena del defunto.
Da ciò nasceva l'esigenza, come forma rispettosa di omaggio,
di garantirne la sepoltura e di dotarla di richiami al mondo dei viventi.
La tomba veniva così costruita nell'aspetto della casa
e dotata di suppellettili e arredi, veri o riprodotti in miniature.<



Assieme al corpo venivano inumati anche
i suoi beni più personali e preziosi: vestiti, gioielli, armi, oggetti di uso quotidiano.
Sulle pareti del sepolcro erano dipinte scene dal forte significato vitale,
come banchetti, giochi atletici, danze o scene della vita quotidiana
o dei momenti più significativi, sereni e piacevoli del defunto
che erano ritenute capaci di trasmettere al morto
qualcosa della vitalità che esse esprimevano.



Allo stesso modo, cornici, travature, soffitti, frontoncini
erano tesi a ricostruire l'ambiente domestico e venivano dipinti
oppure scolpiti nella roccia.
Quando un Etrusco moriva i familiari si recavano nella tomba;
portavano le cose che il morto aveva usato nella sua vita,
perché la tomba era la casa dell'aldilà.
Poi dipingevano le pareti con affreschi che raffiguravano scene di vita quotidiana.
Il defunto veniva deposto in un sarcofago (cassa di pietra),
sormontato da una scultura rappresentante il morto



Il passaggio dalla vita alla morte si celebrava con una grande festa.
La morte di un personaggio appartenente ad una famiglia illustre
era celebrata con la partecipazione al lutto di tutta la cittadinanza.
Il giorno della sepoltura un lungo corteo si snodava
dall'abitazione del defunto alla tomba della famiglia.
Sacerdoti con i simboli del loro ufficio religioso,
suonatori di flauto, parenti e conoscenti con offerte votive,
accompagnavano il corpo trasportato su di un carro a quattro ruote.
Dal corteo, che procedeva con grande lentezza,
si alzava un misto di litanie, meste musiche,
alti lamenti dei familiari e delle prefiche (donne pagate per piangere).
Arrivati alla tomba, precedentemente preparata per la cerimonia,
si procedeva al rito di sepoltura del defunto.



Alcuni ritrovamenti di parti di testi religiosi
riguardanti cerimonie funebri, ci permettono di farci un'idea
di quanta attenzione dovesse essere data dagli Etruschi
a questo rituale.
Purtroppo, la nostra incompleta conoscenza della lingua etrusca
non ci consente di comprendere chiaramente
il linguaggio specializzato di questi testi,
e quindi non siamo in grado di ricostruire con precisione le cerimonie.
Ciò che possiamo dire con certezza è che la preghiera,
la musica e la danza vi avevano grande importanza;
e che, al momento più intensamente religioso, si affiancavano
giochi di destrezza, gare atletiche
e combattimenti cruenti all'ultimo sangue.





La partenza del defunto (Tomba del Barone)



Gli esempi più antichi di tomba monumentale sono costruiti
sul modello dell'abitazione allora in uso: una capanna a pianta circolare o ellittica.
Si tratta infatti di sepolcri a pianta circolare edificati
con grandi blocchi di pietra e coperti con una falsa cupola
ottenuta dalla progressiva sporgenza verso l'interno dei filari dei blocchi
fino ad una lastra terminale di chiusura.
Alla camera sepolcrale si accedeva attraverso un breve corridoio
dove spesso venivano poste offerte di cibo o suppellettili.
Quando questa tipo di tomba venne abbandonata,
si passò ad una scavata sottoterra, prima ad un solo ambiente poi a più a camere.
Le tombe interamente scavate sottoterra, generalmente nei fianchi di colline,
sono definite "ipogei",



mentre quelle scavate in terreno pianeggiante
e ricoperte da terra e pietrisco, "tumuli".



Il nuovo tipo é caratterizzato da un ambiente centrale
accessibile da un lungo corridoio
al di là del quale si disponevano altri ambienti.
La pianta poteva essere anche molto complessa con un corridoio,
camere laterali, sala centrale con pilastri e banchine.
I tumuli assumono a volte dimensioni monumentali,
con diametro superiore ai 30 metri,
e spesso contenevano varie tombe della stessa famiglia.
Esempi di primo piano sono osservabili a Cerveteri
e si ricollegano all'evoluzione delle tipologie abitative
contemporanee alla necropoli (seconda metà del VII secolo a.C.),
quando le case si organizzarono in due o tre ambienti affiancati
e preceduti da una sorta di vestibolo oppure attorno ad una corte centrale.
Dalla metà del VI e per tutto il V secolo a.C.
si assiste ad un nuovo mutamento dell'impianto planimetrico delle necropoli.
Le nuove tombe sono chiamate "a dado" e si allineano l'una di fianco all'altra,
costituendo vere e proprie città dei morti con strade e piazze.



All'interno delle tombe vi erano solo due ambienti,
all'esterno scalette laterali portavano alla sommità del dado
dove esistevano altari per il culto.



Dal V secolo a.C. anche la concezione del mondo dei defunti
risentì in modo più evidenziato dell'influenza della civiltà greca.
Venne così a configurarsi un al di là, localizzato in un mondo sotterraneo,
abitato da divinità infernali e dagli spiriti di antichi eroi.
Quando, infatti, verso il III secolo, il tramonto della loro civiltà
apparve inarrestabile,
un senso di angoscia si impadronì degli Etruschi
e le tombe si riempirono di terribili figure demoniache:
creature dalla carne bluastra, serpenti, demoni traghettatori,
mostri che ghermivano le loro prede.



Alla primitiva fede nella "sopravvivenza" del morto nella tomba,
si sostituì l'idea di un "regno dei morti", immaginato sul modello dell'Averno greco.
Il regno dei defunti divenne terrificante:
là si dimorava senza speranza tra demoni mostruosi.
Quando una persona moriva, la sua anima iniziava
il faticoso cammino verso il nuovo mondo, sorvegliato all'ingresso
dalla terribile figura di Tuchulcha, mostro con orecchie d'asino,
muso di avvoltoio e serpenti per capelli.



Giunto alla porta, il defunto veniva ricevuto da due gruppi di demoni:
il primo guidato da Charun dal viso deforme, che,
armato di pesante martello,aveva il compito di condurlo nell'aldilà,



l'altro condotto da Vanth, dea dalle grandi ali che, con una torcia,
illuminava il camino nell'oltretomba,
Il defunto procedeva di solito a piedi verso la dimora infernale,
altre volte a cavallo, ma il suo viaggio era sempre terrificante,
circondato com'era da minacciosi dei infernali.
Un destino inevitabile, a cui nessuno poteva sottrarsi.
(Pare che Dante, si sia ispirato per la stesura
dell'Inferno, alle pitture dei Demoni
che aveva visto nelle tombe di Tarquinia).



Non mancava comunque la possibilità di migliorare la condizione delle anime
attraverso speciali riti di salvazione (contenuti nei "Libri acheruntici").
Riti particolari, con sacrifici cruenti a divinità infere
compiuti presso le tombe, che avrebbero potuto trasformare
le anime dei defunti in divinità di rango inferiore,
le "anime divine".
Prescrizioni relative a tali cerimonie sono contenute
nel testo inciso sulla "tegola di Capua"



A Bologna il rito funerario prevalente era la cremazione:
le ceneri e i frammenti di ossa, (resti del rogo su cui veniva bruciato il defunto),
erano raccolti dapprima nell'ossario biconico a una sola ansa (manico),
che in un secondo tempo fu deposto all’interno di un grande vaso, il dolio.



L'urna veniva deposta in una buca scavata nel terreno,
spesso rivestita di ciottoli (tomba a pozzetto),



o lastre di pietra (tomba a casetta).



La tomba, ricoperta dalla terra, era resa riconoscibile all'esterno
dal segnacolo funerario (grosso sasso di fiume o lastra di pietra).





Rare sono le sepolture a inumazione: il corpo, a volte protetto da una cassa di legno,
veniva seppellito in una fossa rettangolare scavata nel terreno
e poi ricoperta di terra.











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